Tra i tanti, 3 fattori di successo mi hanno particolarmente colpito perché dimostrano la differenza abissale con la nostra concezione della politica:
1 - "Quella americana rimane una società aperta al mondo esterno e meglio di ogni altra riesce a rinnovarsi grazie al immigrazione" poiché "Un quarto delle start-up del settore high-tech ha un fondatore immigrato, e il 40% delle aziende della classifica Fortune 500 è stato creato da un immigrato o dai loro figli": pertanto "Se è vero che nel breve periodo un numero repentino del tasso di immigrazione può causare problemi sociali, nel lungo periodo l'immigrazione contribuirà al rafforzamento del potere degli Stati Uniti" che "sono stati e continuano a essere una nazione di immigrati, in grado di offrire una opportunità ai nuovi arrivati" (pagg.78-79);
2 - secondo l'Economist "Il sistema politico americano fu progettato per rendere tutt'altro che facile legiferare a livello federale. I suoi fondatori credevano che un paese delle dimensioni dell'America potesse meglio governarsi tramite una stratificazione dei livelli locali, no da un unico livello nazionale" quindi "il sistema federale garantisce la diversità e favorisce il dispiegarsi del potenziale di innovazione presente nei singoli stati e nelle città" (pagg. 91 - 92);
3 - "Nel 2014 gli Stati Uniti sono stati il primo paese per investimenti in ricerca e sviluppo, con 465 miliardi di dollari (pari al 31% del totale mondiale, rispetto al 17,5% della Cina e al 10,3% del Giappone)" (pag. 82).
Da noi:
1 - gli immigrati sono avvertiti come una minaccia e non come una opportunità;
2 - la riformulazione costituzionale (e istituzionale) accentra attorno al capo partito il potere di controllo delle istituzioni nazionali e regionali, riducendo la stratificazione dei livelli locali;
3 - gli investimenti in ricerca e sviluppo sono praticamente nulli.
Andiamo precisamente in senso inverso.
Siamo noi l'automobilista contromano che pensa che siano tutti gli altri ad esserlo.
Dove andremo a sbattere?
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