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Lunedì, 05 Marzo 2018 14:30

Due italie anche in politica ora la parola a Mattarella

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Sergio Mattarella Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella Presidente della Repubblica Italiana

Il quadro politico del dopo voto. Due Italie. Come sempre. Questa volta, però, non a dimostrazione della parte “evoluta”, ricca, benpensante del Nord, né quella povera, bistrattata e socialmente al di sotto dei canoni di paragone con l’altra metà, il Sud.

Due Italie, che, riflettendo in parte le differenze sociali di cui sopra, le hanno voluto rimarcare col voto. Così dalle Marche in su, volendo raffigurare il voto coni colori, quella parte di stivale si tinge del blu del centro-destra, oltre il 37 per cento; dal Lazio in giù, con risultati clamorosi e percentuali quasi bulgare, invece, il colore è  il giallo pentastellato, circa il 33 per cento. Al centro una piccola enclave fra Emilia Romagna e Toscana è del Pd. Gli atri partiti? Si può dire che hanno partecipato e alcuni leader hanno pagato con la loro esclusione la supponenza con la quale si erano staccati dalla “casa madre”. La sonora sconfitta del Pd (sfiorato il 19 per cento) ha costretto Renzi, malgrado la sua volontà, a rassegnare le dimissioni da segretario del partito.

 

All'interno del Pd ora si aprirà un dibattito che necessariamente dovrà concludersi con il varo di una linea politica del tutto nuova e più aderente alle esigenze del paese, quelle esigenze trascurate da più anni e che hanno portato al trionfo di Salvini (Lega) e di Di Maio (M5s). Sì, perché la sconfitta sonora del Pd -come fatto rilevare in altre occasioni - è dovuta a questo progressivo e netto distacco dalle esigenze e dalle realtà territoriali: al Sud è mancata un vera politica dii rilancio, morale, sociale e infrastrutturale, al Nord le esigenze di un maggiore controllo dell’immigrazione, delle regole ad essa collegate, del’esigenze di maggiori sicurezze, anche all'interno delle proprie abitazioni. Stesso problema, ma forse meno sentito, al Sud, dove invece è prevalso il desiderio di un lavoro e, in assenza, del reddito di cittadinanza promesso dai penta stellati. Vale a dire, se non lavori ti pago lo stesso. Meritevole se già in partenza si sapesse dove potrebbero esse attinte le somme necessarie a mantenere la promessa. Ecco, sono questi i motivi che hanno evidenziato vieppiù l’esistenza delle due Italie, ma il risultato delle urne ha, sì, premiato penta stellati e Lega, ma non ha sciolto i dubbi sul chi dovrà governare l’Italia. Stando al sistema dei raggruppamenti, non vi è dubbio che il centro-destra di Salvini e Berlusconi, col 37 e oltre per cento, ha vinto le elezioni, così come non vi è dubbio che il primo partito d’Italia è il M5S. Nessuno, però, ha i numeri per governare, tranne che non si formino altre alleanze e, di conseguenze, si registrino delle scissioni. Si ipotizza un governo Lega-M5S, ma Salvini, alla prima conferenza stampa, lo ha escluso, Di Maio, invece, sembra avere aperto a qualche alleanza, affermando che “un confronto è sempre possibile”. Su cosa? I programmi con la Lega sono del tutto diversi, specie in fatto di immigrazione . Non è pensabile che Berlusconi aderisca all'invito. Così come sembra impossibile che il Pd si “incroci” con Di Maio. Tutto, quindi, è nelle mani del presidente della Repubblica. Saprà Mattarella, dipanare questa matassa politica e convincere almeno due parti in causa a mettersi d’accordo? C’è chi fa il tifo per un'alleanza Pd-Forza Italia (insieme supererebbero la soglia del 40,01 per cento e potrebbero godere di quel premio di maggioranza che permetterebbe di governare, in attesa di possibili altre adesioni o di appoggi esterni. Chi vivrà vedrà (ma non prestissimo). Intanto Gentiloni non è né dimissionario, né “dimissionato”.

 

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