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Lunedì, 11 Novembre 2019 00:57

Elezioni spagnole, nuova incertezza: vincono ma calano i socialisti, Vox terzo partito , e ora che si fa?

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Spagna: socialisti in testa. Vola l'ultradestra. Nessuno ha la maggioranza Con il 20% scrutinato Psoe ha 122 seggi, 82 Pp e 46 Vox

Con oltre il 93% dei voti scrutinati in Spagna, i dati delle elezioni confermano i socialisti del Psoe in testa con 122 seggi, seguiti dal Pp con 82 e dall'ultradestra di Vox con 52 seggi. Nessuno ha la maggioranza necessaria per governare. Si conferma il crollo di Ciudadanos che, con 10 seggi indicati, scende al sesto posto fra le formazioni politiche, superato anche da Esquerra Republicana che si assesta al quinto posto con 13 seggi. In calo l'affluenza rispetto al voto dello scorso 28 aprile: alle 14 la partecipazione era del 37,83%, 3,6 punti percentuali in meno rispetto allo stesso dato della scorsa primavera.

C'è ancora più incertezza in Spagna dopo la seconda elezione in un anno. Gli elettori penalizzano i partiti di sinistra, incapaci di formare un esecutivo nei mesi scorsi, ma anche i moderati di Ciudadanos, e si spostano verso i lati più estremi dello spettro politico, premiando la destra nazionalista di Vox e le forze indipendentiste catalane.

I socialisti del PSOE di Sánchez si confermano i malconci vincitori della tornata di novembre con il 28.1% dei voti e 120 seggi al Congresso, con una perdita di tre deputati rispetto ad aprile. È Vox però a soprendere: supera Unidas Podemos e diventa il terzo partito di Spagna, arrivando a piazzare perfino 2 deputati che arrivano dal fortino indipendentista di Barcellona.

La somma dei partiti di destra, Popolare (PP), Vox, Ciudadanos e Navarra Suma ottiene 145 deputati rispetto ai 158 del blocco di sinistra (PSOE, Unidas Podemos y Más País). Con questi numeri, però, nessuna delle due fazioni arriva alla maggioranza assoluta (176 seggi).

Dalle elezioni che avrebbero dovuto portare chiarezza dopo mesi di stallo emerge quindi un quadro ancor più caotico, e i partiti nazionalisti catalani potrebbero essere determinanti per la formazione di un governo a Madrid.

Gli indipendentisti guadagnano terreno grazie all'irruzione della Cup (2 deputati); Erc supera perfino Ciudadanos con 13 seggi e JxCat ottiene 8 rappresentati, per un totale di 23 ambitissimi deputati (senza contare i baschi) in vista delle consultazioni.

Prezzo altissimo poi quello pagato da Ciudadanos, uscito con le ossa rotte. Eppure sei mesi fa il suo leader Albert Rivera si autoproclamava alla guida dell'opposizione. Poi l'eccessiva durezza mostrata sul dossier catalano gli ha tolto potere negoziale e i muri alzati bloccando ogni tentativo di dialogo hanno spaventato l'elettorato più moderato, che ha preferito accordare il suo voto al Pp, partito che sicuramente avrebbe avuto più potere negoziale per sbloccare l'impasse. I popolari, dopo il tonfo storico di aprile, hanno recuperato senza tuttavia arrivare ai 100 seggi in cui sperava Pablo Casado per poter contare in un faccia a faccia con Sanchez.

Partono i festeggiamenti presso la sede di Vox, con il leader Santiago Abascal e il suo numero due Javier Ortega Smith che salutano la folla che in un tripudio di bandiere spagnole. "Siamo la terza forza politica, con 52 deputati" esulta Abascal rivolgendosi alla folla di sostenitori. "Siete stati protagonisti dell'impresa più rapida e folgorante della politica spagnola", ha scandito. "Siamo riusciti ad aprire tutti i dibattiti proibiti", ha continuato. "Oggi - ha detto - si consolida una alternativa patriottica e sociale che chiede l'unità della Spagna". La folla intanto risponde con cori di "Espana unida jamas sarà vencida".

La leader del Rassemblement National francese, Marine Le Pen, si congratula via Twitter con Vox. "Il movimento @vox_es ha realizzato un progresso folgorante in occasione delle elezioni legislative in Spagna", scrive, "Bravo al suo dirigente @Santi_ABASCAL per il suo impressionante lavoro di opposizione, che porta già i suoi frutti dopo soltanto qualche anno!".

