ANNO XVIII Aprile 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Venerdì, 28 Agosto 2015 16:59

Taranto - Alla Hermes Acadamy è cineforum per i più piccoli con “Mr Beaver”

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Cineforum sulla diversità per i più piccoli promosso dalla Hermes Academy

Lunedì 30 agosto, presso la sede dell’Associazione Culturale Hermes Academy Onlus – Arcigay Taranto in Via Pupino #90, nel cuore del borgo umbertino, a partire dalle ore 21.00, per il nuovo appuntamento del Cineforum sulla diversità dedicato ai più giovani, verrà proiettato “Mr Beaver” (The Beaver), film del 2011, diretto da Jodie Foster, basato su una sceneggiatura originale diKyle Killen ed interpretato daMel Gibsone dalla stessa Foster, con inoltreAnton YelchineJennifer Lawrence.

La partecipazione è libera e gratuita; è però necessario prenotare al+39388 874 6670.

A seguire la recensione di Marianna Cappi.

Walter Black ha diretto con successo la sua industria di giocattoli e la sua famiglia, fino a quando la depressione non lo ha preso in un vortice che gli ha tolto progressivamente ogni piacere di vivere e persino la parola. La moglie ha resistito finché ha potuto, poi è venuto per lei il momento di preservare i figli e spingerlo a cavarsela da sé. Sembrava che Walter non ce lavrebbe fatta e invece, parlando tramite la buffa marionetta di un castoro nella quale ha infilato il braccio, è tornato in vetta alle vendite aziendali e allimmagine che il figlio più piccolo ha di lui. Ma è davvero Walter che parla, che agisce e reagisce?

Jodie Foster regista ha una carriera breve ma di tutto rispetto, però è con questo film che le cose si fanno interessanti. Costruito come un film classico americano, con i suoi tre atti e i suoi colpi di scena al posto giusto, in realtàThe Beavercontiene una materia coraggiosa e perturbante, che quel tipo di cinema raramente esplora, specie così esplicitamente.Il protagonista soffre di una malattia scomoda, probabilmente ereditata ed ereditaria, e lungi dal risollevarsi da solo dal baratro, attraverso un moraleggiante ma anche classico percorso delleroe, va letteralmente in pezzi. Solo la rinuncia allamerican dream dellimpresa gloriosa e individualistica rappresenteranno, infine, una speranza. Se cè una retorica in Jodie Foster è quella familiarista, che però non è affatto una retorica quanto uno degli oggetti del suo cinema, in continua osservazione e ridefinizione e pertanto più aperto che mai, tuttaltro che ideologico. Oltretutto qui il discorso è più profondo ed è esattamente quello che fa Norah in occasione del suo diploma: tutto è destinato a fiorire, ogni dolore ad essere superato? Everythings gonna be all right? La risposta stavolta è no, non sempre, o magari a caro prezzo.
L
altro elemento di coraggio, oltre al tema affrontato e a parecchie scelte di regia, è senza dubbio la convocazione di Mel Gibson per il ruolo di Walter Black: lattore offre qui una performance davvero generosa e potente, in un ruolo a dir poco complesso.

A seguire, la recensione di Marco Valerio.

