Allo scrivente piace parlare, in queste elezioni, con quanti lo vorranno – e la testata è aperta a tutti – per conoscere cosa propongono quelli che nelle liste si candidano per il consiglio comunale.
L’altra volta inseguimmo i sindaci, ora cerchiamo di capire cosa vogliono i candidati al ruolo di consigliere comunale. Oggi intervistiamo due candidati, Salvatore Romeo e Stefania Castellana, che in tandem si presentano nella lista "Taranto in Comune" a sostegno del candidato sindaco Franco Sebastio ex procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Taranto. Ecco le domande alle quali rispondono in coppia.
Questa campagna elettorale, del dopo Stefàno, può essere l’occasione per rilanciare il dibattito su quale città, per voi qual è il futuro di Taranto?
Riteniamo che, allo stato attuale delle cose, il futuro di Taranto non possa che passare lungo due importanti binari. Da un lato è necessario risolvere la questione sanitaria e ambientale legata all’inquinamento prodotto dal siderurgico. I nuovi acquirenti dovranno fornire precise garanzie sull’impatto sanitario dei piani industriali e si dovrà aprire una nuova “vertenza Taranto” sull’occupazione nelle sedi dove si prendono le decisioni, cioè il governo italiano e le istituzioni europee. Dall’altro, è necessario avviare una riqualificazione complessiva della città, attraverso presidi socio-culturali diffusi (come le biblioteche di quartiere) e politiche di incremento dell’attività di ricerca finalizzata sia all’apertura di nuovi luoghi del sapere – come una Pinacoteca civica o una Galleria d’arte contemporanea – che al recupero della nostra storia recente – per esempio, con la rivisitazione in chiave archeologico industriale dei siti dell’Arsenale militare oramai improduttivi. Tali interventi andrebbero nell’ottica di una crescita culturale a livello capillare della città – che avrebbe la possibilità di riappropriarsi di spazi altrimenti vuoti – ma, soprattutto, di momenti di socialità. Consentirebbe inoltre di diversificare l’offerta da un punto di vista turistico.
Spesso il dialogo urbano annoda tre temi turismo e ambiente e salute e nega l’industria che ne dite?
In un suo recente saggio (“Apocalypse town”), Alessandro Coppola, un urbanista italiano, ha raccontato le conseguenze della deindustrializzazione nelle aree degli Stati Uniti in cui fino a qualche decennio fa si concentravano grandi produzioni siderurgiche. Il crollo della popolazione è stato massiccio e repentino, lasciando dietro di sé dei vuoti urbani di enorme portata. La riqualificazione di quei centri ancora oggi è un problema aperto, ed è sul malessere di quella gente che Trump ha costruito il suo consenso. Noi crediamo che sia non solo possibile, ma necessario un equilibrio fra industria, salute e ambiente. E’ evidente che fra questi temi si debbano perseguire delle priorità, e per un’amministrazione comunale la priorità non può che essere la salute dei lavoratori e dei cittadini. Questo implica delle scelte coraggiose. Per esempio, a Duisburg, dove nei primi anni 2000 è stata realizzata una ristrutturazione dello stabilimento siderurgico della Thyssen Krupp, le cokerie sono state dislocate a distanza dal centro abitato su sollecitazione delle autorità pubbliche. Il Comune deve entrare nel merito delle scelte industriali, chiedendo chiarimenti e avanzando proposte nell’interesse della salute pubblica.
Lo scrivente auspica che vi siano approfondimenti, ma spesso ci si sofferma sui titoli o peggio sugli slogans, che ne dite di un tema che riguarda i cittadini come le partecipate comunali, c’è chi dice nel suo programma che occorre vendere...
Le società che svolgono un servizio pubblico devono restare pubbliche. Qualche anno fa la Corte dei Conti ha rilevato che in Italia le privatizzazioni si sono tradotte in un aumento delle tariffe per gli utenti, senza un significativo miglioramento dei servizi. D’altra parte entrambi possiamo testimoniare gli effetti disastrosi della privatizzazione della società di trasporto pubblico a Firenze, l’Ataf. Ma il servizio pubblico offerto dalle partecipate deve essere efficiente. Ora, a Taranto abbiamo situazioni differenziate.
L’Amat in questi anni ha compiuto sforzi importanti, ma ha pagato l’assenza di una chiara strategia sulla mobilità da parte dell’amministrazione. Le buone intuizioni contenute nel piano del 2008 (i parcheggi di scambio, la metropolitana di superficie, le idrovie ecc.) vanno riprese, aggiornate e implementate, insieme a un organico piano del traffico. E soprattutto va ampliato il parco mezzi, con vettori a basso impatto ambientale.
