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Sabato, 07 Marzo 2020 06:45

Accordo ex Ilva, Legambiente: "Tra bizantinismi e passi indietro si continua a menare il can per … l’A.I.A."

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Nell'accordo tra Governo e Mittal, per quello che abbiamo potuto leggere nell'istanza dei Commissari di Ilva in AS e in attesa di poter esaminare il testo integrale, si indica che, a fronte del nuovo Piano Industriale, sarà necessaria "la modifica e/o integrazione del Piano Ambientale coerentemente con il nuovo Piano Industriale. La nuova AIA dovrà includere un parere favorevole di compatibilità ambientale e, ove richiesto, un parere favorevole di compatibilità sanitaria oppure l'esito positivo di una procedura di valutazione del danno sanitario".



Ove richiesto? Da chi? Da Mittal? Dal Ministro per l'Ambiente? Dal Sindaco di Taranto?
Un parere favorevole? E chi lo dovrà rilasciare?
Valutazione del danno sanitario? Preventiva o a posteriori?

Bizantinismi, termini vaghi, aperti a mille interpretazioni. Da nessuna parte viene chiaramente specificata l'obbligatorietà di effettuare una valutazione preventiva dell'impatto ambientale e sanitario, valutazione peraltro posta a base del riesame dell'attuale AIA annunciato a maggio dell'anno scorso dal Ministro dell'Ambiente Costa e finito su un binario morto. Un grosso passo indietro.

Non solo: si specifica che il completamento degli interventi AIA è previsto nell'ambito del Nuovo Piano Industriale (2020-2025). Indicazione ambigua che configura la possibilità di uno slittamento delle tempistiche relative agli interventi disciplinati dall'attuale Piano Ambientale. Interventi già sottoposti, negli anni passati, ad una incredibile serie di slittamenti e proroghe. Nell'accordo poi non si fa riferimento alcuno ad un Piano di manutenzioni straordinarie che alla luce dei continui incidenti appare invece indispensabile, ed ad una determinazione dei suoi costi.
Forte è il rischio di un 2020 di stallo, in cui l'azienda tiri a campare, a investire il meno possibile sia in interventi previsti dal Piano Ambientale che in manutenzioni, per ridurre il peso delle perdite che, per l'anno in corso, rimarranno a suo carico.

Come già per il Piano Ambientale in essere, Legambiente ritiene inaccettabile una nuova AIA che non sia fondata sulla valutazione preventiva dell'impatto ambientale e sanitario - riferita sia agli attuali scenari emissivi che a quelli conseguenti alla piena attuazione dell'AIA - che determini, a priori, quanto acciaio si possa produrre senza rischi inaccettabili per la salute, sia che, al termine dei prossimi 9 mesi, ci siano ancora i Mittal, sia che, come in un gioco dell'oca, si sia tornati al punto di partenza.

Ribadiamo la assoluta necessità ed urgenza di una valutazione che consideri e valuti anche le attuali emissioni inquinanti per determinare se e quanto si può produrre con gli attuali impianti, prima del completamento degli interventi previsti dal Piano Ambientale, senza ledere il diritto alla salute dei cittadini di Taranto. Senza queste premesse la tutela della salute resta di fatto affidata alle ipotesi di chiusura dell'area a caldo o dell'intero stabilimento. Si convinca di questo anche quella parte del mondo sindacale che guarda con diffidenza allo strumento della VIIAS (la valutazione integrata preventiva dell'impatto ambientale e sanitario) che, per noi, resta la bussola cui affidarsi.

Nell'accordo, per quanto indicato nell'istanza dei Commissari di Ilva in AS, si fa riferimento ad un nuovo piano industriale indicando che lo stesso prevede: utilizzo di preridotto, realizzazione di forno elettrico, rifacimento dell'altoforno AFO5 da avviare subito, livello di produzione a regime pari a 8 milioni di tonnellate di acciaio.
Detto così, più che un piano sembra uno schizzo, un'intesa di massima che lascia indefinito quanto acciaio si produrrà in modo tradizionale, col ciclo integrale basato su carbone, cokerie, agglomerato, cioè con gli impianti più inquinanti. Diverse, e molto più dettagliate, sono state le anticipazioni fornite dagli organi d'informazione che hanno fatto riferimento – tra l'altro - a due forni elettrici da cui deriverebbe una produzione di 2,5 milioni di tonnellate di acciaio, alla chiusura di una linea dell'agglomerato, di alcune cokerie, di due altoforni. Non sono dettagli di poco conto, ma elementi essenziali per comprendere quanti passi ci si prefigge di fare davvero sulla strada di una preannunciata graduale decarbonizzazione. Non vorremmo che la montagna partorisse alla fine un topolino.

"Menare il can per l'aia", significa "Mandare le cose in lungo per non venirne a conclusione". E' inevitabile pensarlo in merito ad un accordo che, a fronte di tante indeterminatezze, specifica però bene la somma - 500 milioni di euro - che Arcelor Mittal dovrà versare in caso di recesso e la data, il 31 dicembre 2020, entro cui potrà scegliere di restituire l'azienda ai Commissari di Ilva in AS.(fonte legambiente Taranto) 

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