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Martedì, 24 Marzo 2020 06:09

Coronavirus: il punto di vista dell’avv. Antonfrancesco Venturini, vicepresidente dei Popolari per l’Italia- PPE.

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Agora intervista l'avv. Antonfrancesco Venturini sul difficiile momento che attraversa il Paese, in queste settimane cruciali per la sconfitta del virus che sta mettendo in ginocchio l'intero pianeta

Avvocato il momento è veramente difficile, qual è il suo primo pensiero?

“Certamente è alle persone che hanno perso la vita ed alle loro famiglie che, nella maggior parte dei casi, neppure sono potute stare vicino ai propri cari. E’ evidente che siamo in una condizione di guerra contro un nemico invisibile e le vere parole d’ordine per le Istituzioni devo essere incisività e velocità. Ogni giorno perso è devastante sia per l’emergenza sanitaria che per quella economica. Le misure contenitive messe in campo devono essere rispettate e sono realmente l’unica difesa per fermare i contagi, dare respiro al nostro Servizio Sanitario Nazionale e consentire alla ricerca di avere il tempo necessario per mettere a punto un vaccino. Mai come ora è imperativo che ognuno di noi si senta parte della comunità nazionale e dia il proprio contributo, da chi è in prima linea, come l’eroico personale medico ed infermieristico, le forze dell’ordine, i farmacisti, il personale dei supermercati e dei negozi di prima necessità, i trasportatori e tanti altri che lavorano nei servizi essenziali, sino all’ultimo cittadino che con il suo comportamento può contribuire a fermare la pandemia o procurare altri morti. Sono certo che ne usciremo e ne usciremo più forti e migliori di prima, ma ognuno di noi deve fare la propria parte e non vorrei che ci illudessimo che tutto finirà in una o due settimane. E’ probabile che il tutto durerà ben di più e che le misure contenitive dovranno essere solo gradatamente abbandonate. I nostri esperti hanno sviluppato una proiezione che pronosticherebbe l’azzeramento dei positivi in Italia a metà giugno, sono, ovviamente, mere ipotesi sia pur basate su proiezioni di dati reali.”

E la situazione internazionale?

“Abbiamo visto che la Cina ha reagito con immediatezza e durezza, il che ha consentito i risultati che conosciamo, l’Africa mi preoccupa molto perché se ne sa effettivamente poco ed i flussi migratori sono sempre alle porte e vanno fermati, la Russia sembra immune, ma qualche perplessità l’avrei, gli Stati Uniti hanno compreso la gravità della situazione e stanno approntando le misure, ma l’Europa? Ecco l’Europa mi interessa molto di più.

