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Lunedì, 03 Febbraio 2020 09:22

Green Deal europeo: l'Italia deve prepararsi bene

Written by  Edo Ronchi
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La Commissione Ue ha presentato il Piano di investimenti per il Green Deal europeo per finanziare la transizione alla prima economia “climate-neutral” del mondo entro il 2050 e rendere più ambiziosi gli obiettivi al 2030, affrontando questa sfida come opportunità per un nuovo modello di sviluppo.

Il Piano punta a mobilitare almeno 1.000 miliardi di investimenti entro il prossimo decennio: la maggior parte sarà basata sul riorientamento di fondi già iscritti a bilancio, quelli strutturali e quelli per l’agricoltura, ma saranno attivati anche nuovi meccanismi, coinvolgendo la Banca Europea degli Investimenti e il settore privato.

Da segnalare, in particolare, il “Just Transition Mechanism” che dovrebbe mobilitare almeno 100 miliardi nel periodo 2021-2027, per supportare questa transizione  nelle zone e nelle attività più legate ai combustibili fossili. La sfida epocale del cambiamento climatico sta diventando l’anima di un grande progetto che da nuovo senso e valore all’Europa: un progetto che dovrà superare ancora  ostacoli impegnativi.

Come quelli alzati dai piccoli sovranismi: i governi di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, in compagnia con diverse forze politiche presenti in vari altri Paesi europei oltre a essere euroscettici, frenano le misure avanzate per il clima, quando non le osteggiano apertamente.

Un Green Deal di questa portata rivitalizzerà anche il confronto politico sul futuro dell’Europa. Compreso quello sui suoi assetti istituzionali. Un Green Deal non può prescindere, per esempio, dalla fiscalità: non è compatibile né con la permanenza di incentivi ai combustibili fossili, né con emissioni gratuite di gas serra.

Andrebbe quindi supportato con meccanismi, socialmente equi, di carbon tax interni e di border carbon tax sulle importazioni ad alto contenuto di carbonio. La materia fiscale, tuttavia, per essere affrontata a livello europeo richiede oggi  l’unanimità dei Paesi membri: risulta quindi o sostanzialmente preclusa o gestibile solo in forme deboli, indirette e di indirizzo. Prima o poi – si spera al più resto – si dovranno fare i conti col fatto che un Green Deal europeo, per poter funzionare con l’efficacia e la portata necessarie, richiede adeguamenti anche dei meccanismi istituzionali.

Per l’Italia il Piano di investimenti per il Green Deal europeo potrebbe rappresentare una straordinaria occasione non solo per smuovere e dare maggiore consistenza alle sue iniziative per il clima, ma per rilanciare il suo sviluppo e contrastare un processo di declino in corso da anni.

Il Piano europeo non è una marea che solleva automaticamente, allo stesso modo tutte le barche: vi saranno coloro – Paesi, ma anche territori e settori – che si faranno trovare pronti e più capaci di trarne benefici – per l’innovazione tecnologica, lo sviluppo degli investimenti e nuova occupazione – e quelli che resteranno in coda, incapaci di cogliere questa storica opportunità.

Oltre a sostenere e contribuire a rafforzare l’operatività del Green Deal europeo, l’Italia farebbe bene ad affrontare due nodi: definire un proprio quadro strategico coerente, con un target aggiornato del taglio delle emissioni di gas serra almeno del 50% al 2030, articolato per i principali settori coinvolti; far partire un pacchetto di misure e di progetti per incrementare le risorse finanziarie rese disponibili dal nuovo Piano europeo e per poterle  impiegare, in modo efficace e ampio.

Il nuovo vento europeo sarà favorevole per chi va nella stessa direzione. Per spendere la consistente massa di nuove  risorse finanziare rese disponibili servono iniziative adeguate, che vanno preparate  e tecnicamente supportate, non solo del governo, ma delle Regioni, dei Comuni e delle imprese.

Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 17/01/2020

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