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Giovedì, 20 Gennaio 2022 12:08

Le condizioni del centrosinistra al centrodestra per eleggere un presidente condiviso

Written by  Paolo Molinari
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Conte, Letta e Speranza: via dal 'tavolo' il nome di Berlusconi e siamo pronti a scegliere un nome insieme. Ma su Draghi al Colle nei gruppi di Pd, M5s e Leu non mancano i dubbi. 

Due ore di confronto in casa di Giuseppe Conte, a due passi da Piazza di Spagna, non scioglie i nodi legati alla proposta del centrosinistra sul candidato al Quirinale. Per farlo, spiegano i tre leader, occorrerà aspettare che vengano tolti di mezzo le "candidature di parte", come sottolinea Conte. Ovvero quella di Silvio Berlusconi.

È questo il nodo che il centrosinistra spera di sciogliere nel giro di poche ore, quante ce ne vogliono perché gli interlocutori di centrodestra tolgano dal tavolo questa ipotesi e si predispongano a discutere di una candidatura condivisa. Il segretario dem, lasciando la casa di Conte, dice chiaramente che "non c'è alcuna intesa su un nome", al momento, ma che "se ne parlerà con il centrodestra nei prossimi giorni".

Una linea confermata anche da Giuseppe Conte: "Avrete sicuramente delle proposte quando faremo il confronto anche con le altre forze". A scandagliare le fonti vicine ai tre leader si percepisce un certo ottimismo. Lo stesso Letta si dice convinto che ormai "la messinscena" di Salvini e Meloni sta per finire e un nome condiviso fra i due schieramenti può essere trovato.

Il perimetro da cui partire è quello dell'attuale maggioranza di governo, sottolinea il leader dem. La maggioranza che eleggerà il Presidente della Repubblica deve essere almeno pari a quella che sostiene il governo. Se così non fosse, a rischio sarebbe non solo il premier e l'esecutivo, ma anche l'intera legislatura.

E, su questo, non c'è "governo dei leader" che tenga, avverte ancora Letta sottolineando di nutrire forti dubbi sulla proposta di Salvini di puntellare la legislatura infilando nel governo tutti i leader di partito. La prosecuzione dell'attuale assetto parlamentare almeno fino alla scadenza naturale è, per ogni forza politica, il deterrente a ogni brutta sorpresa nel corso delle votazioni.

A scandagliare deputati e senatori, infatti, il timore di dover rinunciare agli ultimi scampoli di mandato parlamentare è più forte di qualsiasi considerazione e si è fin qui rilevato determinante nel respingere le avance degli "scoiattoli", come ormai vengono definiti gli emissari di chi cerca di rimpinguare il proprio pacchetto di voti.

Per questa ragione, Letta continua a fare appello per un "patto di legislatura". Da un punto di vista meramente strategico, al segretario dem farebbe comodo andare a elezioni e ridisegnare i gruppi parlamentari dem a sua immagine e somiglianza. Ma sa bene che si tratterebbe di una marcia sulle macerie di un Paese segnato dalla crisi sanitaria ed economica. Allora, è l'avviso di Letta, occorre mettere in sicurezza l'azione del governo, almeno su tre priorità: arrivare alla chiusura dell'emergenza pandemica, portare avanti la gestione del Pnrr, affrontare le sfide europee ma anche le riforme, come la legge elettorale è quella dei regolamenti Parlamentari. In particolare contro il trasformismo.

È anche per questa ragione che, quali che siano saranno gli scenari, l'obiettivo del Pd rimane quello di salvaguardare la personalità di Mario Draghi. È il premier l'altro nome in campo per il Colle. La strada che porta alla sua candidatura, però, è tutt'altro che spianata. Nel Movimento 5 Stelle resta la linea per la continuità dell'attuale governo, confermano fonti pentastellate sottolineando che dal vertice di stamattina non si sono fatti nomi per "lasciare aperte tutte le opzioni".

Fondamentale è restare compatti anche perché nessuno ha la maggioranza, è il ragionamento che viene fatto. Dubbi sulla eventuale candidatura del premier, però, attraversano i gruppi parlamentari. Anche del Partito Democratico, senza distinzioni di corrente. Nella riunione congiunta fra direzione e gruppi parlamentari di sabato scorso, in molti hanno sottolineato la necessita' di garantire la prosecuzione dell'azione di governo, con Draghi in plancia di comando.

Tuttavia, che qualcosa si stia muovendo anche fra i dem è un dato che sembra confermato dalle parole del ministro Andrea Orlando: Draghi "È una delle carte fondamentali" e "la nostra preoccupazione deve essere quella di non bruciarla", spiega Orlando. Una linea esplicitata anche dal segretario dem che, poco dopo il vertice, spiega che "la protezione di Draghi deve essere l'obiettivo di tutte le forze politiche. È la risorsa fondamentale del paese e ci fa da scudo rispetto alle nostre debolezze. Di qui la necessità di fare tutto quello che è necessario per non sbagliare i prossimi passaggi. Non ce lo possiamo permettere". AGI

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