ANNO XVIII Aprile 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Domenica, 11 Novembre 2018 15:32

Disastro ambientale, futuro ancora più incerto e l'inerzia in Italia, nessuna azione e zero risorse

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Poteri dominanti che occultano o banalizzano il rischio che incombe sulla Terra a causa dei cambiamenti climatici con connessi effetti come le ondate di migranti e rifugiati climatici al cui confronto le migrazioni attuali appariranno ben poca cosa.

Il ceto dominante, religioso, politico, economico occulta, mistifica mette in secondo piano affogando il rischio dentro una narrazione semplificata impedendo una presa di coscienza approfondita di quanto incombe su questa pietra che rotea ai margini di un braccio di una dei miliardi di galassie.

Aveva ragione Einstein: “Non puoi risolvere un problema con lo stesso tipo di pensiero che hai usato per crearlo". Nemmeno si chiede ai burattini che decidono a livello nazionale e locale di risolverlo, troppo subordinati alle strutture economiche dominanti e che dietro la maschera democratica praticano l’esercizio della negazione del rischio. Incredibile credono più alle previsioni economiche rivelatesi errate dal 1989 al 2012 (vedi link riscontri su econpapers) che ai rapporti degli scienziati sui cambiamenti climatici rivelatisi conformi con la tendenza prevista per esempio su tre parametri fondamentali come temperatura al suolo, concentrazione di diossido di carbonio e aumento del livello del mare.

Le principali fonti scientifiche di riferimento per la valutazione degli impatti e della vulnerabilità ai cambiamenti climatici in Europa (rapporti di IPCC2,3 e EEA4) e per l’Italia(ad esempio, pubblicazioni e studi di o coordinati da APAT/ISPRA5, ENEA6, FEEM7,CMCC8), concordano nel sostenere che nei prossimi decenni la regione europea e mediterranea dovrà far fronte ad impatti dei cambiamenti climatici particolarmente negativi, i quali, combinandosi agli effetti dovuti alle pressioni antropiche sulle risorse naturali, fanno dell’Europa meridionale e del Mediterraneo le aree più vulnerabili d’Europa.

In Italia gli impatti attesi più rilevanti nei prossimi decenni potranno essere provocati da un innalzamento eccezionale delle temperature (soprattutto in estate), da un aumento della frequenza di eventi meteorologici estremi (ondate di calore, siccità ed episodi di precipitazioni piovose intense), da una riduzione delle precipitazioni annuali medie e dei flussi fluviali annui.

Le possibili alterazioni del regime idro-geologico potrebbe aumentare il rischio di frane, flussi di fango e detriti, crolli di roccia e alluvioni lampo. Le zone 0maggiormente esposte al rischio idro- geologico comprendono la valle del fiume Po (con un aumento del rischio di alluvione) e le aree alpine ed appenniniche (con il rischio di alluvioni lampo). Possibile degrado del suolo e rischio più elevato di erosione e desertificazione del terreno, con una parte significativa dell’Italia meridionale classificata a rischio di desertificazione e diverse regioni del Nord e del Centro che mostrano condizioni preoccupanti.

Maggior rischio di inondazione ed erosione delle zone costiere, a causa di una maggiore incidenza di eventi meteorologici estremi e dell’innalzamento del livello del mare (anche in associazione al fenomeno della subsidenza). Le emissioni di gas serra sono aumentate rispetto al 1990 e nemmeno il pannicello caldo del Protocollo di Kyoto è stato rispettato a livello globale.

L’ultimo rapporto di IPCC del 8 ottobre scorso è davvero preoccupante. Bisognerebbe almeno puntare massicciamente sulla strategia di adattamento dei territori ai cambiamenti climatici. Interventi interventi , attuabili in modo preventivo o reattivo, volti a ridurre l’entità del danno qualora l’evento dannoso si manifesti. Adattamento la cui efficacia è molto più immediata. Adattarsi significa agire sugli effetti del cambiamento climatico, direttamente sul “danno che si manifesta” e non sulle sue cause. I suoi benefici ricadono direttamente e prevalentemente su chi ne sopporta i costi.

La strategia di adattamento è costituita da un insieme di strategie. Dalle opere di difesa costiera, alle politiche di vaccinazione o prevenzione di determinate malattie correlabili alle variazioni climatiche; dalle assicurazioni contro gli eventi climatici estremi ai sistemi di previsione dell’andamento delle produttività agricole che aiutano l’agricoltore a scegliere il tempo migliore per la semina e raccolta. 

La diversificazione è d’obbligo se solo si considera che ad esempio la protezione costiera, può assumere forme completamente diverse dighe, ripascimento spiagge, desalinizzazione , in base a caratteristiche morfologiche, ambientali. Una ricerca quantifica che nel caso di 1°C di aumento della temperatura media mondiale da qui al 2050, i costi imposti da un adattamento totale ad alcune importanti categorie di impatto climatico come l’innalzamento del livello del mare (attraverso la protezione costiera), le variazioni nello stato di salute (attraverso prevenzione e cura), le variazioni di temperatura negli ambienti di lavoro e domestici (cambiamento nelle modalità riscaldamento-condizionamento) ed eventuali migrazioni (costi di ricollocamento) ammonterebbero a un totale 0,16 per cento del Pil mondiale nel 2050, nettamente inferiore ai danni evitati.

Alla fine adattamento da subito e riduzione programmata per scongiurare rischi elevatissimi. Giace presso il ministero dell’ambiente il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici richiesto dalla Unione Europea. Nessun provvedimento attuativo e zero risorse.

https://econpapers.repec.org/article/eeeintfor/v_3a17_3ay_3a2001_3ai_3a3_3ap_3a419-432.htm

 

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