Walter Black (Mel Gibson), presidente di un’azienda di giocattoli sull’orlo del fallimento, soffre di una grave forma di depressione. Quando la moglie Meredith (Jodie Foster) lo caccia di casa, Walter sembra farsi travolgere da una spirale di autodistruzione che lo porta sull’orlo del suicidio. Ma poco prima di togliersi la vita l’uomo viene fermato dalla marionetta di un castoro che lo blocca prima di compiere l’irreparabile. Il pupazzo si fa chiamare Mr Beaver (cioè Mr Castoro) e, benché legato e mosso dal braccio di Walter, sembra avere vita e volontà propria. Mr Beaver si propone come un vero e proprio propedeutico ed aiuta Walter ad uscire dal periodo nero, riconquistare la fiducia del figlio più piccolo Henry e quello della moglie Meredith, mentre continua ad essere visto con diffidenza e un mal celato fastidio dal figlio maggiore, Porter (Anton Yelchin) giovane problematico, che si barcamena come meglio può in un’esistenza tutta votata a rinnegare qualsiasi legame e somiglianza con il padre (tanto che Porter segna su fogli di carta tutte le similitudini che lo accomunano al genitore; errori che vanno corretti). A complicare la vita di Porter sopraggiunge anche la bellissima Ronda (Jennifer Lawrence), affascinante, misteriosa e problematica esattamente come se non più di Porter. Intanto Walter, da passivo spettatore di un’esistenza che va a rotoli, diventa un vero e proprio vulcano di energia e di idee, riuscendo perfino e a rilanciare la propria azienda e a portarla ad un nuovo e inaspettato successo. Ma presto, Mr Beaver, da presenza giocosa e curiosa, diventa, gradualmente, troppo ingombrante e, infine, anche molto pericoloso. Per la sua opera terza da regista (dopo “Il mio piccolo genio” del 1991 e “A casa per le vacanze” del 1995), Jodie Foster ha scelto un soggetto molto particolare, difficile soprattutto per le modalità narrative con cui si poteva affrontare la storia di un uomo gravemente depresso che cerca la salvezza mentale sostituendo la sua personalità a quella di un castoro di peluche. Materia facilmente soggetta al patetismo, alla ridicolaggine più o meno volontaria, al ricatto sentimentale. Eppure tra i maggiori punti di forza di questo “Mr Beaver” ci sono proprio l’approccio ed il taglio narrativo che la protagonista/regista ha deciso di dare alla vicenda. La (falsa) partenza è infatti da commedia, poi il film si sdoppia in maniera sorprendente, ma molto riuscita e convincente; e la crisi parallela di padre e figlio tocca corde serissime, spingendosi in direzioni inaspettate, trattate con una delicatezza, una sensibilità e un tocco sofisticato e intelligente veramente notevoli. Il film, nonostante le premesse, non è (o meglio non è solo) una favola moderna o una riflessione sull’essere se stessi nel mondo contemporaneo, dove l’arrivismo e la spersonalizzazione sono dei dogmi cui obbedire per perpetrare una fantomatica, quanto illusoria felicità. “Mr Beaver” è anche qualcos’altro: mostrandoci il suo protagonista Walter Black (e di rimando il suo interprete Mel Gibson, che aderisce al ruolo in maniera perfetta in un caso esemplare di simbiosi tra personaggio e attore) in maniera sincopata e tutto sommato irrealistica (il pupazzo di Mr Beaver viene animato da Walter e vediamo le sue labbra muoversi all’unisono con quelle del pupazzo in una sorta di straniamento della messa in scena alla Brecht), Jodie Foster cerca di mostrare qualcosa di ben più complesso della semplice (si fa per dire) vicenda di un uomo depresso che in qualche modo riesce a superare la propria condizione di disagio e malessere esistenziale. Il disagio e l’inadeguatezza di Walter Black sono il disagio e l’inadeguatezza che ognuno di noi, seppur secondo differenti modalità, si trova a dover affrontare ogni giorno; e tutto ciò viene reso ancora più palese dalla storia parallela che coinvolge Porter e Nora, due giovani che affrontano con insicurezza un domani che non può essere privo di sofferenze, fragilità e desideri disillusi. Il castoro Mr Beaver è sostanzialmente un palliativo di fronte ad una malattia così grande come la depressione; così come le convenzioni (sociali o culturali) sono maschere e rimedi di scarsa efficacia nel nascondere le complessità e i malumori della vita di ogni essere umano. Ed è per questo che il film di Jodie Foster riesce ad essere coinvolgente e convincente, seppure non tutto fili sempre liscio (ad esempio la Foster si sacrifica in un ruolo secondario, ma il suo personaggio risulta troppo monodimensionale e privo di spessore). Ma d’altra parte l’imperfezione è uno dei tratti caratterizzanti dei nostri tempi e quindi anche di un film che riesce, sorprendentemente, a raccontarli così bene.

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