In queste news raccolte dallo Sportello dei Diritti di Giovanni D'Agata c'è davvero la crudeltà allo stato puro, anche come devianza sociale, che crea disgusto totale.
Liechtenstein, crudeltà sugli animali: 38enne fa sesso con un'asina
I proprietari dell'animale lo riprendono e lo denunciano. Condannato ad una multa di 2'000 euro con la condizionale dovrà pagare 1'000 euro per le spese processuali
Un 38enne residente in Svizzera è stato condannato per crudeltà sugli animali. Più e più volte l'uomo si è infiltrato in una stalla per dar sfogo alle sue pulsioni. Ora è stato condannato per crudeltà e maltrattamenti sugli animali e ad una multa di 2'000 euro con la condizionale e 1'000 euro per le spese processuali. L'uomo lo scorso 15 febbraio era stato beccato in flagrante dai proprietari di una stalla di Triesenberg nel Liechtenstein, mentre stava facendo sesso con un'asina, ed era stato immediatamente denunciato alla Procura. L'asina è stata in seguito visitata da un veterinario che ha riscontrato nell'animale un leggero gonfiore e rossore della sua vagina. Le condizioni generali della povera bestia come il suo ridotto appetito, conferma l'esperto, potrebbero effettivamente essere conseguenza di un trauma. Non esclude inoltre che siano stati somministrati sedativi o farmaci per tenere calma l'animale. Esami del sangue e test del DNA sono stati effettuati. Reo confesso, il processo, si è svolto a porte chiuse per proteggere la sfera privata del 38enne. Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, associazione che si occupa anche di tutela dei diritti e del benessere degli animali d'affezione e selvatici, quello di di Triesenberg nel Liechtenstein è un caso «di pubblica utilità». L'episodio di violenza ai danni di un equino, balzato agli onori della cronaca, è utile per sensibilizzare i proprietari di cavalli che notano problemi comportamentali nei loro animali, anche se l'atto compiuto dall'uomo è sintomo di una «sofferenza mentale». La condotta del reo confesso infatti non è normale.
Cudeltà sugli animali, americani sotto choc. Tre uomini hanno violentato i loro animali per cinque anni.
Tre uomini sono stati condannati per zoofilia per aver stuprato i loro animali da fattoria per cinque anni. Questo è uno dei casi più disgustosi e abietti che sia rimbalzato sugli organi di stampa. Tre uomini hanno torturato una dozzina di animali per cinque anni in una fattoria a Munson, in Pennsylvania, nel nord-est degli Stati Uniti. Questa la sintesi di una racconto che vede come protagonisti Terry Wallace, 41 anni; Marc Measnikoff, 34; e Matthew Brubaker, 32. Quando gli agenti li hanno tratti in arresto il 18 agosto scorso, hanno scoperto alcuni video fatti in casa, nonché apparecchiature di registrazione e telecamere. Il più giovane dei 32 anni ha confermato agli investigatori di aver fatto sesso con una cavalla, una capra, una mucca e il suo cane almeno una volta al giorno per circa quattro anni. L'altro, 34 anni, ha ammesso di aver abusato delle cavalle più volte alla settimana, "ma non i cani". I tre si trovano ad affrontare oltre 1400 diversi capi di accusa relativi a rapporti sessuali con animali. La storia è venuta fuori dopo che un ragazzo di 16 anni che viveva nella fattoria dove sarebbero avvenute le violenze, ha allertato la polizia di stato perchè costretto ad aiutare i tre uomini a controllare gli animali durante le riprese. Il procuratore distrettuale della Contea di Clearfield William Shaw Jr. ha detto che la polizia non ha trovato prove che il ragazzino fosse stato a sua volta vittima di abusi sessuali, ma l’inchiesta continuerà “per determinare l’entità dell’abuso mentale o fisico a cui il minore potrebbe essere stato esposto”. "Queste immagini "vivranno" con lui per il resto della sua vita" ha infine dichiarato l'inquirente. Dopo essersi dichiarati colpevoli, i tre individui sono stati condannati a pene detentive che vanno da 20 a 41 anni. Tra le accuse, " corruzione di minore", "sesso con animali" e "crudeltà verso gli animali". Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, associazione che si occupa anche di tutela dei diritti e del benessere degli animali d'affezione e selvatici, quello del sesso con gli animali sembra essere diventato una vera e propria piaga sociale, anche in Europa. In Danimarca, per esempio, spopolano i bordelli animali, luoghi nei quali i clienti pagano per avere rapporti sessuali con povere bestiole, di ogni genere. Questa pratica sta subendo una vera e propria spinta promozionale, specialmente su internet, dove vengono 'catturati clienti da Norvegia, Germania, Olanda e dalla Svezia, tutti con la grande voglia di cercare nuove, perverse, esperienze sessuali. Nonostante il senso di sdegno della maggior parte dei cittadini danesi, il governo afferma che non farà niente per fermare questo fenomeno, infatti in Danimarca questo tipo di pratica è legale.
