[1]…. Era la lontana eco della collisione di due buchi neri che si fondevano in un unico buco nero più grande. L’annuncio entusiasmò la comunità scientifica: era come se, dopo aver vissuto tutta la vita in bianco e nero, in quell’istante il velo si fosse alzato e, per la prima volta, avessimo potuto ammirare una rosa in tutto il suo splendore[2].
La narrazione di Gubsen & Pretorius inizia osservando che tre anni fa, a quasi 100 anni dal fondamento della teoria della relatività generale di Einstein l’osservazione in data 15 settembre 2015 della nascita di un punto nero più grande risultante dalla confusione di due buchi neri ha esaltato la comunità scientifica che si è sentita immessa da una visione in bianco e nero dentro nel colore della rosa.
Io mi stupisco del fatto che nessuno, ancora, abbia osservato i due massimi archetipi[3] secondo l’insegnamento di Alfonso Archi: l’antico DA DUE UNO ed il moderno DA UNO DUE.
La creazione antica è il me.lam.mu[4], un lampo che unisce il me ed il mu.
La creazione moderna è il big bang, l’Uno che apre l’universo.
Così, i due buchi neri che formano un buco nero solo è nell’archetipo antico.
L’unico punto nero al centro di ogni galassia è nell’archetipo moderno
[1] 1916, https://it.wikipedia.org/wiki/Relativit%C3%A0_generale
[2] Steven G. Gubser e Frans Pretorius, I buchi neri, 2018, Bollati Boringhieri editore, Torino.
[3] http://uniroma1.academia.edu/AlfonsoArchi
[4] http://www.archeomedia.net/wp-content/uploads/2015/10/Melammu.pdf