Tra 20 giorni, infatti, saremo chiamati ad esprimerci in un referendum confermativo per il quale non è previsto il raggiungimento del quorum.
Il 20 e 21 settembre, in concomitanza con le elezioni regionali, si svolgerà dunque la consultazione il cui quesito recita così:
«Approvate il testo della Legge Costituzionale concernente “Modifiche degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – Serie generale – n. 240 del 12 ottobre 2019?».
Chi vota “sì” sostiene il taglio del numero dei parlamentari, chi vota “no” è per mantenere il numero attuale. Nel dettaglio significa che i deputati alla Camera si ridurranno da 630 a 400, i senatori da 315 a 200. In percentuale significa un taglio del 36,5 per cento dei componenti di entrambi i rami del Parlamento: 345 politici in meno.
Il nostro editore e direttore di Agorà Magazine Umberto Calabrese si è schierato per la quarta volta in difesa della Costituzione italiana e della Democrazia rappresentativa dichiarando Io voto NO! E si per la quarta volta i partiti chiamano a Referendum il Popolo Sovrano per scegliere con un Sì o con un NO, tutte e quattro i referendum costituzionali hanno avuto come oggetto il taglio dei parlamentari, per tre volte gli italiani hanno detto No! vediamo cosa succede il 20 - 21 settembre 2020. Ma vediamo perché Calabrese è per il NO: Io voto No: Perché il taglio dei parlamentari è contro la Sovranità del Popolo sancita dalla Costituzione italiana che fissa il numero dei Parlamentari. I partiti sono tutti d'accordo perché con il taglio dei parlamentari avranno più Potere. Quel potere che la Costituzione gli nega ed attribuisce al Popolo Sovrano. Meno parlamentari più potere ai Partiti. Con collegi elettorali più grandi il parlamentare sarà solo riconoscente al Partito e no ai suoi elettori. La Costituzione italiana non a caso ha determinato un numero di parlamentari, per tutelare il Popolo e no i partiti. Con il taglio dei parlamentari gli eletti saranno schiavi del Partito e no rappresentanti del Popolo Sovrano - continua Calabrese - Votano per il Sì al taglio dei parlamentari tutti i partiti in ordine del voto parlamentare: M5S, Lega, FdI, FI, PD. Domandati perché i partiti votano Sì al taglio dei parlamentari? Siamo noi cittadini che votiamo NO e difendiamo la Costituzione italiana che non da Potere ai Partiti ma la da solo al Popolo Sovrano
Pier Ferdinando Casini si schiera per il NO!: Capisco la ragione per cui i 5 Stelle ritengono prioritario l'obiettivo della riduzione del numero dei parlamentari: lo fanno per una ragione simbolica evidente, anche se tutto l'impianto antipolitico che avevano costruito è stato smantellato da loro stessi (basti pensare al limite dei mandati).
Questa però non è una riforma, ma una finzione e la Costituzione è una cosa seria che non può essere abbattuta a colpi di piccone per compiacere campagne demagogiche. Ho votato No in Parlamento più volte e constato con soddisfazione che oggi i ripensamenti si moltiplicano.
Questo Parlamento ridotto non funzionerà e interi territori saranno privati della rappresentanza.
Per questo la prevedibile vittoria del Sì non può oscurare le ragioni ideali e politiche di tante motivate perplessità costituzionali.
Vicky Amendolia giornalista - Per tutti gli amici che mi chiedono perché sono per il NO:
il nostro sistema costituzionale è il più invidiato del mondo in quanto democrazia e rappresentatività territoriale (ancora di più prima che si facessero degli assurdi cambiamenti), dunque, anche per il sistema parlamentare che abbiamo. Quando si diminuisce il numero dei deputati, si diminuisce il potere che il popolo può esercitare nelle decisioni e reputo grave che siano state eliminate le preferenze inibendo così la possibilità alla gente di essere essa a scegliere la persona da cui si sentirebbe rappresentata. Tra l'altro il cosiddetto "risparmio" sarebbe una goccia nell'oceano, rispetto al bilancio di uno Stato... Per "risparmiare" facciamo una bella dittatura? Certo, con un solo soggetto che decide i destini del popolo (alias dittatore) si risparmierebbero soldi, ma a che prezzo? Secondo voi perché Mussolini abolì la Camera dei deputati, al culmine di un processo di revisione costituzionale, iniziato fin dal 1925? Siamo sulla buona strada... e i soggetti che aspirano a una dittatura sarebbero il peggio del peggio, se è mai possibile.
Quali risparmi?
La riforma è uno dei cavalli di battaglia dei grillini che della “lotta alla casta” e ai “costi della politica” hanno sempre fatto un loro cavallo di battaglia. Da anni si parla di questo taglio e tutti i maggiori partiti si sono pronunciati a favore. Anche per il clima che c’è oggi nel Paese il risultato pare scontato con una netta vittoria del “sì”.
Se è senz’altro vero che la nostra classe politica lascia molto a desiderare, è anche vero che non è riducendone il numero che, automaticamente, si innalzerà il loro livello qualitativo. Così come irrisori sono i cosiddetti “risparmi” che un’operazione del genere comporterebbe che riguarderebbe solo gli eletti, ma non la macchina per far funzionare il parlamento.
