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Sabato, 27 Maggio 2017 11:41

Comunali Taranto 2017: quanto sono formati i candidati sindaci sulle questioni LGBTIQ?

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Riceviamo e pubblichiamo integralmente comunicato stampa pervenuto da Luigi Pignatelli, attore, poeta e militante LGBTIQ tarantino Presidente dell’Associazione Culturale Hermes Academy Onlus

 Continua la campagna di sensibilizzazione al voto consapevole, già proposta dalla Hermes Academy Onlus e da Arcigay Taranto in preparazione alle Europee del 2014 e alle Regionali del 2015, per comprendere la posizione dei vari candidati e delle varie candidate in merito alle questioni LGBTIQ e alle rivendicazioni della comunità arcobaleno.

Tra marzo e aprile abbiamo esposto il punto di vista dei candidati sindaci Massimo Brandimarte e Vincenzo Fornaro. Li avevamo incontrati il 22 marzo scorso, assieme a Floriana De Gennaro e Riccardo Pagano – allora in lizza per la poltrona di primo/a cittadino/a e, in seguito, scesi in campo nelle vesti di candidati consiglieri comunali – in occasione delle celebrazioni in Piazza Maria Immacolata per i tre anni dalla fondazione del Comitato Territoriale Arcigay Taranto.

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Al mio ritorno dal Sud America ho incontrato il candidato sindaco Luigi Romandini e la candidata sindaca Stefania Baldassari.

Del primo mi ha stupito l’atteggiamento autoreferenziale e confesso di avergli suggerito di cambiare registro, utilizzare un linguaggio più inclusivo e meno giudicante. Ho consigliato una correzione nello slogan (grammaticalmente inesatto) e, in parte, la mia osservazione ha trovato accoglimento. In merito alle tematiche LGBTIQ, l’interlocutore appariva poco preparato e desideroso di avere da me una serie di punti nero su bianco, con cui arricchire il proprio programma. In cambio mi veniva offerto il ruolo di “capolista” nella lista ***, “perché tu sei una persona concreta, hai le idee chiare, sai cosa vuoi e una candidatura come la tua va valorizzata”. Chiesi un paio di giorni per riflettere, qualche ora dopo fui aggredito in spiaggia e, poco prima dello scadere del tempo stabilito per la mia risposta, al banchetto Arcigay in piazza un ragazzo omosessuale, ignaro della proposta fattami da Romandini, mi comunicava di essere stato appena nominato capolista di ***. Sorrisi e inviai un messaggio di augurio per la campagna all’ex dirigente della Provincia.

Qualche giorno dopo ebbi modo di interloquire con le liste SIamo Taranto e Taranto in Comune, entrambe a sostegno della candidatura di Franco Sebastio, che mi avevano chiesto di candidarmi appena tornato dal Sud America. Conosciamo tutti la posizione di Sinistra Italiana in merito alle questioni LGBTIQ: il segretario nazionale di Arcigay ha presenziato al Congresso fondativo del partito, che ha tra le sue fila uno dei fondatori della medesima associazione, Nichi Vendola. Taranto in Comune annovera molte delle anime (attivisti/e di Rifondazione Comunista) che sono state al mio fianco nelle manifestazioni di piazza contro ogni forma di discriminazione e che, in sede di colloquio il 5 maggio, mi hanno presentato una piattaforma programmatica LGBTIQ, seppur da implementare, che il loro candidato avrebbe fatta propria.

