ANNO XVIII Aprile 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Venerdì, 26 Gennaio 2018 05:53

Mikaela stavolta vuole vincere cinque ori e sa di poterci riuscire. Ecco perché

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Shiffrin è stata definita da Bode Miller il miglior sciatore mai visto, uomini compresi. Storia della annunciata dominatrice dei Giochi olimpici invernali in Corea del Sud

 “È il miglior sciatore che ho mai visto, uomini compresi”. La presentazione del mitico Bode Miller riassume il pensiero dei più: a Pyeongchang, ai XXII Giochi Olimpici Invernali, Mikaela Shiffrin non è solo la favorita per il bis di quattro anni fa a Sochi nello speciale, ma punta molto molto più in alto. Vuole l’oro anche in slalom gigante, e sogna di arrivare addirittura a cinque medaglie complessive, allargando le sue mire anche alla velocità. Anzi, vuole anche di più: la statunitense che sta dominando la scena in coppa del Mondo di slalom - con oltre il doppio di punti rispetto alla seconda, la tedesca Rebensburg, che incalza nella classifica di gigante -, vuole essere anche il personaggio dei Giochi, bella, sorridente e solare sempre. “Costantemente in equilibrio, dinamica, intensa e concentrata in pista”, per citare ancora il famoso e pluridecorato connazionale. Anche se lei, fuori dalla pista, è particolarmente schiva e riservata.

Ma sulla neve, su qualsiasi neve, ghiacciata, molle o soffice, Mikaela il fenomeno vola. «Se mi facessi condizionare dalle condizioni della neve sarebbe grave», dice la ventiduenne bionda di Vail, la perla delle montagne del Colorado. Bambina prodigio, a 10 anni vinceva l’italianissimo Trofeo Topolino, la vetrina mondiale giovanile, e ci riuscì alla grande; a 16, già esordiva in coppa del Mondo, a 17, si aggiudicava la prima tappa di Coppa, e poi s’è fermata solo per infortunio, scolpendo nella storia record come l’oro olimpico ad appena 18 anni e 345, ed impressionando sempre, fra i suoi amati paletti. Come quando, ad Aspen, tre anni fa, ha stabilito il nuovo distacco record dalla seconda, 3.07 secondi.

Ma anche fuori dal suo feudo, il 2 dicembre dell’anno scorso, quando ha lasciato tutti ancora una volta a bocca aperta vincendo a Lake Louise la prima discesa di Coppa, sconfinando in una disciplina molto diversa dallo slalom e aprendo nuovi e ancor più splendenti scenari di cui vedremo probabilmente gli sviluppi proprio all’Olimpiade in Corea. E poi ancora il 27 dicembre, a Semmering, quando s’è aggiudicata il secondo gigante della carriera, che ha bissato il giorno dopo, conquistando anche lo slalom del 29, prima donna a conquistare tre vittorie in tre giorni consecutivi nelle discipline classiche, addirittura da Vreni Schneider nel 1989. E quindi, il 7 a Kranjska Gora, quand’ha agganciato a quota 40 i successi di Coppa di Ingemar Stenmark, che però c’era riuscito a 23 anni compiuti (portando poi il primato assoluto a 86). Per poi superarlo a quota 41 a Flachau, il 9 gennaio.

Così, Mikaela il fenomeno è uscita dalla corsia delle donne. Anche se la connazionale Lindsay Vonn è ancora la star dello sci mondiale. Anche se il suo idolo di slalom, l’austriaca Marlies Schield, è ancora lontana cinque vittorie in Coppa (35 a 30). Anche se il primato di precocità resta nelle mani dell’austriaca Annemarie Moser-Pröll, che conquistò 40 successi a 21 anni e 310 giorni, ma toccò quota 41 a 23 non ancora compiuti, solo perché s’era preso un anno sabatico. Ma com’ha fatto la Shiffrin a raggiungere livelli così alti, mantenendo una continuità così elevata? Madre natura è stata benevola, certo. Ma Mikaela è anche una che lavora tanto. Ha passato ore e ore a studiare Ted Ligety per rubargli i segreti delle sue magiche curve. Molte altre ore le trascorre tuttora in palestra.

“Sono convinta che il duro lavoro e la preparazione specifica possano farti salire qualche gradino e farti trovare la via più in fretta”. E poi c’è un altro allenamento, quello psicologico che non va necessariamente di pari passo con le vittorie, ma si accompagna a quello dei muscoli, dell’elasticità e della velocità. “Mi è successo anche di vacillare, mi è successo di essere quasi paralizzata dai nervi, ma poi quei nervi mi hanno finalmente alimentato. E ora non vomito più prima delle gare”, ha raccontato la Shiffrin confessando di essere più umana di quanto si potesse pensare, e di accusare quegli attacchi di ansia che colgono tutti noi.

“Mi capitava di svegliarmi e di ritrovarmi avvolta da una nuvola scura, sapevo che devo sciare, ma non riuscivo a respirare. Poi ho iniziato a trovare un modo per controllare quella brutta sensazione”. L’aiuto è arrivato da uno psicologo sportivo: “Ora immagino la nuvola e riesco a farla volar via”. L’aiuto è sempre di mamma Eileen, che insieme a papà Jeffe le ha insegnato a sciare, e ancor adesso la segue dappertutto e l’aiuta a “trovare un modo per credere in me anche quando non mi sento totalmente in fiducia”. Anche se, il primo sostegno deve venire da se stessa: “È chiaro, anche sciare molto bene aiuta”. Così come aiutano i principi, tipo: “La gara di sci è raggiungere il potenziale, non battere qualcuno”. E anche: “Io gareggio per vincere non penso ai record e agli altri”. E pure: “Quando gareggi non rappresenti solo te stessa, la famiglia e il tram, ma l’intero paese dal quale vieni”.

Più si avvicinano i Giochi, più monta la pressione. Come sono stati quelli del 2014 sulle montagne del Caucaso? Aveva 18 appena ed è diventata la più giovane campionessa olimpica di sempre, la prima a stelle e strisce in slalom dal 1972. “Non ho mai avuto davvero la possibilità di pensarci davvero. Vai diretta dai media, rispondi, ma non rifletti nel profondo a cosa significa per te. Poi il momento passa e vai avanti, la cosa migliore per capire davvero che era successo allora è andare in Corea e vincere di nuovo”. Se difenderà il titolo in slalom sarà appena la sesta di sempre a riuscirci, la prima statunitense.

Anche se è chiaro che le sue mire si estendono anche al gigante, per eguagliare i due ori di Andrea Mead Lawrence ai Giochi del 1952. E certamente non tralascerà la combinata, e un’altra gara, fra super-G e libera. “Se ci sono altre quattro che hanno migliori speranze di medaglia in super-G e in discesa è meglio che gareggino loro. Se faccio quattro gare è perché penso di avere chance in tutte e quattro le gare, quello è il mio obiettivo”. L’ennesimo di altissimo livello, per eguagliare l’unico sciatore che ci sia riuscito in un’Olimpiade sola, la croata Janica Kostelic, che si aggiudicò tre ori e un argento a Salt Lake City 2002. Mentre Bode Miller è l’unico statunitense che ne ha vinte tre in un’Olimpiade sola. Cinque prove invece anche Mikaela il fenomeno le esclude a priori: “Cinque potrebbero essere davvero troppo, anche se a Sochi avevo detto che all’Olimpiade dopo avrei voluto cinque medaglie d’oro”. Scherzava o no, quando aggiungeva: “Voglio il mondo e diventare il re dell’universo”?

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