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Venerdì, 21 Agosto 2015 11:13

Lavoro: il diritto di tornare a casa, dedicato a Paola ed Alessandro

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Paola Clemente, bracciante di 43 anni, madre di 3 figli, morta ad Andria mentre lavorava "all'acinino"per pochi euro all'ora non poteva non aprire il dibattito di “Il diritto di tornare a casa".

Tre giorni di incontri sul lavoro”di Artefranca Doc lunedì 10 agosto scorso a Martina Franca. Incontro voluto a due mesi dalla morte del giovane martinese Alessandro Morricella, operaio del centro siderurgico di Taranto. Come invitato dell’associazione Libera, nomi e numeri contro le mafie, ma anche come lavoratore dell’Italsider – Ilva per trenta anni, non potevo non affrontare ambedue le vicende andando oltre la constatazione dei tragico eventi ma cercando di legarli tra loro.

Da un lato l’impegno dell’Associazione, concreto, contro mafia e caporalato con le cooperative di Libera Terra, nel pieno rigore della costituzionalità, sorte sui terreni confiscati alla mafia e con i loro prodotti che hanno “Il sapore della legalità”. Dall’altro l’impegno del movimento operaio negli anni più duri dell’Italsider per quanto riguarda le statistiche degli omicidi sul lavoro, i suoi primi venti anni, con i tanti tentativi, allora, della soluzione di questo angoscioso problema. Il “caporale” come figura centrale da oltre un secolo nel lavoro nei campi, pur essendo perseguibile oggi per legge, resta tale.

Nella fabbrica moderna esiste una forma di caporalato? Domanda legittima a cui dare una risposta. Nella fase del reclutamento della forza lavoro si misura prestanza fisica e disponibilità totale nell’uno e nell’altro caso. La vicenda Ilva, venti anni fa, ne è stata emblema. Il reclutamento fu di massa per una necessità senza precedenti in questa industria, quella dei riconoscimenti di amianto cospicui subito dopo l’acquisizione della proprietà da parte della famiglia “Riva”.

Il “Capitano d’industria” formò subito il suo esercito di “Caporali”. L’ufficio del personale rappresentò tale figura, fu selettore con criteri rigorosi di manodopera da mandare sui reparti di lavorazione. Occorreva essere, per prima, raccomandati da gente fidata dai territori con nessun coinvolgimento diretto od indiretto con partiti o sindacati. La formazione era di tipo familiare ed occorreva apprendere subito i fondamentali del mestiere per essere parte del ciclo delle lavorazioni. Il caporale sul reparto diveniva, allora, il capo turno, apparentemente un padre ma pronto a verificare la disponibilità del giovane operaio dal comportamento davanti ad eventuali problemi di conduzione. Nessuno, ovviamente, ha imposto o impone di fare qualcosa non previsto ma si fa capire che in certi momenti occorre rischiare perché il “ciclo” non lo si può fermare, né rallentare, perché la produzione e la consegna puntuale del prodotto, i tempi del “mercato”, non lo possono consentire.

E’ in quel momento che il lavoratore viene rimasto solo nella scelta di operare. Il rischio rientra nella “normalità” ed il caporale prende nota. Non a caso il primo dubbio che si inserisce, nella totalità delle morti sul lavoro, è la responsabilità individuale del lavoratore, per poi divenire materia processuale per l’azienda. Come si tentò di uscirne negli anni 70? Con l’applicazione rigorosa dello Statuto dei Lavoratori, rivendicando come punto fondamentale l’ambiente del lavoro e la sua sicurezza. Si cambiò l’organizzazione del lavoro dando la sua alternativa dal basso attraverso una profonda conoscenza degli impianti da parte dei lavoratori. Una inedita alleanza tra operai, tecnici e quadri, rese tale questa forma di rivoluzione. Le crisi dell'acciaio dalla fine degli anni 70 rimise tutto in discussione.

Si capì anche che gli operai tutelando la propria salute e sicurezza contribuivano anche a quella dei cittadini. Le condizioni di lavoro sono scandite ancora oggi dagli “omicidi bianchi” che tendono ad incrementarsi con la crisi economica, quindi con la necessità di “portare il pane a casa”. Paola e Alessandro sono morti come se fossimo tornati indietro di cento anni. Oggi si stanno cancellando un secolo di diritti. Occorre un nuovo, durissimo, inizio."

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