ANNO XVIII Aprile 2024.  Direttore Umberto Calabrese

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Martedì, 25 Aprile 2017 14:08

Taranto – 25 Aprile 2017 Accorato discorso di Stea (Anpi) «Contro i fascismi di ieri e di oggi, la Costituzione, sempre difesa»

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Un vento di libeccio, non di tramontana, che a Taranto vuol dire altro, una piazza della Vittoria corredata di bandiere, stendardi a mano e al collo, tutti di una abbondante mezza età.

Tutte le autorità schierate, dal Comune alla Provincia, qualche sindaco con la fascia tricolore, ex combattenti di varie armi e le forze armate al completo della rappresentanza fino al Prefetto e all'Ammiraglio che aprono e chiudono, passando in rassegna la cerimonia che prevede la celebrazione del Tricolore e la posa della corona per coloro che non sono tornati.  

In una festa nazionale che a Roma vede due cortei contrapposti, quello dell’Anpi da una parte e quello ebraico dall’altra, mentre sulla cronaca appaiono articoli che parlano di polemiche, sulle quali la cronaca nostra oggi spegne i riflettori, ci affidiamo all’unico intervento che stamattina ha chiuso a Taranto la manifestazione, quello di Pinuccio Stea, presidente dell’Anpi che pubblichiamo integralmente

Testo del discorso di Giuseppe Stea, presidente provinciale ANPI Taranto, in occasione del 25 Aprile 2017, in Piazza della Vittoria a Taranto

Autorità civili, militari e religiose,

Dirigenti degli uffici pubblici,

Rappresentanti delle associazioni combattentistiche e d’Arma,

cittadine e cittadini di Taranto

Oggi, 25 aprile 2017, è la festa della Liberazione; una festa per ricordare quanti combatterono e caddero per la libertà, per ricordare  gli eventi di 72 anni fa che hanno segnato la Storia d’Italia.

La Liberazione, ci dicono, di solito con gli occhi lucidi, quelli che la vissero in prima persona, fu un grande giorno di gioia, perché il popolo italiano si liberava dai nazisti e dai fascisti e perché si poteva cominciare a costruire una nuova vita, sotto il profilo sociale, politico, economico, etico.

Felicità e gioia possono tranquillamente convivere con i ricordi anche più dolorosi, per mantenere vivi i sentimenti della fratellanza, della solidarietà, dell’uguaglianza nella libertà.

E di questo ce n’è tanto bisogno, in periodi così difficili e duri: vicende terribili e guerre scuotono tante parti del mondo, spesso con una violenza che si sperava di aver superato e “dimenticato”.

Ed invece essa è ancora lì a ricordarci la brutalità, la cattiveria, il sopruso, sempre in agguato ovunque.

Un giorno di festa, quindi, che non significa dimenticanza, oblio, abbandono del ricordo, ma si pone come contrasto ai lati peggiori della vita odierna.

Porsi come contrasto, nel momento in cui la situazione internazionale si sta aggrovigliando sempre di più con gesti e atti che suscitano forte preoccupazione per le possibili conseguenze.

Con la guerra non si può giocare, perché la storia insegna che la scintilla può scoccare anche per eventi che sarebbero stati prevedibili con un po’ di saggezza.

La Pace è uno dei Valori fondanti della nostra Costituzione, in cui all’art. 11 è detto con chiarezza che “l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

Viviamo giorni incerti; si fa sempre più strada quella che il grande filosofo Zygmunt Bauman, da poco scomparso, ha chiamato “società liquida”, in cui anche i sentimenti, i rapporti tra le persone, i Valori diventano “liquidi” ed evanescenti.

Parlare di Valori sembra, per tanti, un esercizio desueto ed anacronistico.

Penso, invece, che in una società come la nostra, vittima di troppi mali, la difesa e l’arricchimento di Valori fondamentali siano una necessità per superare una crisi che è sì economica, ma è anche, se non soprattutto, morale ed ideale.

In questo contesto, il 25 Aprile è una festa dedicata all’impegno a realizzare e diffondere i Valori per i quali si combatté nella Resistenza e che si sono trasfusi nella Costituzione, ed a sconfiggere tutto ciò che sa di egoismo, di revisionismo, di autoritarismo; tutti mali che pervadono il mondo ed anche il nostro Paese, dove c’è troppa corruzione, troppa cattiva politica, troppe disuguaglianze, troppa povertà.

Forte è avvertito il bisogno di un cambiamento profondo, di una rigenerazione della politica, di investimenti e piani per creare nuovo lavoro, di maggior correttezza ed eticità nella vita politica e in quella privata.

Ma c’è bisogno soprattutto di partecipazione, perché solo questa ci può garantire davvero la democrazia, la quale si esprime nel governo “di molti” e non di pochi, nel concorso dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, nel superamento di quella indifferenza e di quella rassegnazione che devono considerarsi tra i mali più gravi di un Paese e tra i peggiori nemici della democrazia.

