Un tavolo di Stato per la città del “poverello” patrono d’Italia, che ha saputo con la sua semplicità e grande coerenza conquistare le alte cariche celesti e le benevolenze dei fedeli.
È la semplicità, anche per l’autore, la chiave di successo nelle varie e complesse situazioni di difficoltà presenti nel mondo e affrontate, sempre, attraverso la speranza di convogliare in positivo.
Relatori in doppia veste, istituzionale e amicale. Si respirano nell’aria stima e attaccamento tra le parole della senatrice Stefania Giannini, degli ambasciatori Francesco Maria Talò e Francesco Maria Greco e del generale di divisione dell’Arma dei Carabinieri Francesco Benedetto. La buona rappresentanza di “Francesco” nella città dell’omonimo Santo, definito da Stefania Proietti vero Sindaco di Assisi, è di certo la stella cometa di questa nuova presentazione, che aggiunge onori al drappo di Valigia Diplomatica.
“Un libro semplice, efficace e autentico, con il coraggio di parlare di sé, che non è invece cosa semplice”. Le parole della Senatrice che apprezza anche la scrittura capace di rimanere imparziale e meravigliare con la sensazionalità di un ragazzo del Sud. Crede che un ambasciatore debba sognare attorno a un mappamondo, aspetto che in Valigia Diplomatica si ritrova nell’infanzia dello scrittore intrinseca di valori caldi e genuini. Ritiene il crescere in piccoli centri un elemento distintivo, quella energica genuinità che riaffiora sempre e si mette in luce o in ombra nei vari momenti istituzionali poiché è impossibile liberarsene. Questo è un tratto che li accomuna così come l’entusiasmo di non fermarsi dinanzi a chi osteggia il cambiamento. Quest’ultimo, a detta della senatrice (Ministro della pubblica istruzione, dell’università e della ricerca 2014-2016) e affinché la situazione in Italia migliori, deve partire dal Ministero della Pubblica Istruzione.
Per l’ambasciatore Francesco Maria Talò – rientrato da Israele - sono tre i punti focali su cui basare il suo intervento: l’identikit dell’ambasciatore, il bambino Antonio e la Grande Sfera. Il primo punto risponde alle attese sull’operato del ruolo. Si pensa a un tuttologo chiamato a ruotare di città in città e da continente in continente senza però considerare l’inesistenza di un’enciclopedia dell’imprevisto che va oltre la diplomazia. “non si può essere esperti di tutto ma serve la capacità di avere visione e bisogna anche avere la determinazione, parola chiave che Antonio associa al sogno”. Riferendosi al detto popolare israeliano parla di “una sorta di faccia tosta” che serve per realizzare ciò in cui si crede. Fa l’esempio sul suo operato con il presidente Perez che arrivato ad Assisi restò abbagliato dalla città. È la prova che “nessun sogno è troppo grande!”. Poi c’è il bambino Antonio che in età adulta riecheggia gli affetti familiari e territoriali di unione, coesione e speranza, che incarnano il sogno di Gallina. Forza propulsiva per l’Ambasciatore al quale Talò, però, pone un’esclamazione: “spero che esista ancora!”, lanciando una punta di verismo sulle notizie di cronaca dei quotidiani al sapore di melò. Chiude con la Grande Sfera – di Arnaldo Pomodoro – il simbolo del Ministero degli Affari Esteri. “Scultura dedicata agli italiani che lavorano nel mondo e onorano l’Italia”. Acuto e abile nel parallelismo con la Statua della Libertà afferma la raggiunta diversificazione geografica e di estrazione sociale dei diplomatici nel mondo. Forse a sottendere che la qualità sta nella varietà e aggiunge che ancora oggi la presenza romana è cospicua ma non più dominante. L’ambasciatore Talò che è stato in grado di fronteggiare, con maestria, l’impasse UNESCO-Israele è un altro ragazzo del Sud, sostenitore del lavoro di sintonia e crede sia un buon diplomatico chi mette i suoi sogni in valigia è, con capacità, li realizza.
