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Lunedì, 04 Dicembre 2017 05:12

Taranto - «L'Italia non partecipa ai mondiali perché sui Tamburi non c'è l'Ilva football club»

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Il titolo l'ha suggerito Fulvio Colucci, giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno, come paradosso - ma ieri sera era la fiera dei paradossi - alla fine della presentazione del suo libro  romanzo "Ilva football club" svoltasi a Carosino, presso il Castello D'Ayala Valva in una saletta particolarmente affollata per essere una presentazione di libri.

Onore all'autore e all'associazione Fucarazza, organizzatrice. Passare dai fuochi dei falò tradizionali al fuoco dell'acciaieria non è affatto semplice, anche perchè è assai certo che i giovani associati preferiscano le tradizioni popolari delle conserve alimentari che custodiscono sapori millenari ai veleni dell'Ilva. Nella foto una parziale veduta delle foto a corredo dell'iniziativa che abbiamo richiamato in un comunicato 

Si parlava dei paradossi. Uno lo descrive Colucci quando parla della status attuale della vicenda ILVA. Tra i diversi scenari si punta alla riduzione della produzione, pur sapendo che in tal modo la fabbrica cala di produttività e muore, non la si può aumentare perché è certo che la fabbrica uccide: "siamo l'unica città al mondo dove se c'è la tramontana i cittadini sono..." agli arresti domiciliari.  Il romanzo di Fulvio Colucci nasce così, e per noi è una rivelazione, dal racconto autobiografico di Lorenzo D'Alò - ecco svelata la doppia firma - al quale il giornalista presta il filo del racconto su una vicenda che parte con la costruzione del più grande stabilimento siderurgico, una panacea che affrancava dalla miseria e che con lo sport nel campo di calcio dei Tamburi pareva coniugare aspettativa di vita, benessere sociale, gioco e attività fisica...

Ma non è andata cosi. Ecco il paradosso, i bambini di quel quartiere disgraziato non possono giocare sul campetto. Da qui la sfida, fino a quando sui Tamburi non sarà possibile giocare a calcio, l'Italia non merita di andare ai Mondiali. Anche perché, e Fulvio cita proprio il romanzo, quell'esperienza dell'Ilva Football club fornì giocatori che smisero la tuta di operaio, per mettere maglietta e scarponcini e sono diventati professionisti del calcio, qualcuno anche in serie A.

E' quasi che il calcio assuma una funzione catartica di riscatto sociale vero, una prova di forza che diventa corale, si diceva ieri, con la funzione della scrittura, della cultura, della memoria che motiva anche il mezzo del romanzo - altro paradosso - che funziona meglio dell'inchiesta giornalistica che non legge nessuno.

La conversazione di ieri è stata molto interessante, di spessore, colta, Colucci ha saggiamente dosato le risposte della conduttrice, introducendo letture nuove. Bando alle ipocrisie e alle demagogie, dall'industrializzazione pesante occorre uscire tutti insieme, sconfiggendo l'accidia, questo insetto - si citava ieri sera la lussuria dei Fratelli Karamazov - che s'innerva nei cervelli dei tarantini menefreghisti.

Quindi non ascoltare più quanti, come Calenda, per stare sulla cronaca di questi giorni, dice che si devono abbassare toni, ricorsi ecc.. altrimenti si chiude, e l'hanno detto cinque volte all'anno, ma anche chi dice che si chiude domani mattina. Taranto deve uscire dallo stallo anche restaurando il vocabolario, ripescando le poesie di Pasquale Pinto, il libro di Nino Aurora "Conversazioni con Valter Tobagi" una sorta di restauro della memoria della città che ha detto NO in tutti i tempi e che non è stata ascoltata; ecco la forza di un romanzo come ILVA Football club, un omaggio agli undici calciatori morti come il Grande Torino, stavolta non per disastro aereo, ma sanitario, per aver respirato veleni sul campo di calcio dei Tamburi...un calcio vincente, almeno per una sera, speriamo anche per sempre. 

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