Quest’anno ricorre il 70° anniversario dell’approvazione della Costituzione Repubblicana, frutto di uno sforzo di avvicinamento di posizioni, in partenza anche assai distanti e diversificate.

Dal 25 Aprile del 1945, passando per il 2 giugno del 1946, il 22 dicembre del 1947, l’Assemblea Costituente approvava con 458 voti a favore e solo 62 voti contrari, la nostra Costituzione Repubblicana: una larghissima maggioranza, a testimoniare la volontà dei Padri Costituenti di  ricostruire l’unità del Popolo italiano, su basi ampie e fortemente condivise.

Fu compiuto il miracolo di realizzare un documento tra i più avanzati, che aggiunge ai diritti politici i diritti sociali ed integra l’affermazione di princìpi con indicazioni precise ai Governi per la loro attuazione.

Quella Costituzione è viva e fresca, ha resistito a molti attacchi più o meno aperti; e costituisce il fondamento della nostra convivenza civile e il faro dell’azione dei singoli e della collettività.

C’è solo bisogno di attuarla, questa Costituzione, nelle parti che non hanno ancora trovato realizzazione concreta, rendendo così effettivi diritti e Valori fondamentali come il lavoro, la dignità, l’etica, la libertà e l’uguaglianza.

Per evitare, tra l’altro, che i giovani non abbiano futuro e siano indotti, o costretti, a recarsi all’estero o a conoscere l’emigrazione interna, al pari di tanti loro parenti dei decenni passati, per cercare lavoro o per disporre di strumenti per migliorare la propria professionalità e le proprie competenze.

Non è mai superfluo ricordare che la Costituzione prevede, oltre ai diritti, alcuni doveri, fra i quali primeggia quello della solidarietà.

Ai muri ed ai fili spinati, auspicati o realizzati da altri Paesi, dobbiamo sostituire l’uguaglianza e l’accoglienza, con le cautele del caso, ma con l’umanità e la solidarietà che la Costituzione ci impone.

E’ nostro dovere, dunque, combattere gli egoismi e i razzismi, che la Resistenza non conobbe e neppure noi vogliamo conoscere, in un Paese che in altri tempi ha superato le difficoltà e la durezza dell’espatrio e dove vi sono luoghi (Lampedusa, Taranto e tanti altri) in cui Comuni e cittadini hanno saputo introdurre e praticare solidarietà e fratellanza.

E non va dimenticato, in una giornata come questa, il Valore e l’importanza dell’antifascismo.

La nostra Repubblica, definita “democratica” dalla Costituzione, è anche definita “antifascista” da tutto il contesto delle norme costituzionali, che rappresentano il contrario di ciò che sono i fascismi di sempre (quelli del passato, quelli del presente e quelli che verranno).

L’impegno antifascista, dunque, non può mancare il 25 Aprile, perché si collega strettamente alla Costituzione, da un lato, ed alla volontà dei combattenti per la libertà, dall’altro.

Un impegno che va esteso ed approfondito nei confronti dei tanti fenomeni del mondo contemporaneo, in cui le destre divengono sempre più spesso “nere”, dove egoismo, razzismo ed autoritarismo si confondono insieme e riescono ad arrivare, talora, ai vertici dei pubblici poteri e dove restano ancora rigurgiti più o meno nostalgici che cercano di farci dimenticare gli orrori del passato.

Un antifascismo che s’impegni sul fronte culturale e sul fronte politico e punti a coinvolgere la maggior parte delle cittadine e dei cittadini, ma soprattutto i giovani.

Il passato, non lo si dimentichi mai, può sempre tornare, non nelle stesse forme, ma con aspetti diversi.

Per questo bisogna essere pronti a cogliere i pericoli e predisporre per tempo gli antidoti.

Non c’è odio, né rancore, in chi professa queste idee e questi impegni; ma c’è solo la volontà di vivere in una società serena, priva di violenza e di guerra, imperniata sull’uguaglianza e sulla solidarietà, radicata sui fondamenti della nostra democrazia.

Tutto questo significa la Festa del 25 Aprile.

Al ricordo di un glorioso passato, qual è stata la Resistenza, alla fiducia in uno straordinario documento qual è la nostra Costituzione, anche da Piazza della Vittoria di Taranto affidiamo la speranza e la volontà di un futuro migliore, che si potrà realizzare solo se collaboreremo e parteciperemo tutti, ciascuno per la propria parte e ciascuno con le proprie capacità e i propri mezzi, per raggiungere l’obiettivo della pace, della serenità, della giustizia sociale e dell’eguaglianza.

La nostra rinnovata presenza è la concreta, tangibile testimonianza di questo nostro impegno che, uniti, ci fa gridare: viva la Resistenza e il 25 Aprile, viva la Costituzione, viva l’Italia.  

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