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Mercoledì, 09 Settembre 2015 15:41

Esodo ambientale: una crisi emergente, numeri da impazzire

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L’appuntamento è fra tre mesi. Il prossimo dicembre Parigi ospiterà la ventunesima riunione della Conferenza delle parti (Cop21), l’incontro sul clima, che ogni anno riunisce attorno, a un tavolo 190 paesi.

Incontro che avviene un anno dopo la pubblicazione del quinto rapporto sui cambiamenti climatici da parte di IPCC, l’organismo scientifico dell’Onu che raggruppa 3000 scienziati. Il mondo tra recessione e sviluppo economico rallentato ha ridotto le emissioni, ma nessun miglioramento è stato conseguito sul riscaldamento globale.

In caso di mancate azioni, sul versante della riduzione delle emissioni l’aumento di temperatura, a fine secolo potrà variare tra i 3,7 e 4,8 °C. È utile quindi richiamare alcuni messaggi contenuti nel rapporto dell’Ipcc, per la parte che riguarda le politiche di mitigazione.  Al fine di rimanere entro un incremento di temperatura “sostenibile “ovvero un +2°C, entro fin secolo le emissioni vanno ridotte del 40-70 %, entro il 2050 rispetto ai livelli del 2010 e, in sostanza zero dopo il 2100.

Il raggiungimento di tale obiettivo implica la modificazione radicale dei sistemi energetici. Il tendenziale azzeramento delle fonti fossili nella produzione di energia comporta il quadruplicamento delle fonti di energia rinnovabile. Stabilizzare le concentrazioni di gas serra a, 450 ppm al fine di contenere l’aumento di temperatura entro i 2 gradi comporta una riduzione della crescita economica media dello 0,06% all’anno. I costi associati a tale riduzione delle emissioni aumenterebbero molto, in caso di azione spostata a dopo il 2030.

Gli unici fatti nuovi sono: a) un accordo Stati Uniti/Cina di riduzione delle emissioni, di un terzo entro il 2030. Gli Usa ridurrebbero le emissioni del 26/28% entro il 2025. La Cina inizierebbe a ridurre le emissioni nel 2030; b) alla Cop 20 di Lima fu deciso che i Paesi avrebbero presentato progetti di riduzione delle emissioni alla Conferenza di Parigi. Gli Stati Uniti hanno approvato il mese scorso un nuovo Clean Power Plan costituito, da un piano per la produzione di energia elettrica pulita al fine di ridurre le emissioni delle centrali a carbone, che producono il 40% dell’energia elettrica degli Usa.

La riunione di Parigi è davvero di un’importanza straordinaria perché un elemento sfugge alla partita sul clima: i milioni di potenziali profughi climatici, che farebbero apparire come un nulla le migrazioni attuali, a causa di guerre o per motivazioni economiche. Flussi talmente ingenti da far scolorire la vergognosa distinzione, che oggi sa, fa nella civile UE, tra profughi e migranti economici. Distinzione abominevole perché le motivazioni di una fanciulla nigeriana, che fugge alla violenza di Boko Haram o dell’africano, che a causa dei mutamenti climatici non trova più acqua a sud del Sahara non sono diverse dal siriano, che fugge dalla guerra tra Assad, l’Isis o le bombe di Erdogan!

I profughi ambientali sono stimati in 200 milioni! Secondo IPCC le aree interessate sarebbero 500 milioni di ettari di terra nel delta del fiume Rosso in Vietnam, 2 milioni nel delta del Mekong, l’85% delle Maldive a causa dell’innalzamento del mare, l’Africa sarebbe inondata dal mare per 2,7 milioni di ettari, l’Egitto per 2 milioni di ettari, e infine l’America del Sud dove 600 mila persone, potrebbero migrare dallo Stato della Guyana. Tutte cose scritte da Ipcc e dalla massima autorità del settore il prof Mayers docente di Oxford e Harvard nel rapporto “Esodo ambientale, una crisi emergente “.

L’Europa in primo luogo, poi gli Stati Uniti saranno sommersi dai profughi ambientali ridotti, in miseria dall’inaridimento delle loro terre in Africa e Asia. Myers afferma che “anche se dovessero costruire un muro nel Mediterraneo” non servirebbe a niente. I deserti si espandono, al ritmo di 60 mila kmq all’anno, mentre l’estensione delle foreste si riduce di 80 mila Kmq all’anno. Parigi è importante per le decisioni che assumerà, nell’elaborazione delle misure taglia gas serra, efficienza energetica adattamenti territoriali, ma io credo non perdendo di vista la relazione di Holdren sulla dipendenza degli impatti ambientali: I = PAT ove I sta per impatto ambientale,

A consumo pro capite e T per livello tecnologico. Quanto più è alto “T”, maggiore sarà l’attenuazione di “P e A” sull’impatto ambientale. In assenza di radicali innovazioni tecnologiche, che permettono l’utilizzo di fonti energetiche pulite o che aumentino il rendimento di quelle attuali la situazione, che emerge dalla relazione di Holdren appare incompatibile con la vita sul pianeta. Tratteremo nei prossimi articoli di un altro effetto del riscaldamento globale cioè l’acidificazione degli oceani, ma anche della ricerca in campo energetico.

 

 

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