ANNO XVIII Dicembre 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Giovedì, 05 Aprile 2018 05:12

I paleonimi ‘porta Bella’ ed Emmaus

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La Bibbia odierna[1] narra in modo inequivocabile il significato zumero di ‘porta Bella’ e di Emmaus.

 In quei giorni, Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera verso le tre del pomeriggio. 
Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita e lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta "Bella" a chiedere l'elemosina a coloro che entravano nel tempio. 
Questi, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, domandò loro l'elemosina. 
Allora Pietro fissò lo sguardo su di lui insieme a Giovanni e disse: "Guarda verso di noi". 
Ed egli si volse verso di loro, aspettandosi di ricevere qualche cosa. 
Ma Pietro gli disse: "Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!". 
E, presolo per la mano destra, lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono 
e balzato in piedi camminava; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio. 
Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio 
e riconoscevano che era quello che sedeva a chiedere l'elemosina alla porta Bella del tempio ed erano meravigliati e stupiti per quello che gli era accaduto. 




Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 24,13-35. 
In quello stesso giorno, il primo della settimana, due discepoli di Gesù erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, 
e conversavano di tutto quello che era accaduto. 
Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. 
Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. 
Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 
uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 
Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 
come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. 
Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 
Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro 
e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 
Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto». 
Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! 
Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 
E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 
Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontan
o. 
Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno gia volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. 
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 
Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. 
Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». 
E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 
i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». 
Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane

[1] [Come sa chi mi segue].

[1] ‘della parola e della Terra’ de la Saga di Bilgamesh.

[1] Come in Enciclopedia Cattolica.

[1] Il 15 marzo 1956 vol(se) il 2° millenario della sanguinosa aurora di Giulio Cesare. Inizia così il libro La pace di Cesare di Licinio Glori, stampato dall’Editoriale Dimara, nel maggio 1956 a Milano.

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