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Martedì, 12 Luglio 2016 16:46

Le valigie di Auschwitz di Daniela Palumbo

Written by  Cosimo Rodia
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è un libro realisticamente feroce, come feroce è stata la follia umana nel perseguitare e sterminare sei milioni di ebrei.

Un romanzo uscito nel 2011 (Premio “Il Battello a Vapore”) e ripubblicato dopo cinque anni, col progetto: Libri ad Alta leggibilità, ovvero con caratteri tipografici che favoriscono la leggibilità anche a bambini con DSA e con BES.

Un libro violento perché tali sono le storie di bambini che in diverse parti d’Europa (Carlo in Italia, Jacob e Hannah in Germania, Emeline in Francia, Dawid in Polonia) sono protagonisti prima di discriminazioni, poi di deportazione e morte, nella compiacenza di molti, nell’indifferenza forzata di alcuni e nella timida opposizione di pochissimi.

Un libro verità con vite sconvolte e con pietose quotidianità riscritte, raccontate col punto di vista dei fanciulli, vittime incoscienti di barbarie di cui l’umanità non dovrà perdere la memoria, almeno per il rispetto dovuto alla sofferenza di tanti senza colpa.

Sono strazianti gli interrogativi di Carlo, paradigma di tanti minori angariati: Ma perché io sono ebreo? E che vuol dire ebreo?… E che cosa c’entro io? Non so nemmeno che vuol dire essere ebreo.

I fanciulli non avendo sovrastrutture culturali non conoscono le differenze di razza, di religione, di colore della pelle… Sono gli adulti che segnano tali confini per mascherare il bisogno di dominio.

Qual è il messaggio finale della lettura? Nella stanza numero 4 del blocco 5 di Auschwitz sono ammassate migliaia di valigie di ebrei, fatte preparare ingannevolmente per il viaggio. La stanza numero 4 è la testimonianza indelebile, inconfutabile, incontrovertibile dell’inganno nazifascista perpetuato su uomini che speravano, nonostante tutto, che un giorno la belva si rabbonisse.

I bambini protagonisti dei quattro quadri che innervano il romanzo, danno conto: della sofferenza privata  che gli storici non avrebbero potuto raccontare; di microstorie verosimili (o forse vere); della trasformazione di abitudini e relazioni umane, attraverso cui leggere il dramma che ha coinvolto un intero continente. Gli storici hanno dato, però, conto, con i numeri dello sterminio, dei tanti sogni stroncati!

Un libro nel quale la durezza è appena attenuata con grande bravura dall’Autrice per le trovate narrative utilizzate (l’avventura di nascondersi nei treni, la stellina porta fortuna, le peripezie e le fughe), anche se non riescono a cancellare il magone che cresce nel lettore; ma se la storia deve insegnare, al male bisogna saper guardare negli occhi sia per esorcizzare la paura, sia per prendere le dovute precauzioni. E da questa “educazione” non è escluso il bambino, che deve pur fare una prima esperienza, per comprendere come nel mondo esista anche il male contro il quale bisogna potenzialmente predisporsi per fronteggiarlo; e, nella fattispecie, benissimo calza il romanzo della Palumbo, adeguato per i soggetti in formazione per registro, tono espressivo e punto di vista.

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