ANNO XVIII Aprile 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Giovedì, 03 Novembre 2016 00:00

Lingua

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Giovanni Semerano, venuto meno nel 2005, definisce ‘lingua’ nei Dizionari etimologici vol. II de Le origini della cultura europea, Firenze, Leo Olschki editore, MCMXCIV: 457

lingua (*dingua secondo Marius Victorinus, G.L.K., VI, 26, 3): fu ritenuta forma dialettale (sabina?), calcata su ‘lingo’ (lingo, -is, -xi, -ctum, -ere leccare); cfr., accad. walaku (malaku, sum. all-gal: lingua, parte della lingua) dalla base di accad. leku (leccare): ma- (wa-) è prefisso in malaku; cfr., liqu in liq pu (palato), di lequ (prendere su, assumere, to take up); la forma dingua richiama un verbo che è quasi sinonimo di lequ: accad. deku (levar su, ‘to lift, to raise’).

È interessante osservare anche il significato opposto all’uso della lingua, lat.:

linquo , -is, liqui, lictum, linquere lascio, abbandono. Forma arcaica liquo.

Capita che de-linquo, ‘lascio da…’ porti all’italiano ‘delinquente’. È un delinquente, infatti, colui che abbandona la frequenza e la comunicazione sociale per isolarsi contro.

Giovanni Semerano mi scrisse quattro lettere prima di finire la vita con l’invocazione Canto per me solo? in La favola dell’indoeuropeo[1].

Gli era sfuggito il contributo di Licinio Glori, che aveva pubblicato nel 1956 La pace di Cesare con un proemio, che contiene:

Fu rito della scrittura sumerica incidere Enzu e leggere all’inverso Zuen (semplificato Sin = Luna); diventò uso cananeo scrivere Ba’al diversamente dai correligionari europei di Al’ba. L’ascesa di Babele, verso il 2000 a.C., al predominio mesopotamico sovrappose Bel sia ad Alba che a Ba’al[2].

È passato un anno da che mi sono occupato della lingua in tellusfolio (era il 28.10.15):

http://www.tellusfolio.it/index.php?prec=%2Findex.php&cmd=v&id=19226

Come archeologo del linguaggio io curo il ‘vestito della parola’. Mi convinco sempre di più che la parola attraversa tante mode e rimane la stessa da almeno 4000 anni, con leggere variazioni di senso. Può cambiare del tutto anche l’oggetto indicato eppure il ‘vestito’ ha il suo senso. Lib-ru, per libro, significa da quando si incidevano ‘tavolette di creta’, dub, ‘la divinità con insistenza offre’ (in senso positivo, voglio credere).2 Dub-bi sta per ‘ciò che è scritto in tavoletta’. Avrebbe dovuto risolvere dai dubbi l’interlocutore nell’ambasceria.

eme – gir15/gi7

Sumerian language (‘tongue’ + ‘native’ [no: ‘giro’]).3

La lingua, indicata qua come ‘eme’, è, esattamente, il giro del pronome me, in italiano. Oggi, Benedetto XVI è il papa eme-rito, il papa che ha finito il suo rito di ruolo (il papa nonno, come dice il Papa regnante). Il me della luna –e delle altre prime sette divinità in tutto– creava, ed il me era il destino finale del soggetto creato (lu.na.me). Eme la rimeditazione presente. Sono fiero di me, perché continuo da solo con questa convinzione. Nessuno ha riferito alcunché a Benedetto XVI, ad esempio.

La dea della lingua, in grafi Nid-aba ed anche Nis-aba, veniva letta Din-aba ed anche Sin-aba [con chiarimento di G. Semerano su Sin-ai: detto anche Horeb, il monte di Dio, il monte sacro (che leggo Eb-roh in Horeb), fu chiarito come aggettivo attestante il culto del dio celeste babilonese Sin. In realtà in un luogo tra i monti detto Sarabit al-Khadim “i cunicoli dello schiavo”, si trovano tracce di antichissime opere minerarie e di un santuario della dea egiziana Hator (cfr. Wikipedia, il rinvio suggerisce le corna lunari)].

Gli aba erano coloro che sapevano leggere e scrivere. Nid-aba era la dea della città di Eres, della vegetazione, che animava l’erba e le canne scrittorie, gi. Il canneto, geme, rivela gi.eme, che farebbe trasparire la lingua, no? Il ‘native’, apposto da Halloran tra parentesi, è un suo arbitrio, credo, per dar un senso a tutta l’espressione. Il mio giro Nid-aba = Din-aba fonda, invece, sul fatto che la divinità è sempre dingir, come racconta ben bene Robert A. Di Vito in Studies in third millennium sumerian and akkadian personal names, pubblicato in Roma nel 1993 da Editrice Pontificio Istituto Biblico.

Dunque, la divinità di- è dingir vel digir:

digir, dingir

   god, deity; determinative for divine beings (di, ‘decision’, + gar, ‘to deliver’ –meglio: di, dio, gir, ‘fuoco, luce, g, andare, via, -ir’ e di, dio, in, entra, gir, fuoco andare; il dio può andare senza entrare ad indeizzare, digir, e può andare dentro nell’animizzato per portare il suo me, la sua parola)[3].

L’estrema semplificazione di viene confermata dal ponte dirig:

dirig, diri, dir [SI.A]

  n., bridge  [4]

dal momento che il ponte si passa da una parte dirig e dall’altra digir, quando le due parti sono l’orante ed il tu:

tu

  to interfere (cf., tud and tur5) [TU archaic frequency].[5]

tu 15

  (cf., tumu –wind-).[6]

tu15…mer

  to be windy (‘wind’ + ‘storm wind’)[7].

Ma tu15 è il dio vento, direte, e mu è la sua parola! Avete il tumu, vel tomo, il primo pezzo divino e linguistico, nel secondo pronome che i zumerologhi non vedono.

Veniamo al di = dio, non riconosciuto dal diz. Halloran:

di (-d)

n., lawsuit, litigation, case; judgment, decision, verdict; sentence [DI archaic frequency].

  v., to judge, decide; to conduct oneself; to go; to escape (di [de2] used as non-finite maru form of dug4, ‘speaking, doing’).

  Emesal, cf. de [DI][8].

Osserviamo la crasi di+ish: dio + vita-morte:

dish(2), desh

  one (dili, ‘single’, + ash, ‘one’ [no: + ish, ‘vita-morte’ nds]; the form resembles that of the semantically appropriate male body part, gish2,3, gesh2,3; cf., mina, min(5,6), ‘two’; cf., tesh2, ‘toghether’)[9].

Infine, osserviamo dil = di + il = ash, Uno d’origine:

 

dili, dil [ASH]

  one.

  adj., each; single; alone; unique.

  adv., alone, by oneself[10].


[1] Raccontato a Maria Felicia Iarossi, Bruno Mondadori, 2005: 105.

[2] Licinio Glori, Milano, Editoriale Dimara, maggio 1956: 28.

[3] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 43.

[4] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 43.

[5] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 277.

[6] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 278.

[7] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 278.

[8]John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 42.

[9] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 45.

[10] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 43.

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