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Martedì, 01 Maggio 2018 12:29

Primo Maggio senza lavoro, da festeggiare c'è ben poco

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Una giornata questa del 1 maggio dove da festeggiare c’è ben poco. Un rito riproposto che consente a dirigenti sindacali e politici di autocelebrarsi e rubare un po’ di scena per apparire sui media dimostrando che esistono e fanno gli interessi dei lavoratori.

Categoria sociale questa ultima sempre più evanescente. Distrutta in Italia dal vincolismo comunitario, dalle collusioni interistituzionali, dalla mutazione genetica di una sinistra entusiasta dei fondamentali del neoliberismo. Un neoliberismo che in Italia ha avuto effetti negativi di amplificazione rispetto a quelli degli altri stati europei a causa della struttura economica che per 90 % poggia su micro e piccole imprese dipendenti da un sistema bancario travolto dagli obblighi elaborati da EBA, dalla BCE e dal comitato di Basilea. La situazione dell’Occidente in verità sul piano occupazionale è tragica. Lo sarà sempre più! Un istituto autorevole come il McKinsey Global Institute (MGI) stima che nel mondo l’intelligenza artificiale possa sostituire 1,1 miliardi di lavoratori che possiedono un reddito di 15,8 mld di dollari quasi quanto ha prodotto l’economia degli Stati Uniti nel 2017. Il Rapporto del McKinsey Global Institute dello scorso anno è “Harnessing automation for a future that works”. Una quantità di reddito enorme annullata da macchine dotate di intelligenza artificiale che sostituiranno lavoratori occupati soprattutto in lavori ripetitivi. Una prospettiva da incubo per la qualità della esistenza che diventa socialmente incompatibile con standard di vita accettabili. Ne caratterizza bene la condizione un Report della autorevole Standard University in Artificial intelligence and life in 2030. Technical report, One Hundred Year Study on Artificial Intelligence: Report of the 2015-2016 Study Panel “.Rischi evidenziati anche in un recentissimo libro del Governatore della Banca d’Italia dal titolo di una canzone che Bon Dylan cantava mezzo secolo fa “ I tempi stanno cambiando “ ( For the times they are a changin”. Lo stesso Obama durante la sua presidenza lanciò l’allarme nel Rapporto Executive Office of the President of the United States of America. Artificial Intelligence dove si evidenziavano l’impatto distruttivo della IA sul mercato del lavoro. Il caso italiano poi ha delle specificità inquietanti considerato che esiste una parte di società invisibile che non assurge di essere trattata o diventare oggetto di dibattito sui media . E’ costituita da disoccupati, neet (not in education employment or training) , precari e pensionati meno abbienti ovvero quelli che prendono meno di mille euro. Si tratta di circa 25 milioni di persone a fronte di 50,7 milioni di aventi diritto al voto questo anno e hanno votato 33 milioni ! Rilevante è anche la categoria dei “ working poor”. Nell’ultimo Rapporto dello SVIMEZ l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno, il 36% dei cittadini del Mezzogiorno appartiene al 20% più povero di italiani contro l’11% del Centro Nord . I working poor cioè quelli che pur lavorando non escono dalla soglia di povertà sono il 24% al Sud e il 7% al Nord. Scrive lo svimez, la “ tendenza in atto è l’incremento dei lavoratori a bassa retribuzione, che ha caratterizzato l’ultimo decennio. (..) Le retribuzioni reali (..) aumentano rispetto al 2008 del 2,5 per cento nel centronord mentre diminuiscono del 4,5 per cento nel mezzogiorno”. Anche Banca Italia sull’indagine relativa ai bilanci delle famiglie nel 2016 evidenzia che , la differenza di reddito tra sud e centronord era di circa il 40 per cento, a favore del centronord . Il dato del Sud al netto delle bugie raccontate in questi anni è il seguente. Nel 1992, era occupato il 46 per cento della popolazione del Sud tra i 15 e i 64 anni, e il 59 % al Nord. Oggi, al nord l’occupazione è al 66% mentre a Sud è al 43 % con una differenza di 23 punti percentuali. Causa primaria? Il crollo degli investimenti, che generano la domanda di lavoro, diminuiti al Sud del 34% tra il 2008 e il 2016, e del 23% al centronord. Ricordiamo che tra il 2001 e il 2014 il Sud è cresciuto meno della Grecia! Sull’occupazione poi a me sembra che le statistiche mi appaiono fuorvianti. Se, infatti, si sommano i dati della disoccupazione quello degli inattivi cioè quelli che non lavorano e non studiano, il dato relativo ai giovani tra i 15 e i 29 anni arriviamo a percentuali da incubo . Quasi il 45% della popolazione giovanile. Ritornare ai livelli di disoccupazione giovanile pre crisi cioè al 2007 bisogna creare 4 milioni di nuovi posti di lavoro. Un dato irrealistico ! L’aumento massimo annuale di occupati registrato negli ultimi 30 anni è avvenuta nel 1998 , in presenza di un incremento del PIL del 3,4% e fu di 450 mila unità. Una festa quella di oggi, quindi della quasi morte del lavoro e un messaggio fortissimo alla Politica affinché risorga per evitare che la crisi finisca di distruggere quel poco di DEMOCRAZIA rimasta.

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