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Martedì, 07 Febbraio 2017 06:44

Taranto - La Tv porta alla demenza? Un corso di formazione spiega come si è giunti a tale livello

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Riceviamo e Pubblichiamo - Filosofia della demenza televisiva: a Taranto il corso tenuto dal prof. Carmine Castoro, filosofo della comunicazione, giornalista professionista, docente universitario

Continua con costanza l’attività di formazione promossa quotidianamente dalla Hermes Academy, nell’ambito dell’anno accademico 2016/2017.

Per la prossima primavera è in programma un nuovo corso, dall’emblematico titolo Filosofia della demenza televisiva, tenuto dal prof. Carmine Castoro, filosofo della comunicazione, giornalista professionista, docente universitario, già noto in terra ionica per gli incontri – promossi dalla Hermes Academy dal 2012 al 2016 presso il Salone degli Specchi di Palazzo di Città, il Caffè Letterario, il Centro Giovanile Universitario Ionico, la Libreria Ubik, l’I.I.S.S. Liside, la sede tarantina dell’Anteas, la Galleria Comunale L’Acchitura di Grottaglie – in cui ha presentato le sue ultime fatiche letterarie e ha tenuto seminari su media e linguaggio inclusivo, in collaborazione con il Comitato Territoriale Arcigay Taranto.

Il corso, proposto con successo anche a Roma, sviluppa il nesso emozioni-comunicazione, di particolare attualità oggigiorno, soprattutto per le giovani generazioni, i ragazzi e le ragazze che studiano per affacciarsi con consapevolezza al mondo della vita e degli adulti, dove le logiche massmediali e di visibilità televisiva sembra abbiano preso il sopravvento.

Fino a qualche decennio fa la crescita emotiva, psicologica, relazionale degli individui – e degli adolescenti in particolar modo – era costruita in base all’operato di precise agenzie sociali: la famiglia, la chiesa, la scuola, le strutture di tempo libero, l’università, i partiti, i contesti produttivi, mentre i media e la televisione erano considerati “satellitari” rispetto al nucleo identitario, deputati pressoché esclusivamente all’informazione e all’intrattenimento, senza particolari interferenze con la vita reale che non toccassero i temi della cronaca, della politica istituzionale, dei consumi commerciali. Era l’epoca della televisione cosiddetta “messaggera”, fantasma legittimamente superato dai tempi e senza troppa nostalgia, ma anche piccolo grande faro ormai spento. Il totale oltrepassamento di questo modello ha, infatti, portato oggi ad una comunicazione invadente, aggressiva, arrembante che include la dimensione televisiva, le interfacce informatiche, la Rete, il pubblicitario, la “digitalizzazione” generalizzata della vita, dei sogni, delle progettualità.

Da molti anni, però, la televisione gode (o, forse, sarebbe meglio dire soffre) di una sorta di “extraterritorialità” rispetto ad un approccio critico e filosofico. Se ne parla solo in termini di intrattenimento, gossip, retroscena politico-affaristici, divismi di cartapesta, informazione quotidiana, vengono recensiti i programmi nelle rubriche dei giornali e si commentano look e carriere di chi la fa. Null’altro. Dimenticando che la tv, e il “regno delle immagini” che rappresenta al massimo grado, è una macchina che “produce” la nostra realtà ogni giorno, facendo penetrare nelle nostre menti valori, incantesimi, abitudini, modelli di riferimento e di giudizio, ideologie striscianti, spinte al consumo, finanche un nuovo modo di “sentire” e percepire le cose col nostro corpo. Questo rende necessaria un’analisi serrata e capillare delle logiche che sovrintendono alle sue manifestazioni più eclatanti, e forse devastanti, soprattutto per quanta riguarda le giovani generazioni e il loro rapporto con la “fabbrica dei segni/sogni”. Siamo entrati nel Grande Stagno della Comunicazione e del Virtuale, oltre che del Commerciale, le cui leggi sono presto diventate un nomos inaggirabile.

