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Martedì, 29 Novembre 2016 11:53

Siria: il medico di Aleppo, vi racconto il sangue lavato via ogni giorno

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Roma - Mentre la battaglia per la conquista di Aleppo est è entrata nella sua fase finale, anche i quartieri occidentali della città martire della Siria piangono i loro morti. Nella zona ovest, saldamente sotto il controllo dell'esercito governativo di Bashar Al Assad, i razzi provenienti dalle aree ancora in mano ai ribelli continuano a piovere quotidianamente.

E le vittime anche in questo caso sono civili indifesi e incolpevoli. Emile Katti è un chirurgo ortopedico, direttore dell'ospedale Al-Rajaa di Aleppo ovest. L'Agi lo incontra a margine di un convegno dal titolo evocativo e dolente, 'La vulnerabilità dell'umano: la sfida delle popolazioni fragili alla sanità pubblica' organizzato dal Campus Bio-medico di Roma.

Corpi straziati, bimbi mutilati: l'orrore quotidiano lavato via dai camion dei rifiuti

In arabo Al-Rajaa significa 'speranza', termine che Katti utilizza molte volte mentre mostra alla platea, in un contrasto voluto e straniante, immagini di corpi straziati dalle bombe, di macerie, di bambini mutilati, di strade insanguinate che con regolarità quotidiana i camion della raccolta rifiuti lavano via con potenti getti d'acqua. Testimone diretto dell'altra Aleppo, Katti dirige una struttura con 65 posti letto, uno dei più grandi ospedali della città, di proprietà della Custodia di Terra Santa. Spiega che le strutture pubbliche ad Aleppo Ovest sono tre, mentre quelle private sono una quarantina, ma solo 5 hanno più di 50 posti letto. E tutte sono continuamente in emergenza.

L'ospedale 'Speranza' e il suo team multireligoso e multi-etnico

Il personale medico e paramedico dell'ospedale 'Speranza' è lo specchio della Siria multiculturale e interreligiosa di un tempo. I dottori, gli anestesisti, i chirurghi, gli infermieri, appartengono a tutte le confessioni religiose e a tutte le etnie presenti nel paese, curdi e armeni, cristiani cattolici, cristiani maroniti, musulmani sciiti, sunniti o alawiti. "Queste sono le nostre pietre morte", dice Katti mentre sullo schermo passano in sequenza foto della cattedrale siro-cattolico devastata, della chiesa armena bombardata, della cattedrale maronita sventrata dai razzi.

"Le nostre pietre vive"

"Queste invece sono le nostre pietre vive", aggiunge con finto cinismo, e le immagini mostrano ferite orrende, carni spappolate, uomini e bambini colpiti da schegge. "Comprendo che adesso l'attenzione del mondo sia sui quartieri est della città - dice Katti - ma se Aleppo Est è l'inferno, da noi la situazione è altrettanto drammatica. Ogni giorno siamo terrorizzati dalle bombe e dai razzi sparati dall'altra parte della città. La situazione di insicurezza è costante, le vittime decine, i feriti centinaia". L'Osservatorio siriano per i diritti umani, circa due settimane fa, ha dato notizia di 75 civili uccisi, tra cui 25 bambini, nei quartieri occidentali di Aleppo a causa degli attacchi sferrati dai ribelli.

A 150 km all'ora per sfuggire alla morte

Katti è cattolico, parla un italiano fluido, con accento francese e una sottile ironia levantina. Ha studiato alla Sapienza di Roma fino al 1979, poi si è trasferito in Francia, prima di tornare in Siria dove 26 anni fa ha fondato assieme ai francescani l'ospedale che oggi dirige. Racconta con nonchalance che per prendere un aereo e arrivare in Italia ha raggiunto Beirut in taxi dal nord della Siria con un autista fidato ("armeno, parente di un sacerdote") percorrendo per centinaia di chilometri una terra di nessuno, spesso minata, tra la zona controllate dall'Isis e quella controllata da al-Qaeda.

"C'è il 15% di possibilità di morire, ma se la percentuale resta quella va tutto bene, bisogna preoccuparsi se aumenta", spiega ridendo. "L'importante è andare forte, almeno a 150 km orari, non si sa mai", aggiunge. "Io ho le mie idee politiche, ritengo che questa guerra sia stata scatenata per volere delle grandi potenze che hanno bisogno di controllare una fondamentale per l'approviggionamento energetico. Ma quello che conta è che adesso ci sono decine di migliaia di vittime e di feriti, e milioni di profughi e a questa emergenza bisogna dare una risposta".

"L'embargo ci sta mettendo in ginocchio", misure Ue fino al giugno 2017

"E oggi il problema principale per noi che operiamo sul campo è l'embargo", continua. "Abbiamo difficoltà con tutto, con l'elettricità a causa dei black out continui e con l'acqua che manca, ma ci arrangiamo come possiamo. Ma è l'embargo internazionale che ci sta mettendo in ginocchio. Non solo non possiamo ricevere nessun tipo di materiale sanitario, dalle semplici garze fino ai macchinari, ma non è nemmeno possibile ricevere donazioni da parte di nessuno, salvo complicazioni burocratiche enormi".

A maggio scorso il Consiglio Ue ha proprogato al 1 giugno del 2017 le misure restrittive dell'Europa nei confronti del regime, compreso il divieto per i versamenti bancari. "Ci viene impedito di acquistare l'attrezzatura che serve a salvare delle vite umane, ma nello stesso tempo alcuni paesi arabi finanziano il terrorismo con milioni di petrodollari. Questo è assurdo, se l'embargo non viene allentato la situazione diventerà disperata". Oggi l'esercito russo ha annunciato la 'liberazione' del 40% della parte orientale della città. Sarebbero così 12 adesso i quartieri in mano all'esercito di Assad. Con la presa di Aleppo il regime avrebbe il controllo su tutte e cinque le principali città del Paese, Damasco, Homs, Hama e Latakia.

Se va avanti così, Aleppo cadrà entro l'anno

"La caduta di Aleppo Est avverrà entro l'anno se va avanti cosi'", è la previsione di Katti. E dopo, che accadrà? "Lo deciderà il popolo siriano, spero. Mi auguro che una volta che le armi saranno deposte, si tornerà a Ginevra per cercare una soluzione negoziata. E poi servirà una fase di transizione, ma soprattutto che il popolo siriano possa votare e decidere. Oggi abbiamo bisogno solo di pace. E di speranza".  'Al-Rajaa', appunto. 

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