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Mercoledì, 26 Luglio 2017 00:00

La divisione dei ruoli tra i poteri dello Stato: tra il dire e il fare

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Molto è stato teorizzato a livello accademico e culturale sulla divisione dei poteri in uno stato moderno. Pensiamo al potere politico, a quello giudiziario a quello dell’esecutivo.

Negli anni novanta in Italia le degenerazione della sua classe politica portò alla ribalta il potere giudiziario e che entrò quasi come un ciclone nelle aule parlamentari mettendo in luce una rete diffusa di corruzioni che alla fine coinvolse gli stessi partiti politici più rappresentativi. Probabilmente questa “mossa” si poteva realizzare anche prima se l’italia, in particolare, non fosse stata “sotto tutela” per via dell’esistente conflittualità permanente tra i due blocchi: quello occidentale ed il comunista. Ma ciò che accadde in seguito fu sorprendente. Uno degli “sponsor” di un partito “chiacchierato”, pensò bene, per evitare un “vuoto di potere” che avrebbe potuto pregiudicare i propri interessi, di scendere in campo fondando ex novo un proprio partito. E tutto questo fu possibile perché da una parte fu tolta la pregiudiziale nei confronti del partito di Destra già di Almirante e poi di Fini e, dall’altra, erano ancora forti i timori di una certa opinione pubblica nei confronti del massimalismo di stampo comunista. A distanza di molti anni con chi dovremmo ancora prendercela se resta l’anomalia italiana di un lobbista che si trasforma in politico e, dall’interno, opera per le sue convenienze mentre altrove i lobbisti sono lasciati in anticamera e sono sovente diluiti con l’interesse generale del Paese? In queste circostanze la vittima ideale resta “il popolo sovrano” perché si è lasciato prendere la mano dai facili entusiasmi, perché continua a sognare la luna nel pozzo, perché non si è reso conto che le ideologie stanno lasciando il posto a gruppi d’interesse in vario modo organizzati e che, in aggiunta, hanno scoperto che si possono ottenere molte più cose se si fonda un partito o si va alla conquista di uno esistente e si sostengono dall’interno i propri interessi. Un esempio classico lo abbiamo con circa 20 milioni di pensionati che sono diventati le vittime di turno per i sacrifici che il paese deve sostenere perché la classe politica non ha saputo fare il proprio dovere, al momento giusto, ed ora la cambiale è, comunque, andata in pagamento e tocca sempre alla parte più debole del paese onorarne il debito. E’ ora che tutti noi vediamo restituita alla politica il suo ruolo di guida, di mediazione, di sostegno all’interesse generale, di suscitare nel lobbista il rispetto per le legittime aspettative di chi ha pagato un prezzo molto alto per il proprio Paese. E il rispetto si chiama votare al momento giusto per la causa giusta. (Riccardo Alfonso direttore del centro studi politici ed economici della Fidest)

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