La strage di ieri è avvenuta nella prigione di Puerto Ayacucho, capitale dello stato federato di Amazonas situato nell’estremo sud del paese. Il massacro è avvenuto in seguito a un tentativo di rivolta da parte dei detenuti e ben 37 di loro sono stati uccisi. Un vero e proprio bagno di sangue. La notizia della strage è stata data attraverso un tweet dal governatore dello stato di Amazonas, Liborio Guarulla, dove si legge che “il 40% dei reclusi nel Centro di Detenzione Giudiziaria di Amazonas, che in totale erano 105, sono morti nell’azione messa a segno dalle forze speciali”. La gravità dell’evento è anche maggiore confrontando il numero delle vittime con il totale dei detenuti. La rivolta sarebbe scoppiata alla mezzanotte del 16 Agosto e negli scontri sarebbero stati feriti anche 14 agenti del penitenziario, riferisce il governatore Guarulla. Sembra che i rivoltosi fossero in possesso di armi automatiche e addirittura bombe a mano, lo stesso governatore di Amazonas ha definito la sparatoria un “massacro”.Eventi tragici come questo purtroppo non sono rari nelle carceri venezuelane. La strage di ieri è la più grave dal 2013 quando, sempre nella stessa prigione, un altro tentativo di rivolta si concluse con la morte di addirittura 61 persone. Un’altra rivolta scoppiata lo scorso Aprile in un carcere dello stato di Anzoategui, nell’est del paese, ha causato la morte di 12 persone e il ferimento di altre 11.
Sul fronte politico intanto, la crisi non accenna a placarsi. Decine di agenti dei servizi segreti hanno circondato la casa di Luisa Ortega Diaz con l’intento di arrestare lei e suo marito. La Diaz era fino a poco tempo fa un’esponente di spicco delle istituzioni venezuelane essendo Procuratore Generale del paese. L’Assemblea Costituente subito dopo l’insediamento, come primo atto ufficiale, ha licenziato la Diaz dal suo incarico per la sua opposizione al presidente Maduro. Anche il marito, German Férrer, è da qualche mese passato all’opposizione. I coniugi non si trovavano a casa quando i servizi segreti hanno circondato la loro abitazione. Nessuno sa dove si trovino di preciso ma certamente staranno tentando di fuggire all’estero. Nel frattempo il Parlamento venezuelano, che è controllato dai partiti che fanno opposizione a Maduro, chiede aiuto. Julio Borges, presidente dell’Assemblea Nazionale, ha chiesto l’intervento delle organizzazioni mondiali che lavorano a tutela dei diritti umani per “proteggere i singoli deputati e proteggere il Parlamento stesso” dalle persecuzioni messe in atto dal presidente Nicolas Maduro. Borges si riferiva alla accuse di corruzione fatte dal nuovo Procuratore Generale Tarek William Saab nei confronti proprio di German Férrer. “Abbiamo chiesto alla Commissione Interamericana per i Diritti Umani e all’Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani di garantire l’integrità dei diritti dei deputati” ha detto il presidente del Parlamento in una conferenza stampa.
Il Venezuela è un paese piuttosto problematico. Come se l’attuale crisi politica che ha provocato già più di 120 morti non bastasse a fomentare il caos nel paese, la strage nel penitenziario di Amazonas avvenuta ieri riporta alla luce un altro grave problema del Venezuela che contribuisce a renderlo uno dei paesi più pericolosi al mondo. Il grido di aiuto lanciato dal presidente del Parlamento non dovrebbe limitarsi a tutelare i diritti dei soli deputati ma anche dei detenuti che spesso vivono in condizioni di sovraffollamento subendo anche violenze dalle guardie.
EN FOTOS | La dantesca masacre en el Centro de Detención del estado #Amazonas: Al menos 37 reclusos muertos. #Venezuela pic.twitter.com/2snmoSfJMF
— Alberto Rodríguez (@AlbertoRT51) August 17, 2017
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