L’art 116 è stato introdotto con la riforma del titolo V (legge costituzionale 3 /2001), approvata dal centro sinistra con presidente del Consiglio Giuliano Amato. Riforma resa necessaria per attuare pienamente oltre, che dare copertura costituzionale alla riforma Bassanini (Legge 59 del 1997) conosciuta come “Federalismo a Costituzione invariata. Successivamente la legge fu sottoposta referendum confermativo. Il centrodestra votò contro. Il residuo fiscale riguarda entrate e spese della pubblica amministrazione a livello regionale e permette di calcolarne la differenza. La definizione di residuo fiscale: “la differenza tra il contributo che ogni contribuente versa per finanziare l’azione pubblica e i benefici che ne riceve come servizi pubblici “.
La finalità primaria del residuo fiscale è quella di valutare l’azione di redistribuzione operata dallo Stato centrale verso le aree del paese. In Italia il residuo fiscale ha tre obiettivi:
a) garantire che tutti i cittadini abbiano gli stessi servizi collegati a diritti fondamentali quali possono essere quello della salute, della istruzione etc;
b) attuazione di iniziative per lo sviluppo di aree dove il reddito pro capite è basso;
c) ripartizione delle risorse utilizzando il criterio storico. Utilizzando la metodologia di lavoro “Bilancio pubblico e flussi redistributivi interregionali: ricostruzione e analisi dei residui fiscali nelle regioni italiane” (Banca d’Italia), l’aggiornamento ultimo riferito al 2015 della stima del residuo fiscale e riferita ai valori pro capite delle entrate e delle spese in tabella acclusa.
I residui pro capite mostrano un forte divario tra il Sud, che riceve in beni e servizi pubblici più di quanto versa come tasse. Il valore medio pro capite regionale del Sud è negativo, per 3456 euro rispetto al valore positivo del Nord per 925 euro e del centro 790 euro. Differenze che si riscontrano anche nelle entrate, mediamente al Nord 15.429 euro, al Centro 13.925 e al Sud 8469. Differenze dovute al differente sviluppo economico delle aree e soprattutto alla diversità di incidenza della crisi iniziata nel 2008.v
Relativamente alla spesa pubblica pro capite e valutandola mediamente, per aree al Nord 14.504 euro al Centro 12.506 e al Sud 12.015. La spesa pubblica pro capite è più elevata nelle Regioni a statuto speciale (Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia , Sicilia e Sardegna) e in quelle più piccole ( Molise 320 mila abitanti e Umbria e Basilicata , che non arrivano al milione di abitanti, Liguria-, Abruzzo ) causa le diseconomie di scala. Le regioni dl Sud mostrano un livello di spesa pro capite più basso rispetto alle altre. Residui fiscali spalmati in termini di flussi redistributivi verso le regioni con reddito pro capite più basso, verso quelle a statuto speciale e infine verso quelle di piccole dimensioni. Opportuno osservare, che il calcolo dei residui presenta una criticità per quanto riguarda la spesa. La spesa per la difesa è concentrata nelle regioni di confine. Come considerarla? Altrettanto per gli organi costituzionali
Presidenza Repubblica, Parlamento, Consulta, CSM, Ministeri etc) localizzati tutti nel Lazio. Residui che presentano quindi valori diversi. EUROPOLIS Lombardia, in uno studio dello scorso anno: “Regionalismo differenziato e risorse finanziarie “, quantifica in 47 miliardi il residuo fiscale della Lombardia come media del triennio 2009/2011. L’allora presidente Maroni citava invece 57 mld. Maroni dichiarò di volere trattenere il 50% del residuo fiscale mentre Zaia ne rivendica il 90%. Risorse connesse al trasferimento alle tre regioni della competenza esclusiva, in tutte le materie a competenza concorrente ( art 117 comma tre ) , nonché in tre materie che il 2 comma del 117 assegna all’esclusiva competenza dello Stato ( organizzazione della giustizia di pace, norme generali sull’istruzione, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali). Calcoli dei residui operati da studi diversi (The Political Economy of Inter-Regional Fiscal Flows. Measurement, Determinants and Effects on Country Stability) stimano, in 30 miliardi il residuo fiscale della Lombardia. Qualche informazione sebbene insufficiente deriva dalle tabelle allegate al DEF. Innanzitutto che la spesa corrente nel 2015 è aumentata di 44 mld rispetto al 2014. La sorpresa maggiore riguarda la spesa del personale: Lazio 8,7 miliardi , Lombardia 5,6 mld e dopo Campania 5,4 mld e Puglia 4,2 mld. Sui residui fiscali e segnatamente sulla parte entrate va segnalato la caduta di un terzo del prodotto industriale, fra il 2008 e il 2014, e una riduzione di duecentomila occupati. Nel periodo 2008-2013, la diminuzione del Pil nel Mezzogiorno è stata più che doppia rispetto a quella del Centro-Nord.
La perdita di occupazione nelle regioni del Sud è stata, in media quattro volte superiore rispetto al resto del paese. Dal 2008 a oggi il Sud ha perso 10 punti di PIL quasi il doppio rispetto al valore medio italiano (meno 5,5). Lo Svimez nell’ultimo Rapporto ha stimato che il 14% del PIL del Centronord, che vale 186 miliardi di euro è attivato dalla domanda interna per consumi e investimenti espressa dal Sud. Il tassi di occupazione nel Sud è di due punti inferiore a quello del 2008 ( 44% nel 2017 e 46% nel 2008 ) .In Italia il tasso medio di occupazione nel 2008 era del 58,7% !! In realtà quindi la differenza nei tassi di occupazione al Sud nel 2017 rispetto a quello medio italiano del 2008 è di 14,7 punti percentuali. Meno occupati, crisi demografica (minori nascite e maggiori emigrazioni. Sono andati via dal Sud tra il 2012 e il 2016, 783 mila persone e di questi 220 mila erano laureati. Produttività complessiva dei fattori della produzione (infrastrutture, pubblica amministrazione, giustizia civile).
Tutti questi fattori incidono nella produzione di ricchezza e quindi sul livello delle entrate fiscali e contributive regionali. Alcuni anni fa un valente giornalista del Mattino descrisse il problema meridionale alla luce delle mitiche 7 piaghe d’Egitto: “La luce si spegne sei volte più spesso. Le Università subiscono un taglio doppio. I servizi ferroviari di qualità sono un decimo. Pera asili nido e istruzione i bambini del Sud valgono un terzo degli altri. La sanità cura di meno chi si ammala e muore prima. Le tasse (locali) sono più salate, gli investimenti anche pubblici sono in calo. Sette piaghe affliggono il Sud e se con il calo della natalità è diventato improbabile persino nascere figurarsi studiare e lavorare. Però al contrario delle calamità bibliche siamo di fronte a scelte errate ma umane che si possono correggere “. A queste 7 piaghe speriamo di non dover aggiungere una 8 rappresentata dalla secessione di fatto mascherata da federalismo asimmetrico.