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Venerdì, 13 Marzo 2020 02:52

Pandemia e corsa ai vaccini bruciando tempi

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La dichiarazione di pandemia da parte di OMS produce anche un effetto che riguarda la sperimentazione dei vaccini. Sono 116 i paesi interessati al virus con 126.431 casi, 4641 morti (dati di questa mattina). Nel nostro Paese sono 15.113 i soggetti positivi e 1016 i morti.

La situazione e il rischio di contaminazione globale ha ulteriormente accelerato la corsa ai vaccini. Sembra che la dichiarazione di pandemia produca come effetto quello di “aggirare” i trial clinici. Si definisce Trial Clinico la sperimentazione di un trattamento di un vaccino tesa a verificare se, per efficacia e sicurezza, il prodotto sia idoneo all’uso nell’uomo. In un trial clinico il prodotto in studio viene somministrato sotto stretto controllo medico, al fine di osservare se esso può essere nocivo, se ha o meno effetti collaterali, se è efficace e in quale misura lo sia, nel contrastare o prevenire l’insorgenza della malattia che ne costituisce l’indicazione nonché quali siano i dosaggi e i regimi di trattamento più adeguati. La sperimentazione clinica di un nuovo vaccino consta di 3 fasi successive, definite convenzionalmente fasi I, II e III.

La fase clinica della sperimentazione è sempre preceduta da una fase detta pre-clinica, con la quale, prima della somministrazione all’uomo, il trattamento viene studiato in laboratorio (anche su modello animale), al fine di approfondirne la conoscenza dei profili chimico, fisico e farmacologico e di valutare di conseguenza l’opportunità di procedere al delicato passaggio dell’assunzione della sostanza stessa da parte dell’uomo (ISS). Sembra che sia possibile l’abbreviazione dei tempi. E’ noto che i vaccini contengono microrganismi, virus o batteri, contro cui proteggono in una forma indebolita (attenuata) o completamente inattivata. In altri casi posso contenere solo alcune componenti del microrganismo, chiamate tecnicamente antigeni. Le modalità di “costruzione” dei vaccini variano pertanto da preparato a preparato. Vaccino che deve essere sicuro, tollerabile, efficace nel dare una buona risposta immunitaria e quindi proteggere contro la malattia per cui ci si vaccina. Sono a conoscenza della messa a punto di 4 vaccini in Inghilterra, Stati Uniti, Israele e Australia.

Io vorrei parlare solo di quello messo a punto, sotto la direzione di un autorevolissimo scienziato italiano il Prof. Ruoppolo, che ha lavorato alla Rockefeller University di New York ed alla Harvard Medical School di Boston. La società per la quale il Prof Ruoppolo lavora la GSK ha annunciato di mettere a disposizione le sue tecnologie innovative già usate per l’influenza aviaria e la SARS. Tecnologie che permettono di ridurre i tempi per la messa a punto del vaccino. La strategia proposto da Ruoppolo è quella di integrare con un adiuvante il vaccino, fondato sulla proteina del virus. L’adiuvante agevola la risposta immunitaria Solo la GSK possiede l’adiuvante per l’uomo. Il Prof Ruoppolo rispetto ai tempi afferma che ci vuole un minimo di un anno. Chiaro quindi che, in presenza di un virus sconosciuto, di un vaccino che arriverà non prima di un anno e di antivirali che si stanno sperimentando. Il Tocilizumab al Pascale di Napoli che ha bloccato la più temibile complicazione del virus cioè la polmonite interstiziale bilaterale. Allo Spallanzani: due antivirali usati per HIV Lopinar + Ritonavir sembrano efficaci. A Padova sperimentato Remdesivir. La Cina usa interferone 2 B prodotto a Cuba. E’ un antitumorale che aiuta il sistema immunitario a combattere i virus e ridurre la loro riproduzione. L’unica arma che abbiamo sono le norme di comportamento!! Il nostro tasso di mortalità oggi (15.113 contaminati e 1016 morti) è del 6,6%!   Quello globale registrato da OMS è del 3,4% e quello sudcoreano minore dell’1%. Perché? Di certo perché abbiamo un 23% della popolazione ultra sessantacinquenne ma questa da sola non spiega questi tassi di mortalità.

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