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Giovedì, 15 Settembre 2016 15:55

Dieci anni senza Oriana Fallaci. Il commosso ricordo di Firenze della giornalista -scrittrice di La rabbia e l’orgoglio

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“Donna partigiana, una donna contro i nazionalismi autoritari, una donna che amava Firenze; una donna che, negli ultimi anni, ha avuto la forza di denunciare l’occidente buonista che ha creduto che presupposto del dialogo con altre culture potesse essere l’indebolimento dell’identità dei dialoganti”, ha detto il sindaco Nardella, nel suo intervento in ricordo di Oriana Fallacci.

Un ricordo affettuoso per la ‘sua’ più grande scrittrice, rivolto dalla sua terrazza più bella, il Forte Belvedere. Così Firenze ha salutato Oriana Fallaci nel decennale della morte, avvenuta proprio nel capoluogo toscano il 15 settembre 2006. In tanti, raccolti sul bastione affacciato sullo skyline del centro storico, hanno preso parte alla serata in omaggio alla grande giornalista, organizzata da Fondazione Corriere della Sera Rizzoli e condotta dal direttore del Corriere Fiorentino Paolo Ermini, si è aperta con la lettura di un brano autobiografico della Fallaci da parte di Monica Guerritore, che ha riassunto, in pochi minuti, la vita burrascosa e piena di talento di Oriana.

Firenze, in ricordo di Oriana Fallaci E dopo dieci anni di polemiche (legate, in larghissima parte, alle prese di posizione sull’Islam nell’ultima parte della sua vita), la ‘sua’ città ha finalmente deciso di ricordarla in modo permanente. Giovedì, nel giorno della morte, il Comune di Firenze con il sindaco Dario Nardella intitolerà alla memoria della grande scrittrice il grande piazzale antistante la Fortezza da Basso, a pochi passi dal centro storico. E per i prossimi giorni, in occasione del decimo anniversario della morte avvenuta proprio a Firenze, dove era voluta tornare, il 15 settembre 2006, sono in programma readings delle sue opere e cerimonie nel cimitero fiorentino in cui è sepolta.

Nata nel capoluogo toscano nel giugno 1929, prima di quattro sorelle (Neera e Paola, anch'esse giornaliste e scrittrici, ed Elisabetta, figlia adottata dalla sua famiglia), era figlia di un attivissimo antifascista, il quale la coinvolge, giovanissima (aveva quattordici anni) nella Resistenza contro i nazifascisti con compiti di vedetta.

Si unisce così alle Brigate “Giustizia e Libertà”, formazioni partigiane del Partito d'Azione, vivendo in prima persona i drammi della guerra. Nel corso dell'occupazione di Firenze da parte dei tedeschi, il padre viene catturato e torturato a Villa Triste e in seguito rilasciato, mentre lei è impegnata come staffetta (con il nome di battaglia “Emilia”) per trasportare munizioni da una parte all'altra dell'Arno (attraversando il fiume nel punto di secca, in quanto ponti erano stati fatti saltare dai tedeschi).

Dopo la maturità classica al Liceo “Galileo Galilei”, si iscrive alla Facoltà di Medicina dell’Università di Firenze, ma la abbandona pochi mesi dopo per dedicarsi a tempo pieno al giornalismo, esortata dallo zio (Bruno Fallaci, giornalista e direttore di settimanali). In quegli anni conosce Curzio Malaparte, che considererà come uno fra i suoi padri professionali.

Esordisce nel ‘49 al “Mattino dell'Italia Centrale”, giornale di ispirazione cattolica dove si occupa di vari argomenti (cronaca nera, cronaca giudiziaria, costume). Verrà licenziata dal giornale dopo essersi rifiutata di scrivere un articolo contro Palmiro Togliatti, come il suo direttore le aveva ordinato.

In seguito si trasferisce a Milano per lavorare al settimanale “Epoca”, pubblicato da Mondadori e allora  diretto da suo zio, il quale, per non favorirla, le affida quelli che lei anni dopo definirà come “incarichi infami”.

Nel ‘52 viene pubblicato il suo primo articolo per “L'Europeo”, per cui scrive di modernità, mondanità, ma anche di cronaca nera.