Questo sarà il vero banco di prova dell’UE e delle proprie istituzioni, da europeo, ma ancor prima da italiano, penso che se riusciremo, come spero, ad unirci tutti nell’interesse comune, mettendo da parte singoli interessi particolari, nella lotta all’emergenza sanitaria ed economica si farà un vero salto in avanti che spingerà finalmente ad avere una reale Europa dei popoli il cui prossimo passo sarà costituire una vera e propria confederazione e non un semplice regolatore dei mercati con lacci e lacciuoli, nel quale il più forte detta legge e la burocrazia e la finanza fanno da padroni. Una confederazione che, mantenendo e rispettando le singole sovranità nazionali, nonché applicando il principio di sussidiarietà, abbia compiti di unificazione in campo economico, della difesa e di politica internazionale. L’Europa o sarà unita o non sarà ed il nostro Paese ha tutti i fondamentali per essere vero protagonista e non subalterno a chicchessia, lo abbiamo dimostrato in questa emergenza nella quale siamo stati pionieri nel nostro continente, sia pur con le incertezze ed i provvedimenti a singhiozzo a cui ci ha abituati questo governo, e tutti ora seguono il nostro esempio. Certo le prime reazioni dell’UE e della BCE sono state, per usare un eufemismo, tutt’altro che soddisfacenti ed assolutamente devastanti sono state le iniziali dichiarazioni della sig.ra Lagarde, che hanno giustamente sollevato un coro di feroci critiche e che, vista l’autorevolezza del personaggio, non possono essere considerate una semplice gaffe. Ma un cambio di rotta appare all’orizzonte. Forse perché non è più solo un problema nostro? Non voglio essere polemico, ma certamente la drammatica situazione mondiale farà capire a tutti, ma proprio a tutti, che ormai viviamo in un mondo globalizzato ed il vero interesse nazionale è quello di tutelare i propri cittadini rapportandosi con temi e problemi, come l’economia internazionale, le emergenze sanitarie ed umanitarie, la difesa, l’ambiente e l’immigrazione di massa, che possono essere affrontati solo con la collaborazione di tutti. Questa crisi ha messo a nudo la inadeguatezza dell’odierna architettura delle istituzioni europee, in relazione alle quali i temi della solidarietà e della sussidiarietà, tanto cari a noi popolari, sono apparsi fino ad oggi tutt’altro che al centro dell’agenda. Sono convinto che, passata la fase di emergenza, gli equilibri mondiali ed europei cambieranno, il vecchio asse franco-tedesco sembrerà preistoria, e ci affacceremo verso una nuova era nella quale solo se vi sarà o meno la buona volontà e buona fede di tutti si potrà realizzare un grande sogno o un incubo. Ciò di cui noi abbiamo bisogno in Europa è affrontare i temi reali e concreti, per una difesa comune, per una politica estera comune, per una immigrazione sicura e produttiva che non dia solo i pesi a qualcuno ed i vantaggi ad altri, per una più semplice effettiva erogazione dei fondi europei alle aziende ed al terzo settore, per la valorizzazione delle eccellenze italiane e del made in Italy, insomma per uno sviluppo ed un progresso vero che ponga sempre al centro la persona e non la finanza, che consenta ai giovani di sposarsi e fare figli, a tutti di avere un tetto sopra la testa, agli imprenditori di implementare i propri affari ed ampliare i mercati, ai professionisti di svolgere le proprie attività, così fondamentali per l’intera società, in tutta serenità, ai pensionati di vivere la terza e la quarta età senza preoccupazioni.”

Torniamo nuovamente al nostro Paese ed in particolare agli aspetti economici, si sta facendo abbastanza?

“Ribadisco che le parole d’ordine devono essere incisività e velocità, il sistema economico non può aspettare e bisogna creare immediatamente, e ribadisco immediatamente, liquidità per le imprese, i professionisti, gli artigiani, insomma per tutte le partite Iva dalle micro alle macro. Anche qui la tempistica è fondamentale, se non si agisce subito rischiamo che a giugno molte attività saranno chiuse definitivamente. Purtroppo, per utilizzare un azzeccato paragone sanitario, che riprendo da un recente azzeccato intervento del Presidente di Confassociazioni, siamo in presenza di un infarto che uccide se non si interviene nel giro di pochi minuti e non di un tumore che ci mette tempo ad attaccare gli organi vitali, per cui le cure possono essere attuate anche in diverse fasi successive. La crisi attuale è direttamente devastante su imprese e lavoratori, il che è molto diverso rispetto alle crisi finanziarie che fino ad oggi abbiamo conosciuto e che ci mettono tempo a spiegare i propri effetti sull’economia reale e sui singoli. Sotto questo aspetto il c.d. decreto cura Italia mi sembra assolutamente insufficiente e lascia fuori intere categorie, fa qualche timido intervento economico, rinvia di poco pagamenti ed adempimenti, insomma è tutt’altro che risolutivo. Mi preoccupa, inoltre, una particolare concentrazione di poteri sugli organi governativi, dettata, certo, dall’emergenza, ma che comunque conferisce ad essi una discrezionalità tale da comportare pericolo di autoritarismo, per cui sarei stato molto più tranquillo se si fosse optato per una soluzione di un governo d’emergenza di unità nazionale dove il controllo interno avrebbe garantito maggiore trasparenza. Peraltro appare messo in totale secondo piano il Parlamento, il che è un pericoloso percorso verso i c.d. “pieni poteri”.”

Quali sono le categorie dimenticate o più a rischio?

