Il critico barese rileva la continuità ideale e tematico tra la narrativa del maestro di Non è mai troppo tardi (ricordiamo: Orzowei, La luna nelle baracche, El loco) e le sedici poesie inedite, entrambi i generi impegnati contro i poteri forti, la sperequazione delle ricchezze, lo sfruttamento minorile, le tante infanzie negate. Scrive Manzi che il peccato maggiore è il silenzio: “Fratello, come me, sei colpevole./Siamo anche noi assassini, malgrado le nostre vesti immacolate”; come nei romanzi, anche nei versi si afferma con forza che non può esistere abiura, non si volta la testa, perché di fronte al male e alla violenza si diventa conniventi col silenzio. È un richiamo sofferto alla responsabilità civile per esaltare la giustizia, la pace, l’amore.
Scrive Giancane: “Poesia di lotta e di utopia per lettori di ogni tempo e di ogni età che hanno a cuore il sogno di un mondo migliore”.
La poesia “Insieme” recita: Perché l’uomo ha dimenticato se stesso/avvinghiandosi al potere dell’avere?/Non è forse meglio essere nudi.
Ecco, l’utopia di Manzi è muoversi controcorrente; cosa sarebbe la vita senza i sogni?
Essere uomo ha un recitativo che chiama concettualmente il lettore alla collaborazione; lo scrittore testimonia il malessere di fronte alle contraddizioni del mondo contemporaneo e chiede a tutti di tenersi per mano. Qui la parola poetica è utilizzata per scuotere le coscienze e i personaggi, le ambientazioni, i temi vogliono affermare un ideale “I care”, perché un mondo migliore lo si costruisce stando insieme condividendo ed esaltando la solidarietà e la verità.
Una bella testimonianza da conservare tra le cose preziose prodotte da uomini veri, naturalmente filantropi.
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