La situazione dell’Amiu invece è quasi catastrofica. I tentativi di risanamento sono naufragati, anche per il balletto di amministratori imposto dalla giunta. Chi ha pagato le conseguenze di tutto questo sono stati i cittadini: sul piano del servizio, che resta inadeguato, e sul piano finanziario, per le costosissime ricapitalizzazioni. Di fatto, oggi l’equilibrio patrimoniale di Amiu si fonda sul valore dell’inceneritore, ma la gara per la ristrutturazione dell’impianto è andata deserta. Insomma, Amiu si trova sull’orlo del baratro, e rischia di trascinarvi tutto il Comune. Serve una terapia d’urto: è necessario ripensare complessivamente il ciclo dei rifiuti, spingendo al massimo la raccolta differenziata. Occorre organizzare tutta la filiera, in particolare i rapporti con le aziende che utilizzano i rifiuti come materie prime: le convenzioni devono portare benefici economici effettivi al Comune. E’ necessaria una conversione radicale della gestione dei rifiuti nella nostra provincia: è intollerabile l’attuale quantità di discariche e inceneritori, e inaccettabile qualsiasi piano di ampliamento di questi impianti.
A Taranto però abbiamo anche partecipate di cui quasi nessuno parla, e che tuttavia svolgono – o dovrebbero svolgere – funzioni importanti. Ci riferiamo in particolare a Infrataras, Agromed e Distripark. Si tratta di società che dovrebbero avere un ruolo di primo piano nella promozione di attività produttive alternative alla grande industria. Infrataras gestisce il patrimonio comunale e ha ereditato le competenze del Centro ittico, ma non brilla per efficienza; Agromed avrebbe dovuto realizzare una piastra logistica per l’industria agroalimentare, ma attualmente è inattiva, con una dotazione di 10 milioni di Euro inutilizzati; Distripark avrebbe dovuto promuovere la nascita di un’area per la trasformazione dei prodotti in transito dal porto di Taranto, ma dopo l’acquisto dei terreni non si è fatto più nulla. Un’amministrazione che voglia davvero promuovere uno sviluppo diversificato deve dare nuovo slancio a queste realtà, sulla base di una visione strategica basata sull’apertura di Taranto ai traffici col resto del mondo – in particolare coi paesi emergenti.
Negli anni ’70 lo scrivente rammenta il Censis che diceva che Taranto era la più ricca di gruppi teatrali (uno dall’ora resiste e si chiama Crest) e di biglietti Siae staccati per spettacoli lirici, secondo voi oggi come siamo messi?
A differenza di tante realtà geograficamente vicine alla nostra – Bari e Lecce su tutte – Taranto ha una grave lacuna, oggi: la mancanza di un teatro comunale. Tale assenza priva la città sia della possibilità di variegare l’offerta – dal teatro in vernacolo a quello sperimentale, sino alla lirica – che della opportunità di entrare in circuiti virtuosi con altre realtà teatrali al fine di permettere lo scambio di esperienze, utile alla crescita sia dei professionisti del teatro che della comunità tutta. Ma l’investimento nel teatro dovrebbe interessare anche aspetti collaterali: ad esempio, avere una scuola (pubblica) di alta formazione per scenografi in città, cooptando professionisti di fama nazionale e internazionale, permetterebbe la formazione di nuove figure che, altrimenti, vanno a fare stage e master altrove; inoltre, Taranto potrebbe diventare il riferimento per tutto il meridione d’Italia. E creare nuovo lavoro di qualità. Il Comune ha a disposizione alcune strutture per favorire queste attività: il Fusco, in pieno centro, e il Mignon, a Paolo VI. Questi spazi vanno recuperati e affidati a soggetti in grado di valorizzarli.
C’è chi in rete, ma anche sulla stampa si lamenta della chiusura della libreria Filippi che corona un lungo elenco di librerie chiuse, ma ricerche di questi giorni parlano di un Italia che non legge soprattutto nella fascia di età post scolare, come si può ovviare?
Purtroppo questo non è un problema che riguarda solo Taranto. Secondo recenti rilevazioni, la Puglia è fra le regioni più arretrate in Italia per percentuale di lettori. La Regione di recente ha varato un "piano per la lettura" d'intesa col ministero per i Beni culturali che pone al centro proprio il potenziamento delle reti bibliotecarie. Il prossimo Piano regionale per la cultura (Piiil) conterrà precise indicazioni a riguardo. A Taranto, in questo settore, la situazione è molto difficile. Le biblioteche pubbliche hanno una cronica carenza di personale e risorse: occorrono nuove assunzioni di personale qualificato. Sopra si faceva riferimento al progetto delle biblioteche di quartiere. La cultura del libro va diffusa, associandola a spazi di aggregazione e socializzazione. Chiunque sia andato in un paese anglosassone sa che le "Library" svolgono questa funzione. Nella nostra città abbiamo gli spazi ormai dismessi delle vecchie circoscrizioni: si potrebbe usare quelli per allestire quel tipo di servizio. Occorre lavorarci seriamente, intercettando tutte le opportunità messe a disposizione dalla Regione e da altri enti. Oggi nella nostra provincia ci sono realtà che riescono ad attrarre finanziamenti significativi in questo modo, ma purtroppo il Comune di Taranto non brilla per intraprendenza. Serve capacità progettuale per affrontare una piaga sociale che ormai ha assunto contorni inquietanti, e che mina alle fondamenta la nostra democrazia
La città è i suoi confini, è tema assai caro a chi scrive; un intellettuale del passato Nico Indellicati socialista si scontrò con Battafarano sindaco per la espansione della città nel quartiere Italia Montegranaro, porre un confine e recuperare il resto partendo da dove?
