ANNO XVIII Aprile 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Mercoledì, 01 Febbraio 2017 00:00

Talita kum

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Fratelli, circondati da un così gran nugolo di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, 
tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l'ignominia, e si è assiso alla destra del trono di Dio. 


Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d'animo. 
Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato. 

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 5,21-43. 
In quel tempo, essendo passato di nuovo Gesù all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare. 
Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi 
e lo pregava con insistenza: «La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva». 
Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. 
Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia 
e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, 
udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti: 
«Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». 
E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male. 
Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi mi ha toccato il mantello?». 
I discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?». 
Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 
E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 
Gesù rispose: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Và in pace e sii guarita dal tuo male». 
Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». 
Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, continua solo ad aver fede!». 
E non permise a nessuno di seguirlo fuorchè a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava. 
Entrato, disse loro: «Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». 
Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina. 
Presa la mano della bambina, le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico, alzati!». 
Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 
Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiar

La resurrezione operata da Gesù della fanciulla Talita kum è il caso più trasparente di conservazione di un’espressione zumera nell’ebraico. Io continuo a stupirmi del fatto che tocchi a me l’incombenza, che altri cristiani avrebbero potuto affrontare prima in duemila anni.

Io non sto negando che l’ebraico si legga in ebraico. Affermo che l’ebraico non fu una lingua d’origine, ma che Abramo, il capostipite uscito da Ur III, parlava il zumero. Dunque, l’ebraico venne dal zumero e venne poi reimmessa con la deduzione in Babilonia e l’aramaico parlato da Gesù.

Osserviamo le singole sillabe di Ta.li.ta kum in zumero:

ta, da2

  n., nature, character (luogo nds) [TA archaic frequency].

  Interrogative pronoun in Emesal dialect, the Emesal form of a-na, ‘what?’ [1].

li

to be happy; to rejoice; to sing [LI archaic frequency][2].

kum

  n., mortar (for grinding) [GUN archaic frequency].

  v., to crush, bruise by pounding (cf., hum; alternation between h and k/g like the alternation between hab, hub2 and gub3) [3].

La prima parte ta.li.ta nel lessico porta al centro ‘gioia’li . Aggiungo che il reciproco di li è il, pari a ‘Dio’, secondo Robert A. Di Vito. Ai due lati porta ‘ta’, luogo, che reciproca in ‘at’, ‘non luogo’ vel Aldilà. Ta.li.ta è ‘luogo.gioia.luogo/natura’. Ta.il.at è ‘luogo. Dio. Aldilà’.

La parte più interessante è in kum = mortaio. Materialmente il mortaio, mortaro, lat. mortariu(m) è il recipiente per pestarvi cose. Mostra evidente la persistenza del zumero mur.tar.iu, ‘vita-mortemur [fegato, centro dell’umano e della divinazione]. Interruzionetar. sentiero-tutto’. Dovendo pensare ad un punto di fine vita, con morte e decomposizione delle salme, il mortaio sembra l’oggetto più significativo della trasformazione immediata/fuori tempo.

Peraltro la resurrezione di Lazzaro rinvia allo studio del suo nome in zumero: iniziamo dal grafo Laz- visto ribaltato, zal [con NI da leggere IN]:

zal [NI]

  n., supply, store (as of salted meat).

  v., to be full or abundant; to flow; to continue; to pass, elapse (said about time); to dissolve, melt, break down; to spend the day or time; to be idle, waste time); to tarry, wait (often with -ni-; with –ta- in a temporal sense (cf., zalag [da leggere galaz- di galas-sia]) (za, ‘monotonous repetition’ + numerous) [4] .

zar , zur4, sur8

  to tap, pour; to spout, flow; to exude; to spin (a cocoon) (cf. the graphically similar sign, sur12) (repetitive motion + to flow) (ZAR archaic frequency)[5].

La finale –u = tutto.

Zal-zar-u narra ‘tempo passato oltre il massimo- versato’ e ripreso da Gesù (Gv.,11, 12).


[1] John Alan Halloran, Sumerian Lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 272.

[2] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 157.

[3] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 150.

[4] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 311.

[5] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 311.

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