ANNO XVIII Aprile 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Sabato, 27 Maggio 2017 00:00

G7, Legambiente: «Rivoluzione climatica salva clima e ferma guerre»

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ROMA – “La rivoluzione energetica e la lotta per contrastare i cambiamenti climatici rappresentano l’antidoto strategico più sicuro per costruire una seria giustizia climatica a livello globale, premessa indispensabile per ridurre la povertà, marginalizzare le cause di conflitto, ridurre i flussi migratori e provare a invertire quella che in modo così incisivo Papa Francesco ha definito, già due anni fa, ‘la terza guerra mondiale a pezzi’.

È il momento di fermare la guerra”. Così Legambiente rivolgendosi ai protagonisti del G7 italiano iniziato a Taormina

Per Legambiente, il compito prioritario di questo G7 è “definire, con parole chiare, una prospettiva nuova sulla gestione globale della questione migratoria“. Perché le migrazioni pongono alle istituzioni internazionali “una sfida che le raccoglie tutte”. E i termini della questione “non possono essere ridotti a terrorismo e sicurezza, che sono solo due aspetti di una crisi ben più vasta fatta di guerre, clima e povertà. Cioè di gestione e sfruttamento delle risorse, a cominciare da quelle energetiche, oltre che di controllo del territorio”.

Non è un caso che Papa Francesco abbia regalato l’altro ieri al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, la sua enciclica ‘Laudato si’’ “sulla cura della casa comune”, nella quale si legge che “la stessa logica che rende difficile prendere decisioni drastiche per invertire la tendenza al riscaldamento globale è quella che non permette di realizzare l’obiettivo di sradicare la povertà”.

Oggi chi fugge dal proprio paese “fugge per un intreccio perverso di guerre, fame, siccità e disastri ambientali, di cui le potenze occidentali sono ampiamente responsabili”, avverte Legamebinte.

La guerra del petrolio e delle risorse del sottosuolo viaggiano sullo stesso binario della fame nel mondo“, stigmatizza Legambiente. “Basta sovrapporre la mappa della siccità e della fame con quella dei paesi di origine delle persone che arrivano in Europa, per capire che non ci troviamo di fronte a un’emergenza momentanea- segnala l’associazione- ma a una trasformazione epocale, di cui lo sviluppo industriale dell’ultimo secolo, con i conseguenti cambiamenti climatici, portano le principali responsabilità e su cui si continuano a innestare conflitti armati”.

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