Sulla scia dei blasoni s’inerpica l’intervento dell’ambasciatore Francesco Maria Greco, anch’egli meridionale. È stato ambasciatore in Indonesia e Direttore Generale per la promozione e Cooperazione Culturale alla Farnesina. Ha infine rappresentato l’Italia per la Santa Sede (fine 2010 al 2015). Ottimo comunicatore, a sprazzi showman dai tratti ironici quando si classifica con il cognome di un barbiere a prova della completa estraneità familiare dall’ambiente diplomatico. Parte dal baronato per lodare le gesta di chi sogna e fa.
“In Valigia Diplomatica l’amico Morabito ci fornisce due livelli di scrittura che raccontano l’uomo e l’Ambasciatore”. Una che offre narrativa ispirata e genuina capace di fondere sogni e aspirazioni, l’altra di interesse storico e sociologico riguardante la provenienza geografica varia ed interclassista che caratterizza ormai i ranghi diplomatici. Scherzosamente afferma che da molto tempo la professione del diplomatico non è più riservata a “persone nate con il cucchiaino d’argento in bocca. I diplomatici si possono dividere in due grandi categorie: gli analisti, ossia e i raffinati pensatori, e quelli a vocazione più operativa che danno il meglio sul campo, rimanendo se stessi e difendendo l’interesse nazionale senza rendersi sgraditi ai propri interlocutori”. Riconosce queste ultime e rare qualità all’amico collega Morabito per cui ritenne opportuno insistere affinché fosse destinato alla missione di Monaco. Lì dove è riuscito a ottenere risultati di altissimo livello. Afferma che un problema della nostra politica – evocato anche dalla senatrice Giannini – è quello di non riuscire a fare sistema e ricorda in proposito l’ottima squadra che lo assisteva alla Direzione Generale “Culturale”, nella quale si è avvalso della professionalità e qualità comunicative dello stesso Morabito: “la sua caratteristica maggiore è quella che gli spagnoli chiamano “capacidad de Convocatoria”, ossia la capacità di inviare e mobilitare gli interlocutori di più alto livello.
Anche il Generale Francesco Benedetto poggia il suo intervento sulla carica affettiva e di Stato. Originario della Calabria nel ’73 con la sua valigia parte e intraprende la professione in terre lontane dalla natale. Così ammette essersi immedesimato e tra le righe del libro aver assaporato antiche emozioni. Ha rivissuto i brividi della nostalgia e il sacrificio necessari per la realizzazione del sogno. Afferma che la cooperazione tra l’arma e le cariche politiche è necessaria e onorevole al fine di garantire il bene della nazione e facilitare il lavoro. E aggiungere: "ogni volta che accompagnavo il presidente della Repubblica in missione all'estero trovavo nelle ambasciate un pezzo di Italia e diplomatici sempre attenti, preparati e professionalmente all'altezza di rappresentare il nostro Paese”.
Lì in quella sala della Conciliazione, dove l’affresco di San Francesco con la chiesa e la fede, porta i segni del terremoto che devastò l’Umbria nel 2014 a testimonianza della forza oltre le catastrofi, è la voce commossa dell’ambasciatore Antonio Morabito che si leva. In veste di autore, rivela, “credevo di aver scritto un libro semplice che non era nato con queste pretese. Volevo solo raccontare la testimonianza del cammino di un ragazzo del sud e dare un tributo di gratitudine alla mia famiglia e a chi mi è stato vicino”. Appagato, ringrazia la senatrice, gli ambasciatori e il generale delle parole usate e di averlo accompagnato in questa nuova splendida esperienza.
Antonio ruba la valigia del nonno e l’idea si fa incantesimo fra le copie dell’opera di Morabito che numerose si dissolvono.
*Direttore responsabile di Agorà Magazine
Foto 1: da destra Generale CC Francesco Benedetto, ambasciatore Antonio Morabito, sindaco Stefania Proietti, senatrice Stefania Giannini, dott. Mario Benedetto, ambasciatore Francesco Maria Greco, ambasciatore Francesco Maria Taló Foto 2: Ambasciatore Antonio Morabito (sinistra) e sindaco di Assisi Stefania Proietti (destra) {gallery}Assisi{/gallery}
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