Scrivevo all’indomani del primo turno elettorale nel giugno 2017 “....il M5S che si colloca alle spalle di Cito al quarto posto. Un sondaggio di tre mesi fa lo calcolava oltre il 20% al ballottaggio con il figlio del leader di At6. Una candidatura fra i veleni, il ruolo forse pressante dei Lavoratori Liberi e pensanti, ha prodotto fratture e rancori che si pagano con questo risultato. E questo è un elemento sul quale gli suggeriamo di riflettere. Compreso il fatto che il M5S vada meglio nei paesi della provincia e meno in città”.
La riflessione, se davvero fu fatta, non so dove abbia portato, ma quello che accade oggi è frutto delle fratture dell’epoca quando, un movimento autonomo di Lavoratori Liberi e pensanti, legato all’attore Riondino e altri dipendenti Ilva - alcuni di loro appartenenti alla terribile vicenda della palazzina Laf -, decise di entrare in massa nel meetup di Via Dante del M5S imponendo, sulla base dei numeri, l'avv. Nevoli candidato sindaco.
Una candidatura che passò nonostante il limite dell’iscrizione di sei mesi per poter votare nel sistema Rousseau. Questo per spiegare che all’interno del M5S c’era simpatia per questo movimento. Ma l’adesione creò comunque sconcerto, divisioni e perfino un principio di dossieraggio - poi fermatosi alla prima mail che non pubblicammo -. Del resto il tono di quel momento delle comunarie fu dettato dai Liberi e pensanti che in coro dicevano o Nevoli o nessuno.
Ora se un movimento, che sul palco del 1 maggio (quell’anno non fu organizzato) mostrava di essere in grado da solo di andare al ballottaggio, dopo il risultato elettorale del 2017 con soli due consiglieri eletti dove penserebbe di andare? Poi c’è anche un altro aspetto, che tenta di dare una risposta alla domanda posta nel titolo. L’adesione al M5S, data solo per il tema Ilva, appare molto, troppo riduttiva. Essa risponde a un tema, caro allo scrivente, dei rapporti tra politica, associazioni, movimenti. Dove non sempre l’entrata in politica è vincente.
Michele Boato scriveva anni fa: ci sono tre possibili scelte davanti ad un ecologista o a un comitato ambientalista, che voglia fare i conti col potere politico, che si domandi: "come si può contare di più nelle scelte legislative o di governo, locali o nazionali, relative all'ambiente?" Lui poneva tre ambiti: 1. mantenersi totalmente fuori dalla politica, facendo solo attività di "movimento" (denuncia, pressione, manifestazioni, informazione, ecc.);
2. presentare (o appoggiare) alle elezioni, quando si ritenga necessario, una lista civica locale, di chiara ispirazione (anche) ambientalista; 3. inserirsi in maniera organizzata e trasparente (pubblica) anche in una formazione politica nazionale.
Sintetizzando, il nostro amico intellettuale concludeva che la terza scelta è la più innaturale e, forse, la risposta alla domanda del titolo ora ce l’abbiamo.