Lo ha spiegato bene Adriano Biondi su Fanpage: «Uno dei cavalli di battaglia dei proponenti è il risparmio dei costi per le casse dello Stato che sarebbe determinato dall’approvazione della riforma. Anche qui però le cifre sparate un po’ ovunque (Di Maio parla di 500 milioni a legislatura) non sembrano molto precise. Il senatore di Forza Italia Malan ha calcolato che il risparmio complessivo determinato dal taglio dei parlamentari sarebbe di 61 milioni l’anno, cifra simile a quella calcolata per la riforma Renzi – Boschi, stimata in 50 milioni l’anno. In effetti, la riforma non incide né sul personale, né sulle spese correnti di funzionamento delle Camere, né sui trattamenti previdenziali (almeno non nel breve termine), dunque il semplice taglio dei parlamentari determinerebbe risparmi sulla quota per indennità, spese per l’esercizio del mandato e rimborsi spese di senatori e deputati. Una cifra minima rispetto ai circa 975 milioni di costo della Camera dei deputati e ai 550 circa di costo del Senato. Questo perché la mera riduzione del numero di parlamentari non è affiancata dalla revisione dei processi e delle strutture che determinano la spesa maggiore per le casse dello Stato e non è da escludere che, per gestire una mole di lavoro maggiore e spostamenti più ampi, il costo per singolo parlamentare post riforma possa aumentare».
Va anche notato che il solo costo del referendum si aggirerà intorno ai 300 milioni di euro.
Numero deputati in rapporto alla popolazione
Esiste poi un problema che riguarda la rappresentanza. Se vincesse il “sì”, l’Italia diventerebbe il Paese all’interno dell’Unione Europea con il minor numero di deputati in rapporto alla popolazione: 0,7 ogni 100.000 abitanti, meno ancora della Spagna che attualmente ne ha 0,8 ogni 100.000 abitanti. La nostra situazione attuale (1 ogni 100.000) non è diversa da quella di altri paesi, anzi, siamo in linea con i “migliori”. In Francia e Germania, per dire, il rapporto è 0,9.
Con il taglio, al Senato, i collegi uninominali avranno una dimensione media superiore agli 800.000 elettori, alla Camera di oltre 400.000. Facile previsione: in campagna elettorale ci si concentrerà sulle aree densamente abitate, evitando di perdere tempo e risorse nelle zone meno popolose.
Inoltre, come è stato notato da più parti, alcune regioni saranno fortemente penalizzate: Basilicata e Umbria perderanno oltre la metà (60 per cento) dei senatori. In genere, saranno penalizzate le regioni medio-piccole(Trentino Alto Adige, Friuli, Liguria, Marche, Abruzzo, Calabria, Sardegna).
I furbetti dell’antipolitica
Se i risparmi sono risibili ed esiste il problema della rappresentanza, almeno, come dicono alcuni, possiamo sperare che questo taglio avvii un processo che snellisca e velocizzi le procedure all’interno delle Camere? Non la pensa così Giorgio Mulè (Fi) che l’altro giorno in una lettera al Foglio ha spiegato che «le leggi non si fanno non perché i parlamentari sono tanti, ma perché non sono messi in condizione di farle». Così come il deputato Antonio Palmieri (sempre Fi, sempre in una lettera al Foglio) ha condensato in una frase la “questione politica” che sta sotto a questo referendum: “Il taglio secco del numero dei parlamentari è solamente un misero bonus da furbetti dell’antipolitica, che non rende più efficiente la nostra democrazia, non avvicina di più i cittadini alle istituzioni né migliora la qualità della rappresentanza, proprio perché è privo di tutto il resto, cioè della riforma costituzionale delle istituzioni. Come lei sa bene, il taglio dei parlamentari da un lato è la scadente eredità del precedente governo e dall’altro è la prova d’amore chiesta dai Cinque stelle e concessa dal Pd e dal resto della sinistra per far nascere il governo Conte bis”.
Italiani all'Estero
“taglio dei parlamentari” che ha ridotto anche gli eletti nelle Circoscrizioni Estere. I rappresentanti degli italiani residenti all’estero passano quindi da 12 a 8 per la Camera e da 6 a 4 per il Senato.
Partiamo da un dato statistico: gli italiani residenti all’estero sono più di 5 milioni. In base al (nuovo) numero di deputati e senatori eletti questo significa che ognuno di essi dovrà rappresentare più di 400.000 cittadini presso le Istituzioni, tre volte tanto ogni parlamentare “italiano”.
E non si tratta di persone che vivono nella stessa città o nazione, ma sparsi ovunque tra i continenti, con situazioni e bisogni completamente diversi gli uni dagli altri. Il risultato è che quasi sempre gli eletti provengono dalle comunità più numerose, mentre quelle più piccole – come Vienna – non vengono rappresentante adeguatamente.
Il punto su cui riflettere è come lo Stato italiano – se ritiene che i suoi cittadini all’estero debbano avere gli stessi diritti di quelli in Italia – possa offrire una adeguata rappresentanza in tutto il mondo. Qualcuno dirà che sarebbe proprio il compito del Comites (e del CGIE), ma nei Paesi dove non è presente – come in Austria – viene a mancare un diritto fondamentale che lo Stato dovrebbe secondo noi in qualche modo colmare. Per non parlare dell'America Latina dove vive la maggioranza degli italiani all'Estero che con il taglio avranno solo 2 deputati e 1 senatore per rappresentare oltre 3 milioni di italiani di Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Ecuador, Paraguay, Perù, Uruguay, Venezuela.