Usavano piccioni vivi come esca: condannati pescatori.
Per la Cassazione una vera sevizia l’imbragatura all’amo del volatile, che rischia l’affogamento a ogni lancio della lenza: irrilevante, date le sofferenze inflitte, che il columbide sia «preda naturale» del grosso pesce di fiume. E' reato di maltrattamenti se il pescatore sportivo usa come esca per il grosso pesce un volatile vivo catapultandolo di continuo in acqua come richiamo, sottoponendolo a crudeltà e sevizie. Lo ha stabilito la Cassazione che, con la sentenza n. 17691/19, pubblicata oggi dalla terza sezione penale, che condannando alcuni pescatori professionisti, rigetta il loro ricorso condannandoli a pagare 4 mila euro di multa per aver maltrattato dei volatili.Alla base della contestazione, l’utilizzo di piccioni vivi come esca per attirare un grosso pesce di fiume, il pesce siluro, appesi per una zampetta all’amo, provocandone poi la morte. Il collegio ritiene che le condotte degli imputati meritino di essere punite. È vero che i pescatori che praticano tale attività con la canna impiegano come esca vermi vivi, «ma a prescindere dal fatto che si tratta di larve tra le più usate, i bigattini o le camole, il loro utilizzo a tal fine non si presta in ogni caso a recar loro sofferenze». Del tutto diverso è l’impiego di volatili «legati per una zampetta all’amo e costretti a seguire il volo della lenza fino a venire ripetutamente catapultati nel fiume quale richiami per la cattura del pesce siluro che, a detta della difesa, di tali uccelli si nutre». È «evidente» come non solo le condizioni di cattività a cui questi animali sono stati esposti con l’imbracatura alla lenza, «ma altresì l’attentato alla loro stessa sopravvivenza con gli affogamenti ripetuti nell’acqua si configuri come una vera e propria sevizia, atta a provocare agli uccelli, gravi sofferenze».
Sostenere, così come fa la difesa, che i piccioni siano «prede naturali del pesce siluro», è argomento «che elude la ratio della norma in contestazione, come se fosse la natura di preda a determinare la legittimità del suo utilizzo, e in ultima analisi del suo “sacrificio”, per finalità assolutamente non necessarie rispetto allo scopo dell’attività amatoriale praticata che preveda la cattura del predatore».
La Corte d’appello, ha basato correttamente la sua decisione sulla considerazione che le condotte degli imputati hanno determinato «rilevanti sofferenze», senza il requisito della necessità. La pesca, e anche quella del pesce siluro, si può comunque praticare con le esche di uso comune, animaletti o pezzetti di carne o di altri organi animali, sostanze diverse o anche oggetti luccicanti, senza che ci sia l’esigenza di fare ricorso ai piccioni, che di certo, «non facendo parte del suo naturale habitat, non costituiscono le uniche prede di un animale ricompreso nella categoria dei pesci, sia pure di acqua dolce e che invece sono stati in tal modo sottoposti a condizioni insopportabili per le loro attitudini etologiche». Seviziare piccioni vivi per pescare il Silur, ello, osserva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è un’idea piuttosto bislacca, ma soprattutto crudele. Integra il reato di maltrattamento di animali, con l’aggravante della morte (art. 544 ter cod. pen.). Non c’è davvero limite alla stupidità umana.