Riconosco Carlo Nordio come magistrato integerrimo. Dunque, riconosco esatta la sua individuazione delle radici della corruzione? Assolutamente no! E mi dispiace dissentire.
Ha scritto: Le lezioni del passato dovrebbero insegnarci qualcosa per il futuro. Questo è possibile se le ragioni della corruzione vengono analizzate in termini razionali, senza assecondare le nostre reazioni impulsive e tantomeno i nostri pregiudizi politici. Occorre capire perché il fenomeno, benchè presente in tutti i Paesi, sia molto più diffuso nel nostro, così da collocarci in Europa al penultimo posto nell’indice stilato da Trasparency International. E di conseguenza cosa si possa fare per ridurlo.
La radice della corruzione sta nell’indocile rapacità della natura umana e nella indifferenza di molti all’interesse collettivo […]. Se questa è la radice, difficile da estirpare, diverso è il trattamento da fare alle fronde. La ramificazione della corruzione è infatti assistita e alimentata dalla delirante proliferazione normativa, che conferisce ai pubblici ufficiali una discrezionalità sconfinante nell’arbitrio. Disponendo di tanto incontrollabile potere, le tentazioni di servirsene in modo deviato sono inevitabilmente maggiori.[…]
Ho riprodotto il nocciolo del ragionamento di Nordio, che imputa correttamente alle troppe leggi italiane la condizione di penultimi nel combattere la corruzione. Tuttavia non è questo il motivo che ci fa differenti dagli altri. Gli altri Paesi hanno disciplinato i partiti e noi non abbiamo ancora l’ordine legale politico. Ecco, io chiedo a Nordio, giurista, che conosce meglio di me tutta la legislazione, perché mai osservi l’assenza di etica sociale nei corrotti, che lui ha osservato anche nell’indagine sulla gigantesca corruzione del Mose e non veda il vuoto legislativo sub-costituzionale che facilita l’arbitrio; perchè non dica una parola sulla totale assenza di leggi che sarebbero richieste dell’art. 49 della Costituzione:
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
Se tra le radici naturali a delinquere e l’indifferenza di molti all’interesse collettivo si levasse l’albero della disciplina generale delle associazioni, con i rami legali delle associazioni partitiche ed i rami disciplinanti in modo pubblico i sindacati, ancora rigidamente privatistici (secondo l’art. 39), allora la ramificazione della corruzione incontrerebbe le cesoie di magistrati in gamba come Nordio.
Il tronco della legalità comincerebbe a ramificare una vegetazione verde capace di ordinare i comportamenti virtuosi. I rami secchi delle leggi vetuste andrebbero in disuso. E, finalmente, usciremmo dall’intrico di lacci e lacciuoli profetizzato dal governatore della Banca d’Italia Guido Carli[2] ancora nel 1975.
[2] https://www.google.it/search?q=guido+carli+morte&oq=guido+carli&aqs=chrome.2.69i57j0l5.15821j0j7&sourceid=chrome&ie=UTF-8
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