ANNO XVIII Aprile 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Mercoledì, 14 Febbraio 2018 06:30

Limerenza

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La ricerca di Agnese Ferrara su la Repubblica di stamani[1] titola –Per esser fedeli ci vuole un po’ di limerenza-.

Per giurarsi amore eterno e fedeltà a San Valentino ci vorrebbe un pizzico di limerenza, termine usato in psicologia per definire lo stato cognitivo dell’ultra attaccamento amoroso, esagerato.

Io, che ho la forma mentis del sociologo, conoscevo lo Statu nascenti pubblicato da Francesco Alberoni[2] finora, cioè la dimensione sociale dell’innamoramento. Chiedo scusa ai psicologi del mio scetticismo nei loro confronti, che oggi supero solo con la psicologia sociale. Agnese ha proposto il suo articolo per celebrare la festa degli innamorati del 14 febbraio. Dunque, è entrata nella mia dimensione sociale e mi facilita l’accettazione del regalo ‘limerenza’.

Adesso, vi propongo di fare un salto. Io, che ho appena fatto i primi cinque tomi dell’opera della mia vita (Cortesia: cinquant’anni insieme in Anthares) attribuisco alla limerenza di Gesù per me il dono di questa parola nuova. Gesù mi vuol molto più bene di quanto io gli dimostri ed io metterò la limerenza al sesto capitolo. L’anno scorso Monja, una catechista, ha avuto la morte di sua figlia ventiduenne caduta con l’amato in moto il giorno di Pasqua. Io l’abbraccio sempre forte perché ho pensato finora che Gesù le volesse più bene che a me. Dico a chi pensa che io scherzi con la morte di incontrare Monja, oggi, per sincerarsi di quanto sia serena, dopo una tragedia così feroce. Il dono della limerenza prova che Gesù non è parziale ed ama anche me.

Analizzo limerenza su due sillabazioni: li.me.r.en.za – che mi vien più dritto – e lim.er.en.za –un po’ più indiretto-.

In zumero, li.me.r.en.za = -za, suffisso possessivo attribuito alla seconda persona (tu), tuo, -en-, signore, -r-, lettera polygamma/generativa,-me-, parola creativa, li , gioia, di il, Dio.

Vale anche: lim.er.en.za: ‘migliaia. cammino accompagnato (dalla divinità). signore. suffisso attribuito alla seconda persona’.

Dunque, il protagonista è Dio, che ama ciascuno di noi più di quanto noi riusciamo a fare.

Poiché vi ho già introdotto Dio, vale la pena di guardare alla parola di oggi (Gesù ti chiedo scusa di non esserti venuto a trovare. Ho preferito portare le urine da analizzare. È vero: non ti amo abbastanza). «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». 

E disse loro: «Non capite ancora?»

Beato l'uomo che sopporta la tentazione, perché una volta superata la prova riceverà la corona della vita che il Signore ha promesso a quelli che lo amano. 
Nessuno, quando è tentato, dica: "Sono tentato da Dio"; perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male. 
Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce; 
poi la concupiscenza concepisce e genera il peccato, e il peccato, quand'è consumato, produce la morte. 
Non andate fuori strada, fratelli miei carissimi; 
ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Padre della luce, nel quale non c'è variazione né ombra di cambiamento. 
Di sua volontà egli ci ha generati con una parola di verità, perché noi fossimo come una primizia delle sue creature. 




Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 8,14-21. 
In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un pane solo. 
Allora egli li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». 
E quelli dicevano fra loro: «Non abbiamo pane». 
Ma Gesù, accortosi di questo, disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito? 
Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, 
quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». 
«E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». 
E disse loro: «Non capite ancora?

La resurrezione ha fatto capire ai cristiani che il Cristo Gesù è figlio di Dio, in grado di moltiplicare quell’unico pane presente nella barca nella situazione riferita da Marco.

La cosa non è ancora capita dai non cristiani, che esistono, da noi in Europa, perché esiste anche Satana, che quattromila anni fa era noto come Antasubba, il demone della perdita della conoscenza, che ognuno può riconoscere nel giro dal fondo della parola in Ba bu sat an.

La sua capacità di dividere la realtà in modo diverso dal reale e di far fare così ai suoi seguaci è straordinaria (prova il 90% di non credenti in Italia, 95% in Francia etc.).

Oggi, però, dopo duemila anni, Gesù potrebbe ripetere: -Non capite ancora i numeri della moltiplicazione?-. Io posso sfamare cinquemila persone con un solo pane perché sono divino. Usai sette pani, l’altra volta, perché sette sono le divinità zumere dotate del potere creativo, il me vel mu, chiaro in me.lam.mu. Sette, dunque, sono i giorni della settimana da quattromila anni.

Usai anche cinque pesci, come le dita di una mano, che assieme ai sette fanno dodici, come le tribù di Israele e come i mesi dell’anno. Dita sono digiti in latino, zum. di.gi-ig.ti, ‘vitati di Diodi sul buiogi (che) apreig’. Cinque dita in una mano servivano per digitare la conta sulle dita dell’altra mano. Così, il numero sei, il primo dell’altra mano usato per la conta era Ash= Uno d’origine.

Le due mani servono per pregare esprimendo col fisico la preghiera, ka.thar.

 


[1] Martedì 13 febbraio 2018.

[2] http://www.alberoni.it/movimenti-collettivi.asp

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