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Giovedì, 10 Agosto 2017 00:00

Storia della piccolissima isola di New York dove nessuno può andare

Written by  ALESSANDRO FRAU
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E' nata dai detriti degli scavi per un tunnel sotto l'East River. Contesa tra molti, l'hanno conquistata gli uccelli

Davanti al palazzo dell’Onu, a New York, c’è una piccolissima isola che non può essere visitata da nessuno. Non è un divieto che riguarda solo i turisti. Neanche i residenti hanno il permesso di passeggiare sul suo suolo (30 x 60 metri) o di disturbare i suoi pochi, e preziosi, abitanti. Si chiama U Thant Island ma, in passato, ha avuto un nome diverso, più noto ai newyorchesi: Belmont Island. La sua storia l’ha raccontata Dean Peterson, giornalista di Vox, in un video assai divertente. 

 

Nascere dai detriti di due tunnel speciali

August Belmont Jr (1853-1924) è stato un importante imprenditore newyorchese, di origine tedesca, la cui famiglia giunse in America nei primi decenni dell’800 per conto dei Rothschild, una delle dinastie ebreo-tedesche più ricche del Vecchio Continente. I Belmont, in poco tempo, si ritagliarono un posto di rilievo tra gli imprenditori più noti nel ramo dei trasporti e delle infrastrutture. Oggi, del resto, la parola Belmont si ritrova in diverse parti di Manhattan, identificando parchi e vie. Basta fare un giro a Little Italy per avere un assaggio dell’eredità che la famiglia ha lasciato alla città. 

Nel 1892 August decise di finanziare una ferrovia sotterranea che collegasse Manhattan al Queens, passando sotto l’East River. Il progetto venne portato avanti da William Steinway (1835-1896), nato ad Astoria, proprio nel Queens, e figura politica influente di quegli anni. Il piano prevedeva la costruzione di due tunnel uguali che potessero ridurre le distanze tra quelle due zone, molto vive, della città. Steinway morì 11 anni prima di vedere completata la sua opera che, ancora oggi, è utilizzata dalla linea 7 della metropolitana. La perforazione del granito, in oltre 15 anni di lavoro, produsse una così grande quantità di scarti e detriti da dare vita a una piccola isola, brulla e spoglia, che assunse il nome di Belmont e iniziò la sua pacifica, e quasi totalmente ignorata, esistenza. Almeno per i successivi settant’anni. 

Nel 1977 Belmont Island venne adottata da un gruppo di persone che avevano dato il via al “Peace Meditation at the United Nations”. Alcuni impiegati della vicina sede dell’ONU, seguaci del guru indiano Sri Chinmoy (1931-2007), uno tra i più famosi maestri spirituali del secolo scorso e cappellano interreligioso delle Nazioni Unite, decisero di usarla come luogo di preghiera e di ritrovo per la comunità. Ne sistemarono la superficie, curandone la vegetazione, ed eressero un arco in metallo, alto 9 metri, chiamato “Oneness Arch”. Infine le diedero un nuovo nome: U Thant, una dedica per il terzo segretario nella storia delle Nazioni Unite, scomparso nel 1974 e amico di Chinmoy.  

Nel 2004, come accade spesso nei luoghi disabitati, anche Belmont Island fu conquistata e proclamata sede di una nazione sovrana. L’azione venne portata avanti dal regista Duke Riley, in contrasto con la Convention Nazionale del partito repubblicano, che eleggerà Bush a candidato (vincente) per la Casa Bianca. Il simbolo scelto dall’artista, e da un suo amico, furono due anguille elettriche immortalate su una bandiera issata su una struttura costruita alta poco più di 6 metri, ancora visibile. La mattina dopo fu la guardia costiera a spezzare il sogno di quella “provocatoria” indipendenza. L’intera operazione è diventata un mini-film, di 4 minuti, chiamato “Belmont Island”. 

Una casa dedicata agli uccelli migratori

Dopo l’ultima “bravata” umana, l’isola sta vivendo l’ennesima nuova vita. Dean Peterson, memore anche di questa ultima “invasione”, ha cercato di capire come ottenere un permesso di sbarcare sull’isola e calcarne, finalmente, il suolo, senza subire conseguenze legali. Ma ha scoperto che non è possibile. Pur essendo sotto il controllo amministrativo di Manhattan e del New York City Department of Parks and Recreation, U Thant Island è diventata un santuario per alcune specie di uccelli migratori. In particolare ospita il cormorano dalla doppia cresta che l’ha scelta come meta durante il suo viaggio al nord. L’arco, così carico di significato, è diventato il luogo perfetto per costruire i nidi e crescere i piccoli. Un luogo sicuro e privo della presenza ingombrante dell’uomo. Un piccolo paradiso artificiale in mezzo ai rumori incessanti di New York.(agi)

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