ANNO XVIII Aprile 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Giovedì, 03 Febbraio 2022 17:16

Il segnale della Lega nel giorno di Mattarella

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Dietro la scelta della Lega di non votare in Cdm le misure anti covid per la scuola molti commentatori vedono un Salvini che “vuole restare al governo, ma a modo suo, facendo molto rumore”.

Mentre Mattarella attendeva al discorso con il quale oggi davanti alle Camere riunite comincerà il suo secondo settennato, ieri da Palazzo Chigi è arrivato uno scricchiolio prodotto dalla forza di torsione che la partita del Quirinale ancora esercita sui partiti.

Nel Cdm che ha avviato l’allentamento delle restrizioni anti Covid, i ministri della Lega non hanno votato le nuove misure per la scuola, eccependo una discriminazione tra ragazzi vaccinati e non.

Ma dietro la scelta, molti commentatori vedono un Salvini che “vuole restare al governo, ma a modo suo, facendo molto rumore”, come scrivono Antonio Bravetti e Francesco Olivo sulla ‘Stampa’, secondo cui la “Lega punta i piedi mettendo nel mirino Roberto Speranza”.

La mossa, nota Marco Cremonesi, sul ‘Corriere della sera’, va letta anche in chiave interna al Carroccio, nel senso di un compattamento attorno al leader, visto che martedì in Consiglio federale Salvini “aveva chiesto un’assunzione di responsabilità a ministri governatori e dirigenti”.

Cremonesi evidenzia, dunque, il “malessere di Giancarlo Giorgetti”, sul quale sabato era circolata la voce di dimissioni imminenti. Il suo disagio, scrive il ‘Corriere’, “è nei confronti di chi al governo, soprattutto Speranza, continua a parlare come se ci fosse una strada sola, che peraltro è poi puntualmente smentita dai fatti”. 

Il monito del fondatore a uscire dal ‘cupio dissolvi’ (“non dissolvete il dono del padre nella vanità personale”), a ogni modo, “suggella le sensazioni generali del partito perché tra i due contendenti c’è una vasta area grigia che non avrebbe voglia di prendere posizione per l’uno o per l’altro”, riferisce Matteo Pucciarelli su ‘Repubblica’.

È l’interpretazione che, sullo stesso quotidiano, propone l’ex ministro Vincenzo Spadafora, intervistato da Conchita Sannino: “Grillo ha richiamato tutti al senso di responsabilità, ma alcuni non l’hanno compreso”, dice Spadafora, che tira comunque una stoccata a Conte perché, dice, “il suo effetto nei sondaggi e nei temi non s’è visto”.

L’ex premier resta però intenzionato a ‘processare’ Di Maio, a infliggergli una “pubblica umiliazione”, come osserva Marcello Sorgi sulla ‘Stampa’.

Conte, informa Luca De Carolis sul ‘Fatto quotidiano’, vuole “un confronto nelle sedi opportune, perché la nostra base merita chiarezza e trasparenza”.

Quale sia questa sede però non è ancora chiaro, potrebbe essere un’assemblea la settimana prossima. Secondo De Carolis, è “proprio ciò che provano a scongiurare, o almeno a sminare, mediatori vari: dal capogruppo alla Camera, Davide Crippa, al garante Beppe Grillo”, anche perché “tanti eletti prima di scegliere vogliono capire chi vincerà”.

Ma “nella guerra Conte-Di Maio ora volano carte giudiziarie”, come titola ‘La Verità’, che mette l’accento sulla perquisizione eseguita dalla Guardia di finanza a carico dell’ex premier nell’ambito di un’indagine su consulenze al gruppo Acqua Marcia. Il ministro degli Esteri continua a essere molto attivo, e non solo “parla con Grillo continuamente”, come dicono al ‘Fatto quotidiano’ suoi fedelissimi, ma ieri ha avuto anche un incontro con Giorgetti.

Senza clamori, intanto, Silvio Berlusconi sta lavorando per fare di Forza Italia il motore di un raggruppamento centrista. “È proprio l’idea di ‘centro’ ad attrarlo in questo momento”, scrive Paola Di Caro sul ‘Corriere della sera’.

Il Cav, stando a questa ricostruzione, pensa che “il suo partito dovrà muoversi d’intesa con le altre sigle di centro ma non per annacquarsi in una federazione-terzo polo, piuttosto per guidare un processo di attrazione”. Una delle mosse di cui “si sussurra” secondo Di Caro è “che si chiuderanno moti spazi per la Meloni nelle tv berlusconiane, come farebbe pensare qualche cancellazione di partecipazioni di FdI a trasmissioni già previste”.

La tentazione di marginalizzare la Meloni, sterilizzando il suo cospicuo capitale di consensi come accaduto in Francia a Marine Le Pen, percorre non soltanto le fila azzurre. Angelo Picariello su ‘Avvenire’, descrive una Lega “tentata dal proporzionale, con FI, per isolare Meloni”. 

Quello della legge elettorale è un tema che “rimanda all’orizzonte strategico che la Lega vuol darsi, sancendo eventualmente un patto federativo con Forza Italia, finalizzato a rivendicare, in ottica tutta proporzionale, la guida della coalizione per l’asse moderato”, spiega il quotidiano della Cei.

Di ritorno al proporzionale parla anche Matteo Orfini, leader della corrente Pd dei giovani turchi, intervistato dal ‘Giornale’: sarebbe utile, a suo giudizio, per “superare le alleanze innaturali”.

Sul proporzionale, ‘Il Foglio’ con Valerio Valentini segnala “una curiosa inversione dei ruoli” tra Matteo Salvini che “comincia a pensarci davvero” e Matteo Renzi che “invece prova ora a opporsi alla corrente” dopo essere stato tra i primi a invocare una nuova legge elettorale di questo segno.

Immancabili le rispettose anticipazioni sui contenuti del discorso che Mattarella farà oggi. Marzio Breda, decano dei quirinalisti, sul ‘Corriere della sera’ scrive che il capo dello Stato insisterà sul “dovere della partecipazione” con un richiamo “coerente con l’idea di Stato-comunità su cui si è speso molto nel primo settennato”.

Secondo Ugo Magri, sulla ‘Stampa’, “Mattarella vorrà spingere il suo sguardo molto al di là dell’emergenza attuale e si inviterà a riflettere sui grandi cambiamenti con cui bisogna fare i conti”, in primo luogo “sfide epocali come il clima, le migrazioni, ovviamente la sicurezza e la pace”, ma anche un invito a Meglio attrezzarci ad affrontare i nostri mali storici con le riforme degli anni a venire”.

Su ‘Libero’, Alessandro Sallusti scrive invece di “quello che Mattarella forse non dirà”: ascolteremo “senza aspettarci colpi di scena e cambi di rotta”, argomenta Sallusti, convinto che sarebbe “meno comprensibile” se il presidente “si astenesse dal mettere al centro dell’attenzione sua e del Parlamento il non più rinviabile problema di una riforma della giustizia che vada oltre i timidi correttivi introdotti a valle del sistema dalla ministra Cartabia”. AGI

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