Quasi otto o nove anni prima della sua caduta. Al suo posto, come si può vedere i copertina ci sono frammenti colorati e fotografati dai turisti che raccontano la storia, quasi un treno della memoria
Sono dunque testimone di una divisione che a parole non si può comprendere. Non solo una presenza inquietante, come lo sono tutti i muri che ci separano da qualcosa, il muro di Berlino era il fallimento della storia, simbolo di una frattura dell’Europa, la divisione del mondo. E come questo fosse evidente lo percepivi vivendo a Berlino Ovest. Città oramai metropolitana chiusa come una sorta di enorme isola felice, con laghi artificiali, boschi inventanti, moderna e piena di luci, suoni, negozi.
C’era il quartiere turco con i suoi bazar, tappeti, colori rossi e amaranto, c’era quello americano che fece dire a Kennedy Ich bin berlin; poi c’era il muro. La prima volta che lo passai dovetti pagare 30 mila lire, per i diritti di confine, poi il passaporto fu timbrato ma lo ritirai alla fine dei controlli. Dovevo passare camminando di lato in un corridoio stretto ed ero fotografato davanti e da dietro. Come se fossi in una sorta di scanner. L’impressione che mi colse passando dall’altra parte fu il silenzio, un contraccolpo che prende quando si spegne una radio ad alto volume. Poca gente per strada, come se fosse la controra anche se era ancora mattino. La parte est era rimasta integra, coi suoi palazzi austeri dell’impero di Bismark, i suoi teatri, la sua storia. Come nella foto accanto.
Ecco i russi avevano preso la parte più storica della città. I negozi erano uno solo in ogni strada, senza insegne. In vetrina uno stivale indicava l’unico oggetto in vendita. Una volta ebbi anche la possibilità di entrare in una casa, di una coppia che erano dirigenti del Berliner Ensemble; una casa modesta che mi colpì perchè c'erano libri dappertutto come se fosse un patrimonio culturale ristretto in un piccolo spazio. Anche se i due erano sorridenti e cordiali, era stridente il contrasto con l'occidente ed il ruolo di personalità della culltura! Dire che si trattava di una parte del mondo fermo trent’anni addietro non è un eufemismo.
Un ragazzo che conobbi mi raccontava che stava crescendo una gioventù del muro, nel senso che quel superamento era un obiettivo che, nel delirio giovanile, appariva più alla loro portata. Loro erano e furono più concreti rispetto al nostro pessimismo storico. Difatti nel 1989, trent’anni fa il muro cadeva a Berlino, ma era la cortina di ferro in Europa che venne meno.
Il mio resta un ricordo, come di quelle donne che vidi sempre al tramonto vicino al muro; aspettavano i mariti che godevano del permesso di lavoro in occidente, qualcuna però era seduta più dietro aspettava da anni un marito che non era più tornato. Il muro in quel caso era diventato ruffiano e separava le alcove. Ma dopo nacque l’Europa.