Indellicati già alla fine degli anni ‘60 denunciava, in polemica col suo stesso partito, il rischio di un’espansione urbana disordinata. Purtroppo il tempo gli ha dato ragione. Oggi il tema dell’espansione a Taranto è superato da alcuni fatti fondamentali: il declino della popolazione e il suo invecchiamento; la crescente quantità di immobili sfitti e lo stato di degrado di molti edifici. Oggi vanno posti con forza due temi: quello del limite e quello della riqualificazione dell’esistente. Gli attuali confini della città dovrebbero diventare una sorta di “linea rossa” invalicabile. Per concretizzare questa idea, andrebbero studiate soluzioni urbanistiche ad hoc: ad esempio, una cintura di parchi in grado di mediare il passaggio all’ambiente rurale circostante (che resta estremamente importante per l’ecologia e l’economia del territorio). Per quanto riguarda la riqualificazione, il lavoro da fare è enorme. Si va dalle opere di prima urbanizzazione (fogne, acquedotti, condutture del gas), assenti in alcune zone della città, al recupero delle grandi strutture abbandonate. Ma soprattutto è urgente intervenire in tre direzioni: la riqualificazione delle periferie attraverso interventi socio-culturali, il recupero edilizio di ampie parti delle zone centrali, il risanamento della città vecchia. Va impostata una nuova politica abitativa che punti al riutilizzo degli immobili recuperati, favorendo la diversificazione sociale dei quartieri. La strategia di riqualificazione deve coinvolgere imprese e rappresentanti dei lavoratori per costruire insieme una strategia di rilancio dell’edilizia, basata sulla qualità e la sostenibilità.
Il recupero edilizio, il Borgo, la città vecchia, i parcheggi, e mettiamoci anche i cartelli della toponomastica che manca, questo elenco è già corposo come pensate che un sindaco riesca a metterci le mani?
Un Sindaco che voglia realmente affrontare questi problemi non può prescindere da due elementi: la partecipazione e le competenze. Le scelte fondamentali vanno condivise con le rappresentanze della società civile, da cui possono giungere spunti e proposte interessanti. Al contempo, l’amministrazione deve valorizzare chi, nei diversi campi, è in grado di esprimere un contributo qualificato. Prendiamo il caso della città vecchia. Recentemente uno dei più importanti urbanisti italiani, Vezio De Lucia, ha speso parole di ammirazione nei confronti di Franco Blandino, l’autore del piano di restauro conservativo dell’Isola. Ma i nostri amministratori hanno mostrato ben altro atteggiamento verso l’architetto Blandino, preferendo avallare l’incredibile mistificazione contenuta nel bando di idee di Invitalia, che attribuisce al piano le responsabilità dell’attuale stato di degrado di quella parte di città. Ecco, questo è l’atteggiamento che noi vogliamo combattere. La prossima amministrazione dovrà promuovere cabine di regia composte da personalità di sicura competenza in tutti i settori in cui si dovranno prendere scelte strategiche: dalla cultura all’urbanistica, passando per la diversificazione produttiva e l’ambiente.
Una scheda breve di voi due
Stefania Castellana e Salvatore Romeo sono candidati nella lista “Taranto in Comune”, a sostegno della candidatura a sindaco dell’ex procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio.
Stefania Castellana, nata nel 1982, è dottore di ricerca in storia dell’arte. Dopo la maturità, conseguita al Liceo Artistico "Lisippo" di Taranto, si è laureata in Storia dell'arte presso l'Università del Salento. Dopo una serie di esperienze professionali e di ricerca post-laurea a Firenze, nel 2014 ha conseguito il dottorato di ricerca presso l'ateneo salentino. Si occupa di ricerca storico-artistica (età moderna con alcune, recenti, incursioni nel contemporaneo) e, contestualmente, di politica. E' tra le firme del blog Siderlandia.it per il quale, sotto lo pseudonimo di Stecas, si occupa di questioni sia locali che nazionali legate a cultura e patrimonio.
Salvatore Romeo, nato nel 1984, si è laureato in Filosofia e in Storia all’Università di Pisa, e ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia Economica all’Università di Verona. Nelle sue ricerche si è occupato di storia dell’industria e di storia urbana, con particolare riguardo al rapporto fra Taranto e il siderurgico. Nel 2010 ha fondato il blog di riflessione e approfondimento Siderlandia.it
Chiudiamo quest'intervista che come avete notato ha lasciato ampio margine ai candidati nelle risposte. Non ci resta che augurare a loro, come a tutti i partecipanti un buon risultato, ma soprattutto discutendo di problemi reali e non di stupidi slogans, Viva Taranto.
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