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Martedì, 19 Giugno 2018 05:16

Stella viene catturata e fatta a pezzi da un buco nero, risponde l'astrofisico Venosi

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Lo studio di una ricerca internazionale di astrofisica (36 scienziati provenienti da 26 Istituzioni provenienti da tutto il mondo) è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Science, venerdì scorso.

Ha partecipato alla ricerca l’Osservatorio di Bologna. Una ricerca/osservazione, iniziata nel 2005 e relativa al processo di fusione di due galassie ha portato, a registrare i segnali di un raro fenomeno, noto come “evento di distruzione mareale “(Tidal Distruption Event; TDE) che, si verifica quando una stella viene catturata e fatta a pezzi da un buco nero supermassico. In letteratura solo due casi, come questo sono riportati, quindi i TDE sono eventi rari. Perché si chiamano “buchi neri supermassici”? Un buco nero supermassico ha una massa, che può arrivare a miliardi di Soli. Ogni Galassia ospita enormi buchi neri supermassici. La nostra Via Lattea non fa eccezione e il nostro buco nero è pari, a 4 milioni di Soli (equivalenti a 1300 miliardi di Terra !!!). Buco nero che, cresce ingoiando il gas che gli orbita intorno. Evidente che un buco nero non è osservabile direttamente e solo attraverso le radiazioni emesse dal gas, che gli ruota intorno e quando è fagocitato. S’intercetta la radiazione che, ha nella banda dei raggi X una ben determinata “firma” (frequenza). In origine gli astrofisici stavano seguendo una coppia di Galassie (in sigla ARP 299) distante 144 milioni di anni luce dalla Terra e, che stanno fondendosi l’una con l’altra. Arp 299 è senza ombra di dubbio una delle galassie, in formazione a più alto contenuto di energia di tutto l'universo nelle nostre "vicinanze", dunque un importante riferimento per i ricercatori che stanno cercando di spiegare come si sono formate le galassie dopo il Big Bang. All’inizio sembrava un’esplosione di una “Supernova” (una stella che esplode). I buchi neri sono oggetti astronomici, in cui la forza attrattiva di gravità è così immensa che nemmeno la luce può sfuggire. L’esistenza dei buchi neri è provata, in via indiretta osservando le quasar, che consentono di vedere la luce emessa dalla materia che cade nei buchi neri. I quasar sono gli oggetti più luminosi dell’Universo e sono alimentati dai gas che, cadono nei buchi neri supermassici. La maggior parte dei buchi neri si è formata quando stelle molto grandi (dieci volte la massa del Sole) esauriscono il loro combustibile, iniziano a raffreddarsi e quindi a contrarsi. La gravità prevale e la stella collassa attraverso un’esplosione (la supernova) realizzando un buco nero. Hawking sviluppo suoi studi sui buchi neri, affermando che emettono calore e alla fine scompaiono. Un processo che dura miliardi di anni. Numerosi sono i passi fatti avanti nella conoscenza dell’Universo, ma molti sono gli interrogativi cui non si dà risposta. Limiti fisici, tecnologici, di elaborazioni teoriche rappresentano veri e propri ostacoli. Un esempio è rappresentato dal valore finito della velocità della luce che, ci impone un limite d’indagine rappresentato dalla distanza massima percorsa dal Big Bang a oggi. È pertanto limitata la porzione di spazio accessibile alle osservazioni. Altre limitazioni sono di tipo tecnologico e riguardano gli strumenti. Infine i limiti di conoscenza del modello standard di interpretazione dell’Universo. Il modello standard della fisica delle particelle descrive lo stato dell’Universo fino a un determinato valore dell’energia (250 mld di elettronvolt) raggiunta dopo un millimiliardesimo (10 – 12) secondi dopo il Big Bang. Non sono state elaborate teorie fisiche adatte a interpretare le condizioni fisiche in epoche precedenti

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