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Martedì, 18 Febbraio 2020 07:08

Il 29 marzo si vota per ridurre i parlamentari, ma chi lo sa?

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Una cosa è certa, il 29 marzo siamo chiamati alle urne per il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari, ma la politica pensa ad altro.

Se leggiamo le news degli 5 giorni a cavallo del week end tutti gli occhi sono puntati sul cavallo fiorentino che è ancora giovane per uscire di scena, ma ha fatto già troppi danni per non meritarlo, a detta dei suoi ex compagni.

Ma tornando al referendum - voluto dai 5 stelle da sempre -, e ora fatto proprio dal patto fondante della nuova maggioranza, non se ne parla anche perché poco coinvolge la casta politica perché di un taglio si tratta.

L’altra motivazione di interesse per un referendum costituzionale è che, a differenza di quelli abrogativi di leggi, non prevede un quorum, quindi basta che i voti favorevoli superino quelli sfavorevoli. Non c’è la corsa ad accaparrarsi voti dunque. Anche se nel 2016, anno in cui la maggioranza del Paese respinse al mittente fiorentino la proposta di legge costituzionale Renzi/Boschi, Il 65% degli elettori si recò alle urne e i voti contrari superano il 59% delle preferenze espresse.

La consultazione popolare per la conferma o meno della riforma che taglia il numero dei parlamentari dagli attuali 945 complessivi a 600 totali (200 senatori e 400 deputati). Come prevede la Costituzione, "la legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi". Il Capo dello Stato promulga la legge. In caso contrario, è come se la legge stessa non avesse mai visto la luce e l'esito della consultazione viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

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