Non avrà una via, uno slargo, una piazzetta, anche nascosta, quanti saranno poi a ricordarlo? Eppure è stato un tarantino doc, che ha amato terra, mare e cielo della città di Taras.
Nerio Tebano, a 19 anni dalla sua dipartita, vogliamo ricordarlo a nostro modo. L’occasione me la dà l’amico Oddo, l’edicolante di Via Oberdan che conosce tutto del Borgo e anche di Nerio che – mi mostra una cartolina dell’artista – era suo amico. Chi era Nerio Tebano?
Adnkronos, il giorno del suo funerale il 3 aprile 2000, scrive una biografia, l’unica che resiste del resto, visto che neanche Wikipedia riporta sue notizie online. Il titolo dell’articolo dell’agenzia richiama l’artista…Nerio Tebano il pittore che amava il Cinema.
Nato a Taranto il 21 agosto 1917 e trasferitosi a Roma nel 1961, aveva dedicato prevalentemente al cinema la sua multiforme attività artistica e culturale.. Vincitore nel 1951 del premio di poesia ''Salvatore Di Giacomo'' di Napoli, successivamente Tebano scrisse racconti e critiche cinematografiche su ''L'Unita''', soggetti cinematografici e riduzioni teatrali. La prima Unità, quella della quale parla con nostalgia Concita De Gregorio.
Fu amico di personaggi di grande notorietà del mondo del cinema e dell'arte come i registi Cesare Zavattini, Alessandro Blasetti, Vittorio De Sica e Massimo Mida, l'attrice Isa Miranda e il pittore Franco Gentilini, di cui fu assistente presso la cattedra di pittura dell'Accademia di Belle Arti di Roma.
La sua grande passione per il cinema si è intrecciata sia con l’attività di pittore, con mostre dedicate ai famosi registi come Michelangelo Antonioni nel 1963 e Sergej Paradzanov nel 1991, sia con l’attività di scrittore. Ha pubblicato diversi volumi: ''La scatola magica'' (1983), ''Poesia del cinema'' (1989) e ''Rudy, personaggio in famiglia'' (1995).
Collaboratore anche delle riviste ''Cinemasessanta'', ''Contributi'' e ''Nuova rassegna'', nel 1985 Nerio Tebano prese parte al film ''Festa di laurea'' del regista Pupi Avati. Nel 1995, in occasione del centenario del cinema, la Rai ha dedicato al professor Tebano un documentario intitolato ''Memorie di uno spettatore''.
Un artista che meriterebbe un ricordo da parte dei tarantini. Anche perché – leggo da un pamphlet del 1960 “Nerio Tebano tra poesia e pittura” a firma Maurizio Marini stampato a Roma da Edizioni Trifalco Arte – fu proprio Taranto a inaugurare la sua stagione pittorica. Stupore e meraviglia di Vittorio Fiore (grande intellettuale del salento) che in Cronache meridionali scrive: “ L’imbarazzo, fin troppo dichiarato, di chi era abituato a collocare Tebano nella cerchia dei poeti e dei critici d’arte, ed ora non sa che pesci prendere di fronte alle 71 opere esposte alla Taras di Taranto, non è del tutto ingiustificato” Il catalogo della mostra, che ricorda Fiore, aveva la prefazione di Michele Pierri “poeta di sicuro valore, non ha potuto fare a meno di ricordare nella sua intelligente prefazione il grande respiro, a largo uditori, molto impegnata, di forti contenuti di Nerio Tebano”
Ma Nerio, abbiamo letto, era attorniato dai personaggi del grande cinema (sicuramente per essere cronista di cultura de l’Unità) e la sua mostra su Antonioni del ’63 trova una premessa al catalogo di Elio Pagliarani; il critico qui esalta la dimensione epico-narrativa, una sorta di mediazione tra linguaggi, pittura e cinema, oggi abbastanza risolti ma nel cinema di Antonioni degli anni sessanta ancora tutta da esplorare. Personalmente noi abbiamo conosciuto Nerio alla fine degli anni ’70, quando l’artista tarantino, all’epoca sessantenne, cercò di fare qualcosa per la città ma trovò una politica ottusa.
