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Domenica, 02 Febbraio 2020 05:49

Diffusione in Cina a macchia d’olio del virus, mentre stiamo in stallo tra angoscia e rassicurazioni

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Un succedersi di eventi, che spaziano tra l’inquietante e il rassicurante. Un virus, che sembra avere un livello di pericolosità molto inferiore se si considera il suo tasso di mortalità, inferiore al 3%, ma anche una capacità notevole di trasmissione, che lo rende difficilmente controllabile in tutta la Cina.

La diffusione è a macchia d’olio: dalla città di Wuhan, ora alla provincia vicina dell’Hubei, che ha 58 milioni di abitanti e sede di importantissime attività economiche. Gli ultimi dati mostrano un ritmo di crescita dei contaminati superiore a quello della SARS che, in un semestre fece 5 mila casi. Questo coronavirus in un mese ne ha fatti ammalare 14 mila,18 mila sospetti, 118 mila sotto osservazione e 292 i morti (dati OMS al 31 gennaio).

Un ruolo oggi criticato è quello dell’OMS che prima convoca una riunione d’urgenza del consiglio, ma non classifica la situazione come pandemia globale. Due giorni fa invece alza il livello di allarme al grado massimo ma, ed ecco la contraddizione, invita gli Stati a non limitare commercio e circolazione di persone.

Ripetiamo che se i dati forniti dai cinesi sui decessi sono giusti la mortalità è intorno al 2%. Fidarsi dei dati forniti? Le prossime settimane ci daranno le risposte, che sembrano mancare.

Ora diventano rilevanti anche i danni economici.Molte banche internazionali stimano l’impatto economico molto maggiore di quello che si ebbe con la SARS. La Provincia dell’Hubei è una delle province più importanti della Cina e sede d’industria e attività finanziarie importanti oltre, che sede d’istituti di ricerca e università. Le misure adottate dal Governo cinese hanno più che dimezzato il numero dei viaggiatori che prendono il treno. Numerose industrie ora chiuse non riapriranno prima del 10 febbraio. Industrie di altri paesi, che avevano delocalizzato la produzione in Cina, sono state evacuate con chiusura a tempo indeterminato. La stima d’impatto economico fatta da banche internazionali quantifica la perdita di PIL cinese, tra l’1 e il 3%. Chiuso il Disney Resort di Shanghai, i casinò di Macao e in campo agricolo il Governo ha vietato commercio, trasporto eallevamento di tutti gli animali. Evidente che ci saranno ricadute in tutto il mondo per questa frenata cinese che potrebbe essere ancora più elevata come valore. Giù i titoli in Borsa soprattutto nel comparto aereo e di quello del lusso. Anche l’Italia avrà ricadute negative sul piano economico se solo si pensa, che il flusso di esportazioni supera i 13 miliardi di euro. I settori colpiti sono quelli della meccanica strumentale, del tessile, dell’abbigliamento e della chimica. Le regioni più colpite, per avere una quota rilevante delle esportazioni verso la Cina, sono la Lombardia, l’Emilia Romagna e la Toscana che insieme incidono per il 56%.

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