Un paio di giorni prima che si chiudessero le liste, incontrai Stefania Baldassari, conosciuta un anno e mezzo prima, in occasione di un progetto fotografico con i detenuti che mi vedeva tra i promotori. Confesso di avere firmato i primi di marzo la mia candidatura al Consiglio Comunale con il Movimento Ambiente e Lavoro, allora a sostegno della candidatura a sindaco di Riccardo Pagano e di aver fatto dietrofront (tramite messaggio whatsapp inviato dall’altra parte del mondo) appena il valzer di quest’ultimo e del movimento stesso ebbe inizio; ma la mia firma era ancora lì e, assieme al movimento, mi ritrovavo sulla carta tra le schiere della già direttrice del carcere di Taranto. La candidata voleva rassicurarmi sulla trasversalità delle proprie liste e sul fatto che io fossi il benvenuto come suo candidato consigliere. Ribadito che non avrei mai potuto candidarmi con chi veniva appoggiata da partiti che da sempre ostacolano il riconoscimento dei diritti delle persone LGBTIQ e dei loro figli e delle loro figlie, chiesi lumi su un altro mio progetto sulla sessualità proposto nella casa circondariale tempo addietro. Poi arrivarono le domande legate alle questioni di genere e lgbtiq. Stefania non voleva essere definita direttrice e non vorrebbe essere definita sindaca. La tal cosa mi ha stupito non poco. Ancora più mi ha lasciato perplesso la sua concezione di genitorialità: “Dopo molti anni sono riuscita a concepire mia figlia. Ma se io avessi adottato un figlio, non avrei mai voluto che questa creatura mi chiamasse mamma. I figli sono di chi li partorisce.” Pur non condividendo questo assioma, sottolineo che nel pragmatismo e nello sguardo di questa donna ho visto grande apertura ad ogni tipologia di famiglia e infiniti significati da dare al lemma amore. Di Stefania ho molto apprezzato la grande sincerità. Ricordo che molti genitori putativi hanno la medesima idea sugli appellativi mamma e papà e neanche io, qualora allevassi un figlio non biologicamente mio e giunto nella mia vita a tre o più anni, mi farei chiamare papà, pur considerandomi tale.

Sulla stessa onda, il candidato sindaco Franco Sebastio, interrogato, ammette di essere poco preparato e si impegna a documentarsi in merito. Quando gli spiego che il mondo da cui proviene ha in Italia il potere di dirimere questioni come rassegnazione del sesso e omogenitorialità, mi risponde che lavorava nel penale, ma qualora si fosse trovato di fronte a queste situazioni, avrebbe “studiato caso per caso”, con l’animo orientato verso i postulanti, ma con il dovere di far rispettare la legge (inutile ribadirgli che la legge italiana non tutela i diritti dei figli e delle figlie delle coppie omosessuali e che i giudici ricoprono un ruolo decisivo). È la stessa filosofia che lo porta a lavorare sul progetto di ambientalizzazione dell’Ilva, “che io odio” (sue testuali parole), piuttosto che sulla sua chiusura, “che è contro la legge.”

La conclusione a cui giungiamo è che tutte le dichiarazioni degli intervistati appaiono in parte o totalmente falsate, per via dei tentativi di arruolare il sottoscritto, ciascuno tra le proprie schiere. Ad onore del vero, ogni candidato/a sindaco/a ha almeno un candidato consigliere appartenente alla comunità lgbtiq e altrettanti candidati omotransfobici o appartenenti a movimenti che da sempre hanno ostacolato l’operato di Arcigay a Taranto o diffamato a mezzo stampa la sua presidenza, nella mia persona.

Di Giancarlo Cito conosciamo bene la posizione: negli anni ’90 inviava i suoi “bravi” a picchiare gli omosessuali (è agli annali la retata presso la sede di Arci Futurja, che ai tempi ospitava uno dei primi collettivi omosessuali tarantini, scioltosi a seguito dell’aggressione omofoba); nel 2013 ha incassato dal sottoscritto più di duemila euro, per lo spazio acquistato dalla Hermes Academy Onlus con le dirette del venerdì sera sulla rete di sua proprietà, in cui si parlava anche e soprattutto di temi LGBTIQ; nel luglio 2016, nelle vesti di un novello sindaco emerito, ha pontificato, dalle pagine dei quotidiani, sul Puglia Pride, accolto con grande entusiasmo da una coloratissima e vivacissima città di Taranto, comunicando posizioni nuovamente omofobe e dittatoriali: “Se ero sindaco io, non lo avrei autorizzato” è l’affermazione meno volgare e giudicante espressa (nel peculiare italiano) in quell’occasione.

Nessuno dei candidati sindaco/a, compresi quelli non ancora incontrati (Bitetti, Nevoli, Lessa, Melucci) pare abbia fatto dichiarazioni pubbliche a favore della comunità LGBTIQ, nessuno ad eccezione di Vincenzo Fornaro, che ha presenziato a quasi tutte le manifestazioni organizzate dalla locale cellula Arcigay e ha sempre comunicato la propria solidarietà e vicinanza. Una riflessione su Melucci: a seguito dell’aggressione omofoba da me subita il 4 maggio scorso, sulle pagine dei giornali, facendo cenno ad episodi di violenza non meglio specificati, senza alcun riferimento, quindi, né a me né alla comunità che rappresento, ha dichiarato che uno dei primi fenomeni che cercherebbe di arginare qualora fosse eletto riguarderebbe l’ordine pubblico, garantendo maggiore sicurezza per le strade.

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