Luigi Pignatelli, presidente dell’Associazione Culturale Hermes Academy e del Comitato Strambopoli – Arcigay Taranto, è ancora protagonista di un’aggressione di stampo omofobo, tre giorni dopo il suo ritorno da un mese di formazione in Sud America.
A denunciare l’episodio è lui stesso, sulla propria pagina fb: «Per l’ennesima volta vengo aggredito da una banda di teppisti omofobi presso la spiaggia del lungomare. Gli altri bagnanti guardano in silenzio.»
In una nota racconta l’accaduto: «Nel pomeriggio di giovedì 4 maggio, mentre ero sul bagnasciuga di Lido Taranto, sul lungomare Vittorio Emanuele III, nel centro di Taranto, a prendere il sole e a leggere, un ragazzo, che credo abbia più di 20 anni, e un ragazzino, che dichiara di averne 14, hanno infastidito mio padre, chiedendogli ripetutamente in dialetto: “Ma che sei la sua guardia del corpo?” E, quando mio padre rispondeva educatamente parlando del nostro legame di sangue, “No, tu non sei suo padre. – incalzavano – Tu sei la sua guardia del corpo, perché lo sfottono sempre”.
Questa tiritera è andata avanti per un’ora e mezza circa, finché, alle ore 16.20 circa, mio padre si è allontanato infastidito. A quel punto, hanno cominciato a chiedere a me: “Ma è tuo padre o la tua guardia del corpo? Non ti vergogni, alla tua età, ad avere una guardia del corpo? Poverino! Come i bambini e come i vecchi. Mezzo uomo, non ti sai difendere da solo?”, sempre in dialetto e condendo il tutto con pruriginose domande sui miei gusti sessuali. Ho suggerito di seguire il mio esempio e tornare con un libro l’indomani, in modo tale da non infastidire i bagnanti. Ho sorriso e ho comunicato la mia disponibilità a portare io stesso due libri per loro.
Ad un certo punto, quando hanno iniziato a richiedermi sesso orale e anale, la situazione è degenerata: la mia mancata risposta è stata letta come vigliaccheria e i due hanno iniziato a minacciarmi. “Se mi fai un p_____, non ti prendo a pugni!” ripeteva il maggiore, mentre l’altro mi faceva il verso.
Mio padre, che a seguito dell’aggressione con furto da me subita il 29 marzo scorso nel medesimo posto, ritiene opportuno farmi compagnia in spiaggia, mi ha raggiunto e mi ha suggerito di andare via. Io ho dichiarato a gran voce che “Ho il sacrosanto diritto di stare lì come tutti, tutte e tutt* e che non permetto a nessuno di gestire la mia vita, condizionare i miei spostamenti, tanto più se si tratta di ragazzini estranei.”
È stato in questo momento che hanno iniziato ad usare epiteti come “frocione”, “ricchione” e a fare dichiarazioni del tipo “Tu prendi il c___ in bocca e nel culo, per cui vali meno di me.”
Li ho invitati a pensare alle proprie vite e non alla mia e a farsene una propria, qualora non ne avessero già.
I due si sono avventati contro di me, mio padre si è messo in mezzo per proteggermi, venendo colpito sulla schiena dal braccio del maggiore dei due. Mio padre, sessantaquattrenne, lotta da tempo contro un male e convive da novembre con un catetere. Non è la prima volta che mio padre si fa scudo umano per proteggermi: questa cosa per me è innaturale; è un topos che si ripete e mi fa più male delle parolacce, delle calunnie, degli sputi, dei calci e dei pugni che ho ricevuto durante le aggressioni precedenti.
Resisi conto che mio padre si sarebbe sempre frapposto tra i nostri corpi, i due aggressori sono tornati sui propri passi. Alle 16:44 ho digitato il 112 e ho lanciato l’allarme. Il più grande ha cercato di togliermi lo smartphone dalle mani. Mentre mi difendevo, ho subito una strattonata al braccio sinistro, un attimo prima che mollasse la presa e decidesse di allontanarsi.
Mio padre è risalito, raggiungendo il manto stradale e cercando ulteriori soccorsi.
Nell’attesa che giungessero le forze dell’ordine, ho esposto la mia delusione agli astanti, che non avevano mosso un dito.