La sovrapposizione fra etica e mondo digitale, vecchi e nuovi saperi e massmedia, ha sicuramente portato progressi nella creazione e condivisione di contenuti, ha “liberato” nuove soggettività e nuove opportunità di protagonismo, ma altresì ha creato problematiche capillari e delicate soprattutto nel mondo giovanile, derive comportamentali, smanie di protagonismo, forme di smarrimento e di violenza verso sé e gli altri che sono diventate tristemente note nel mondo scolastico come bullismo, uso di droghe, uso esasperato e deprimente delle tecnologie cellulari e informatiche.

Non solo. La società stessa ha perso parametri di oggettività e di giudizio tali da creare pericolosi scivolamenti nel mondo degli affetti dove l’assenza di scrupoli, l’affermazione di sé sopra tutto e contro ogni vincolo e misura hanno portato a veri sviluppi di barbarie.

Alla luce di questi nodi molto sfaccettati e – ripeto – molto coinvolgenti, e con conseguenze diseducative soprattutto per i giovani, si segnala la necessità di un corso che distribuisca le materie e le argomentazioni di studio e dibattito sulle interconnessioni che oggi inestricabilmente legano la nascita e lo sviluppo dell’affettività alle logiche della comunicazione, alla fruizione del mezzo televisivo, al culto dell’immagine e al bombardamento di messaggi distorti che da quest’ultimo provengono. Con un’attenzione particolare allo sviluppo frenetico che taluni format hanno avuto nei palinsesti televisivi e nell’immaginario adolescenziale. Ma non solo in questo.

Le prevalenti linee di ricerca del corso sono: analisi del concetto di media, comunicazione, identità e simulacro, rapporti fra società e televisione, informazione e infotainment, passaggio dalla televisione culturale ed educational a quella individualista e postmoderna, nuovi format televisivi degli anni ’90 e 2000, logica interna dei reality e dei talent show, il concetto di storytelling e di osceno televisivo, derive antropologiche dell’identità e dell’immagine causate dai media, la moltiplicazione dell’immagine (tv, web, cellulari, YouTube), la tv del dolore, menzogna e politica, il selfismo e il cyberbullismo, rete e algoritmi, la società del controllo, la nuova generazione di spot pubblicitari, uso critico dei massmedia, forme di resistenza e liberazione.

Verranno analizzate le seguenti patologie: bufale del web, manipolazione mediatica, disinformazione nei tg, violenza consumistica, realitysmo, osceno televisivo, tv del dolore, post-verità, con particolare riferimento ai programmi di Maria De Filippi e Barbara D’Urso.

Previsti approfondimenti dei modelli interpretativi di Debord, Baudrillard, Missika, Perniola, Deleuze, Sloterdijk, Foucault, Debray, Boltanski, Lipovetsky, Derrida, Stiegler, Arendt e altri pensatori e massmediologi.

A queste coordinate di partenza si potranno aggiungere altri contenuti e spazi di riflessione. Il corso si svolgerà prevalentemente attraverso lezioni e contributi filmati e con la gradita partecipazione di ospiti di eccellenza provenienti dal mondo della cultura, del giornalismo, dello spettacolo, per essere più vicini alle esigenze didattiche e alle curiosità degli iscritti. Verranno suggeriti e forniti testi, libri, dispense da studiare per poi farne argomento di discussione e dialettica col docente e gli ospiti.

Il corso di Filosofia della demenza televisiva, tenuto dal prof. Carmine Castoro presso la sede tarantina della Hermes Academy e del Comitato Territoriale Arcigay Taranto, ha una durata di 50 ore, divise in 3 mesi di frequenza: 4 ore di lezione a settimana più due per la comunicazione finale. La partecipazione prevede un contributo per le spese organizzative, pari a 180,00 euro (60,00 euro al mese).

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