“La crisi è talmente ampia da rendere difficile una risposta, certamente i comparti del turismo, dello spettacolo e dei trasporti, sono tra i primi colpiti, ma non tanto da meno sono le professioni, in particolare, ad esempio, noi avvocati siamo stati completamente dimenticati, con il giusto blocco delle udienze e dell’attività giudiziaria molti studi chiuderanno e verranno meno quei presidi di legalità sul territorio necessari per garantire la dovuta tutela dei diritti dei cittadini. Addirittura anche i medici, come tutte le professioni ordinistiche, sono stati lasciati fuori da alcuni aiuti. Altri esempi sono evidenti, i teatri sono sull’orlo della scomparsa, già la loro sopravvivenza è stata messa a dura prova dalla stretta sui contributi pubblici, di certo la chiusura forzata durante la primavera comporterà sostanzialmente la fine della stagione, che arriva a maggio, e si potrà riprendere solo ad ottobre, ma quanti resisteranno? Un ulteriore grido di dolore mi è pervenuto, proprio in questi giorni, dagli istituti di vigilanza che, anch’essi, reclamano, giustamente, provvedimenti urgenti, lamentando problemi nel reperimento dei mezzi di difesa individuale (come mascherine e guanti), paralisi dei flussi di cassa, rigidità sulle regole del DURC, esclusione dai rinvii dei pagamenti per le aziende che fatturano più di due milioni di euro, insomma scarsa attenzione alle loro problematiche, pur essendo un comparto con decine di migliaia di dipendenti che, peraltro, potrebbe fornire supporto alle forze dell’ordine in caso di criticità. Per non parlare delle guide turistiche, delle palestre e dei circoli sportivi, e potrei continuare a lungo.”

Possiamo aspettarci una ripresa in tempi brevi?

“Già prima del virus era in corso un cambiamento d’epoca, a seguito del crollo del muro di Berino, dell’attentato alle Torri Gemelle ed alla crisi del 2008, oggi credo che la pandemia darà un’accelerata a tutto ciò. Il blocco forzato ci sta facendo riscoprire quello che veramente conta, stiamo rivalutando i rapporti familiari, il senso di comunità, insomma quanto rientra nella mia cultura popolare e credo che tutto ciò, in una sorta di resilienza collettiva, comporterà un salto migliorativo per la nostra società e consentirà di riempire quel gap che ancora esiste tra le straordinarie evoluzioni tecnologiche che corrono veloci ed i valori umani di base, che troppo spesso ci sfuggono. Se sapremo mettere bene a frutto questa grande esperienza umana che la prova che stiamo affrontando ci sta fornendo, sono certo che avverrà non solo la ripresa economica, che un grande Paese come il nostro, con una storia e fondamentali che non hanno pari, è in grado di realizzare, ma un nuovo rinascimento valoriale che riscoprirà le basi della nostra tradizione occidentale. Dobbiamo, però, agire tutti in sinergia e con tempi strettissimi, per questo sollecito il Governo ad interventi più coraggiosi ed incisivi, ma soprattutto immediati, non tanto sulle politiche di contenimento del virus, perché molto, sia pur tardivamente e con tante incertezze, si sta facendo, ma sugli interventi economici perché se non si immette immediatamente liquidità nelle tasche degli italiani che producono, il rischio di una recessione, forse irreversibile, è dietro l’angolo.”

Per finire, come giudica il recentissimo blocco attuato con il DPCM del 22 marzo?

“Ritengo assolutamente giusto fermare, per un breve periodo di tempo, tutto quanto non necessario, quello che mi ha colpito negativamente sono state la tardività del provvedimento e, soprattutto, le modalità di comunicazione. Per me è inconcepibile che venga utilizzato uno strumento come Facebook, ma soprattutto ha dato a me, ma ritengo a molti, un senso di angoscia ed insicurezza il fatto che il Presidente del Consiglio, in tutta solitudine, abbia dato notizie ferali a mezzanotte di sabato mandando gli italiani a dormire (per chi è riuscito a dormire) con un messaggio che, nonostante le parole apparentemente rassicuranti, tutti noi abbiamo percepito come di allarme. Il tutto aggravato dal fatto che il provvedimento non era stato ancora definitivamente redatto, per cui si è dovuto attendere quasi tutta la domenica perché fosse stilato nella versione finale e pubblicato. Tutto ciò mi è sembrato quanto meno inopportuno, anche perché trasmesso con molto ritardo rispetto all’orario preannunciato. Meglio e più rassicurante sarebbe stato attendere a fare annunci e realizzare la dovuta comunicazione, con una conferenza stampa, subito dopo la firma del decreto, spiegando e commentando il provvedimento nello specifico. Comprendo la delicatezza del momento e la difficoltà di prendere decisioni, ma le modalità utilizzate non le ho proprio condivise.”

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