I due aggressori, nel frattempo hanno tentato, con un accendino, di bruciare la bandiera di Arcigay che io spesso uso come telo mare, sghignazzando e urlando “Muori, trans!”. Poi, mentre si allontanavano, un terzo ragazzino di circa 13 anni, dalla balaustra che delimita il livello intermedio tra il lungomare alberato e la passerella in legno che conduce alla spiaggia, mi lanciava sputi e pietre; due di queste pietre hanno colpito la mia spalla sinistra e anche gli sputi mi sono giunti addosso.
Pochi minuti dopo sono arrivati due carabinieri, assieme a mio padre e a mia madre. Alla loro presenza, la coppia di coniugi di terza età che gestisce la struttura in riva al mare, denominata Vaccarella, con uno spaccio di alimenti e bevande, e che nulla aveva fatto fino ad allora se non osservare in silenzio, ha dichiarato a gran voce che io sarei folle, provocatore e che avrei l’abitudine di aggredire i bambini.
I brigadieri, che hanno dato poco credito ai due millantatori, hanno avuto modo di ascoltare la mia testimonianza e quella di altre due persone.
Mentre risalivo al fianco di uno dei due militari dell’arma, ho pacificamente augurato alla coppia over 60, che mi aveva testé calunniato, di scoprire il significato della parola amore e sia l’uomo che la donna mi hanno risposto usando termini come “invertito” e “pazzo”, senza temere la presenza delle forze dell’ordine. La donna, che aveva tra le braccia un bimbo di meno di un anno, mi ha anche invitato a fare “la ninna oh”.»
Pignatelli è stato prontamente condotto da un’ambulanza all’Ospedale SS. Annunziata di Taranto. La prognosi è di 7 giorni. La relazione del pronto soccorso è stata inviata all’autorità giudiziaria. Entro domani il militante LGBTIQ+, che ha riportato un trauma contusivo alla spalla sinistra, sporgerà denuncia agli ordini di competenza.
Sulla pagina fb di Pignatelli leggiamo «Il bene e il male hanno lo stesso peso specifico e il medesimo destino: tornano sempre indietro. La figlia dell’uomo che mi tagliò con un coltello l’interno coscia in spiaggia, apostrofandomi “brutto ricchione” quando avevo 13 anni, è lesbica e ogni volta che la incrocio in discoteca mi saluta timidamente. La moglie e la figlia dell’uomo che attraversò due terrazzi per venirmi a picchiare mentre, a 19 anni, stavo prendendo la tintarella sul terrazzo condominiale, hanno rischiato di perdere la vita quando, due estati fa, il palazzo di loro proprietà è crollato su se stesso a causa dello scoppio di numerose bombole del gas accatastate nel tugurio affittato ai dolcissimi cingalesi; le due donne, che per anni hanno riso del mio orientamento sessuale e furono le mandanti dell’aggressione sotto al sole, sono state sulla carrozzina per mesi e sono ancora senza casa. Ci sono altre storie, ma al momento non voglio ricordarle. Non voglio covare rancore e odio. Non voglio fare del male. Io voglio amare.»
L’attore e poeta aggiunge «Non dobbiamo avere paura di essere ciò che siamo e di raccontarlo al mondo. Non dobbiamo avere paura di amarci, abbracciarci, baciarci; qualsiasi sia il nostro orientamento sessuale, la nostra identità di genere, il colore della nostra pelle, il nostro credo, etc. Taranto è una città meravigliosa e non è omofoba, tantomeno xenofoba o sorda alle necessità delle minoranze. Lo ripeterò fino allo sfinimento. Esistono sacche di anime confuse che vanno rieducate. Ed è nostro dovere collaborare con le forze dell’ordine e con la giustizia, denunciando ogni espressione criminale e ogni forma di iniquità e discriminazione. Invito i candidati sindaco e le candidate sindaca, che mi stanno da tempo corteggiando al fine di avermi ciascuno e ciascuna nelle proprie liste, a preoccuparsi della sicurezza in città, della cultura delle differenze, dell’educazione all’affettività e all’ascolto, dell’educazione civica, delle regole di convivenza civile tra tutti i cittadini, tutte le cittadine e cittadin* non binari. Uso in questo contesto l’espressione cittadin* non binari e volutamente non la spiego, per stimolare la ricerca e lo studio delle materie che ho appena citato e del linguaggio inclusivo.»
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