Anche quello storico siglato mercoledì tra il governo colombiano e le Farc, che mette fine a oltre 50 anni di guerra civile.
A L’Avana capitale di Cuba il governo colombiano e i guerriglieri filo marxisti delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc) hanno raggiunto un accordo di pace, mettendo fine a un conflitto durato oltre 50 anni che ha causato oltre 220mila morti.
La firma ufficiale dell'intesa da parte del presidente colombiano Juan Manuel Santos e del comandante delle Farc Rodrigo Londono, meglio noto come Timochenko, avverrà con una cerimonia in settembre, possibilmente in Colombia, riferiscono fonti governative. L'accordo verrà poi ratificato in un referendum popolare previsto per ottobre.
Il presidente colombiano, Juan Manuel Santos, che con la pace si è giocato la carriera, ha dichiarato su Twitter:
“Il definitivo cessate il fuoco entrerà in vigore il 29 agosto a mezzanotte. Finirà così il conflitto armato con le Farc”.
Dopo 4 anni di trattative, iniziate a L’Avana esattamente 4 anni fa, il processo di pace ha subito un’accelerazione lo scorso giugno. Superate le difficoltà che ostacolavano l’intesa, le parti si sono accordate sul disarmo della guerriglia, su processi e amnestie e sulla ridistribuzione delle terre.
Nelle intenzioni dei firmatari dell’accordo, infatti, si vuole dare il via a una trasformazione radicale della realtà rurale, che faciliti l’accesso e il ritorno alla terra di coloro che furono espropriati, così come la formazione della proprietà privata.
Perché il disarmo della guerriglia venga portato a termine nei tempi concordati, ovverosia sei mesi, è stata istituita una commissione cui partecipano anche rappresentanti delle Nazioni Unite.
Sarà attivato un meccanismo per indennizzare le vittime del conflitto. Se il rapimento di Ingrid Bentancourt, la franco-colombiana candidata alle presidenziali del Paese nel 2002, sequestrata quell’anno e rimasta ostaggio delle Farc per 6 anni, ha fatto il giro del mondo; sono migliaia le vittime senza nome della guerra civile.
Oltre 220 mila morti, 45 mila sparizioni e quasi 7 milioni di profughi.
Siamo collegati con Bogotà - scrive in una nota l’agenzia di stampa europea Euronews - dove troviamo per noi Adriana Benjumea, direttrice di “Humanas“, organizzazione per i diritti umani e le pari opportunità.
Il presidente Juan Manuel Santos ha dichiarato finita la guerra con le Farc, il conflitto più longevo del continente Sudamericano. Lei è d’accordo con questa affermazione?
Adriana Benjumea, direttrice di Humanas:
“Certo, si tratta di un’affermazione giusta, in Colombia la guerra è finita; possiamo dire che la Colombia si dirige verso la pace e noi cittadini abbiamo finalmente la possibilità di vivere in pace.
Per cui confermo quanto ha detto il presidente Juan Manuel Santos: la guerra in Colombia è finita”.
-L’accordo prevede sei punti, che saranno sottoposti a referendum il prossimo 2 ottobre. Vincerà il sì?
“È molto importante che si voti sì.
Tutti noi che difendiamo i diritti dell’uomo, siamo convinti che diremo sì alla pace. Non lasceremo cadere nel vuoto questa opportunità, che viene da un momento storico dall’accordo siglato tra il governo e la guerriglia.
-Fino a che punto l’ex presidente Uribe, contrario all’accordo, può ostacolarlo?
“La guerra conviene a una minoranza, senza dubbio alla destra; ma siamo convinti che la linea seguita dall’ex presidente Uribe non abbia posto in un paese che sogna di svegliarsi in una democrazia e senza più il rumore delle armi”.
-La guerriglia dovrebbe disarmarsi nel giro di sei mesi. Che garanzie ci sono che questo avvenga in modo corretto?
“Abbiamo garanzie: una commissione apposita di verifica è stata creata, a questa partecipano il governo colombiano, alcuni stati latino americani, le Farc e i rappresentanti delle stesse Nazioni Unite.
Inoltre, sono state previste condizioni di sicurezza per il disarmo e in modo particolare per chi si disarma, perché non dovranno correre alcun rischio; anche la società civile è chiamata a sorvegliare sulla buona tenuta dell’accordo, in modo che venga rispettato”.
-Sono previste tutta una serie di misure per reintegrare i guerriglieri. Sono realizzabili?
“Dobbiamo prevedere la partecipazione dei guerriglieri alla vita politica; il dibattito politico e sociale dovrà includerli così che si arrivi alle riforme sociali e politiche per vivere in un Paese migliore”.
-Resta l’Esercito di liberazione nazionale, cosa si sta facendo per arrivare a un’intesa con questo gruppo?
“In questo momento molti gruppi chiedono l’inizio dei negoziati
con l’Esercito di liberazione nazionale.
E ci sono tutte le condizioni perché questo avvenga; bisogna sedersi a un tavolo per non perdere quest’occasione e approfittare di questo momento.
Solo quando un’intesa sarà raggiunta con tutti i gruppi potremo parlare di pace in Colombia”.
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