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Sabato, 10 Marzo 2018 10:08

Femminicidio – In Italia manca una norma che davvero faccia prevenzione

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Certo la presenza dei centri antiviolenza è indispensabile, tuttavia spesso, per paura o inconsapevolezza la donna non ci si rivolge, o non fa in tempo, arriva prima il mostro.

Si dovrebbe parlare di processo alle intenzioni. In Italia è stato eliminato dal diritto, dopo la Santa Inquisizione. Ha fatto scalpore la notizia Usa dell’adolescente che per aver utilizzato le ricerche su Isis, e riempendosi di armi, è stato condannato all’ergastolo anche se lui si è scusato perché lo faceva per gioco e simulazione. Processato per le intenzioni. Nel nostro sistema giuridico non esiste. Anche se nel 2012 è stata fatta una legge che punisce la potenziali delle cosiddette influenze negative per gli appalti della pubblica amministrazione. Ma siamo in un dettaglio. Ma se osserviamo la cronaca comprendiamo che qualcosa non va.

Nella rubrica Amore Criminale del 25 febbraio, Veronica Pivetti racconta la storia di Sabrina. Sabrina viene uccisa a Cesena, a 45 anni, da Nino, ex ambulante del mercato di Bari, un uomo che si era invaghito di lei.

Quando lo incontra per la prima volta, la donna è sposata e ha due figli. Nino, molto più anziano di Sabrina, padre di una sua amica, sviluppa in breve tempo una vera e propria ossessione per lei. Sabrina è una donna socievole, dinamica, con molti interessi, ben voluta da parenti e amici. Il suo matrimonio con Gianni sembra perfetto. Ma i due coniugi, dopo sedici anni insieme, vivono un periodo di crisi che si conclude con una separazione. È in questo frangente che Nino, invaghitosi di Sabrina, cerca di insinuarsi nella sua vita. Ovviamente alla prima avance lei lo respinge capendo che non era affatto un amico. Da quel momento il passaggio allo stalking è immediato e prontamente denunciato da Sabrina e dalla stessa figlia dell’uomo. Non solo, una dottoressa, forse neurologa, raccoglie nel suo studio il delirio dell’uomo che confessa la voglia di uccidere la donna. La dottoressa si rivolge ai carabinieri dettagliando la pericolosità dell’individuo. I carabinieri di Bari, operando secondo le norme, si rivolgono ai colleghi di Cesena, vanno a casa di Nino e la perquisiscono. Tutto qui. Nessun pedinamento, nessun carabiniere che controllasse i suoi spostamenti. Questa situazione non ha impedito a Nino di mettersi in auto, andare da Bari a Cesena, e sparare per strada alla donna.

Già il reato di stalking, aggravato dalla dichiarazione della dottoressa, avrebbe dovuto consentire l’arresto preventivo dell’uomo. (Art. 612 bis. Atti persecutori. Stalking. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterata, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore).

Ma nel nostro ordinamento manca una norma che dia risorse magari per creare una interforce delle forze dell’ordine a disposizione dei centri antiviolenza, con la possibilità di mettere financo dei bracciali alla persona violenta per monitorare i suoi spostamenti e allertare se si avvicina troppo alla vittima. Non c'è altro tempo per questo problema, davvero non se ne può più.

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