"Faccio i complimenti agli amici di Vox che hanno fatto un risultato incredibile: già mi immagino cosa scriveranno domani i giornali". Così il leader della Lega Matteo Salvini a "Non è l'Arena" su La7 dove aggiunge: come loro "io non sono fascista, sono un italiano orgoglioso di esserlo e voglio che in casa mia si entri solo se si ha il permesso".

Queste elezioni sono state convocate poco più di sei mesi dopo la consultazione dello scorso 28 aprile il cui esito non ha reso possibile la formazione di un governo. Si tratta delle quarte elezioni nel Paese in quattro anni. 

Sette mesi dopo le elezioni di aprile 2019, gli spagnoli sono tornati alle urne per cercare di risolvere con il loro voto ciò che i partiti politici non sono riusciti a risolvere al tavolo dei negoziati.

Tuttavia, dopo le elezioni del 10 novembre, i conti ancora non tornano e formare un governo sembra essere un compito ancora più arduo. Si tratta della quarta elezione di fila in cui non viene prodotta una maggioranza: era già capitato nel 2015, nel 2016 e poi ad aprile scorso.

Per ottenere la fiducia al Congresso servono al primo turno 176 voti. Il Psoe, partito vincitore delle elezioni, ha però meno deputati di prima passando da 123 seggi a 120. Poco cambia nei numeri, ma tutto potrebbe cambiare nelle prossime ore. La strada di Sanchez per restare alla Moncloa con una maggioranza chiara appare in salita, ma ormai l'obiettivo - a detta di tutti - è sbloccare l'impasse che dura da troppo tempo. Non è certo un trionfo per i socialisti, anzi. Con l'affluenza in calo e il peso dell'esasperante instabilità degli ultimi sei mesi, la vittoria del Psoe è la conferma, forse l'unica possibile, di cui Sanchez aveva bisogno per provare in qualche modo ad andare avanti.

Ecco con chi potrebbe allearsi.

Coalizione PSOE-PP

Le opzioni per una maggioranza non sono molte: una "grande coalizione" tra socialisti e popolari, PSOE e PP, supererebbe agevolmente i 176 seggi. Ma è un'eventualità decisamente improbabile, visti i precedenti storici e la cultura politica spagnola, scrive Youtrend. L'opzione non è neanche sul tavolo.

Patto tra Iglesias e Sanchez? Mancherebbero 28 seggi per la maggioranza

Un patto tra Psoe (120) e Unidas Podemos (26) è ben lontano dall'ottenere la maggioranza assoluta. Avrebbe bisogno di altri 28 voti per governare, quindi del sostegno di altre forze politiche.

Senza gli indipendentisti

La somma di socialisti (120 seggi), Unidas Podemos (26), il piccolo partito di sinistra, Mas Pais - Compromis (3) assieme al partito Nazionalista Basco (7), Navarra Suma (2), PRC (1) e Coalizione Canaria (3) raggiungerebbe quota 173. Questa opzione, che non include partiti indipendentisti, non otterrebbe la maggioranza.

Con gli indipendentisti

Un patto tra Psoe (120), Unidas Podemos (26), Mas Pais - Compromis (3), Esquerra Republicana (13), Junts Per Cat (8), Bildu (5), CUP (2) farebbe alzare l'asticella fino a 187 seggi, più che sufficienti per governare.

In questa opzione entra in gioco Esquerra repubblicana che ha ottenuto cinque seggi in meno rispetto ai 18 a cui puntava. Secondo gli analisti, era proprio a questa forza che Sánchez guardava per ambire ad una maggioranza di governo.

Il blocco di destra

Neanche con l'ascesa di Vox (52) il blocco di destra potrebbe ambire a governare a causa della rovinosa caduta di Ciudadanos (da 57 a 10 deputati). Il totale dei seggi ottenuti da Vox, Ciudadanos e PP (87) è infatti di 149, 27 in meno di quelli richiesti per una maggioranza qualificata. Neanche i due scranni conquistati da Navarra Suma potrebbero smuovere gli equilibri.

Astensione dei popolari?

Ora i popolari potrebbero astenersi in aula sulla fiducia ad un governo Psoe, lasciando che Sanchez governi, per fargli opposizione e ricostruire in attesa del prossimo voto.

Ma che la Spagna, dopo una così prolungata instabilità, si trovi davanti ad un bivio politico sembra un fatto acclarato, qualsiasi cosa succeda da domani e chiunque entri (o resti) alla Moncloa: dalle urne l'unica cosa chiara che sembra emergere è la necessità di una riflessione sullo stato del sistema politico del paese e soprattutto sull'efficacia della sua legge elettorale.

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