Nel 1951 Amedeo Ugolini, su l’Unità scriveva un articolo su “Un poeta del mezzogiorno”
... Nevio Tebano è figlio del Mezzogiorno; ed è proprio di molti poeti del Mezzogiorno l'attingere alla società, ai diseredati, ai contadini, ai minatori, agli uomini senza pane e senza terra, "nei cui occhi è il mistero di una irreparabile tragedia". L'intensità dei sentimenti sembra fondersi con la maestosità della natura. "Qui tutto è grande", diceva Bino Binazzi, arrivato nel Mezzogiorno dalla sua terra toscana. Tutto: il cielo infuocato, la terra arsa, il solitario pastore che siede al biblico pozzo d'acqua salsa. Tutto, meno è barone che ha per sé la ricchezza e la legge, e che tuttavia si muove infinitamente piccolo, nel suo sentire nel suo vivere, fra cose grandissime. E il poeta toscano lanciava nei primi anni di questo secolo un grido di lotta; oggi lo riascoltiamo in Tebano: "Tanti uomini laggiù nei campi, — tanti huomini: ieri ombre — ora uomini vivi". In quei volti il poeta legge il futuro e il brutale passato. "Vedo volti che sono mondi, mondi di triste passato, e anche di futuro... Volti di fantasmi — cresciuti nel niente, ora cresciuti nel proprio destino"...
Queste tre poesie inedite presenti nel pamplet
APPUNTI PER UNA MIA STORIA
Io non sono un uomo libero.
Vivo prigioniero in una stanza di immagini.
Quando scrivo una poesia o
dipingo un quadro, mi sembra
d'essere anch'io un elemento
della natura: mare, fiume, terra,
Ciò accade quando le cose
sconfinano oltre la dimensione
In questa stanza di immagini,
metto al riparo la mia fantasia.
Scrivere poesie o dipingere
per me è come mandare segnali
d'amore alla terra e al cielo.
Ma spesso sono segnali d'allarme.
ma con una gran luce dentro.
Così posso guardare le cose
con gli occhi incantati di un bambino,
distruggendo senza alcuna tenerezza
tutto ciò che richiama alla realtà
fuori dalla mia stanza d'immagini.
Peccato che non riesca quasi mai
che son pronti ad aggredirmi
ogni volta che schiudo l'uscio.
Brividi d'aria fanno tremare
le acque inquinate. Le iridescenze
che vedo non sono più riflessi
di sole o di luna, rifrazioni di luce.
spiagge senza più riverberi
E quando rientro nella stanza
d'immagini, le nuove istantanee
che dipingo o i nuovi versi che scrivo
non hanno più il dono della fantasia,
Hanno le stigmate della realtà odierna,
dalla quale nemmeno io riesco
a liberarmi, pur vivendo in una stanza
Forse, è questa la vecchiaia :
non aspettarsi più niente,
attende gli ultimi versi,
CRONACA DEL 9 MAGGIO 1978
una luce malata di scirocco
scivolava dal cielo
sui tetti delle case, invadeva le strade.
I tavolini dei caffè all'aperto,
vuoti in quell'ora di primo meriggio,
lievitavano odore di birra,
la madre chiamava il figlio,
il figlio chiamava il padre.
uno strano vocìo, un vocìo confuso.
rimandarono sotto la pelle
un uomo, abbandonato, assassinato,
Questo il ricordo, per finire cito il libro del 2012 di Marilena Cavallo "Sulle rive della Magna Grecia. Poeti del Novecento nella Taranto Mediterranea” che elenca il nostro tra gli altri poeti del tempo: Cesare Giulio Viola, Michele Pierri, Raffaele Carrieri, Giacinto Spagnoletti, Cosimo Fornaro, Nerio Tebano, Pasquale Pinto, Emanuele De Giorgio.
E ancora rammentiamo la sua ripicca - uscita sul Quodidiano a chi nel 1978 lo definì 'vestale della cultura' per aver garbatamente protestato per una mostra sull'espressionismo tedesco ai tempi della Repubblica di Weimar rifiutata dal Comune:" ...semmai il torto che mi si può rimproverare è quello che a Taranto sono legato da una interiore ricerca di identità e dalla quale, permettimelo, non posso farne a meno". E noi non possiamo fare a meno di abbracciare nel ricordo il tarantino Nerio Tebano.