Nel ‘56 Oriana Fallaci arriva per la prima volta a New York per scrivere di attori, attrici e mondanità varie. Da tale esperienza nascerà I sette peccati di Hollywood (Longanesi, Milano 1957), il suo primo libro (con prefazione scritta da Orson Welles), in cui racconta alcuni retroscena della vita mondana di Hollywood.

All’inizio degli anni Sessanta realizza un reportage sulla condizione della donna in Oriente, che diventerà Il sesso inutile. Viaggio intorno alla donna (Rizzoli, Milano 1961), suo primo successo editoriale da scrittrice.

Nel ‘62 esce Penelope alla guerra (Rizzoli, Milano) la sua prima opera narrativa, in cui racconta la storia di Giò, una ragazza italiana che va a New York per il suo lavoro di soggettista, e là incontrerà varie persone del suo passato. La storia si svolge a New York e narra di una “Penelope” che non si rassegna al ruolo domestico di colei che “tesse la tela aspettando il ritorno di Ulisse” ma, essendo “Ulisse” lei stessa, viaggia alla ricerca della sua identità e della sua libertà.

Negli anni immediatamente precedenti allo sbarco americano sulla Luna la parte per gli Stati Uniti per intervistare astronauti e tecnici della NASA. Nel ‘65 pubblica Se il sole muore (Rizzoli, Milano), diario di tale esperienza e che la scrittrice dedica a suo padre. Per scrivere il libro incontra il capo progetto della missione, il famoso (e famigerato) scienziato tedesco (ed ex nazista) Wernher von Braun, il quale, durante la Seconda guerra mondiale aveva progettato per la Germania di Hitler i missili tedeschi V2, dopo la guerra era stato ingaggiato dagli americani e, negli anni Sessanta, era il direttore della NASA impegnato nello sviluppo del progetto Saturn.

Nel ‘67 va per la prima volta in Vietnam in qualità di corrispondente di guerra per “L'Europeo”.  Nei successivi sette anni tornerà nel Paese ben dodici volte, raccontando la guerra criticando sia i Vietcong, sia gli americani e e i sudvietnamiti, documentando atrocità di ogni genere, menzogne, atti eroici e umanità di un conflitto che definirà come una “sanguinosa follia”.

Le esperienze (vissute in prima persona da “osservatrice partecipante”) di un anno di guerra verranno da lei raccolte nel libro Niente e così sia (Rizzoli, Milano 1969), con cui vincerà il Premio Bancarella.

Nel ‘68  abbandona temporaneamente il fronte del Vietnam per tornare negli Stati Uniti in seguito agli assassinii di Martin Luther King e di Bob Kennedy ed alle rivolte studentesche di quegli anni. In un noto  passaggio di Niente e così sia irride “i vandalismi degli studenti borghesi che osano invocare Che Guevara e poi vivono in case con l'aria condizionata, che a scuola ci vanno col fuoristrada di papà e che al night club vanno con la camicia di seta”. A questo proposito, impressionante è l’affinità con quanto, nello stesso anno veniva scritto da ed affermato da Pier Paolo Pasolini (1922-1975) riguardo alle contestazioni studentesche del Sessantotto in Italia.

Il 2 ottobre dello stesso anno, alla vigilia delle Olimpiadi messicane, nel corso di una manifestazione di protesta degli studenti universitari messicani (oggi tristemente ricordata come “il massacro di Tlatelolco”)  contro l'occupazione militare del campus dell'UNAM, Oriana Fallaci viene colpita da alcuni colpi di mitre in Piazza delle tre culture a Città del Messico. Nel massacro verranno barbaramente uccisi centinaia di giovani (il numero esatto è a tutt’oggi ignoto) e anche la giornalista verrà creduta morta e portata in obitorio, dove un prete si accorgerà del fatto che era ancora viva. Lei stessa definira quella la strage come “un massacro peggiore di quelli che ho visto alla guerra”.

Da corrispondente di guerra seguirà anche i conflitti tra India, Pakistan, Sud America e, Medio Oriente.

Nel ‘69 torna negli Stati Uniti per assistere al lancio della missione Apollo 11. Il resoconto di quell'esperienza verrà da lei raccolto nel libro Quel giorno sulla luna (Rizzoli, Milano 1970).

Nell’agosto del ‘73  conosce Alexandros Panagulis (1939-1976) un leader dell'opposizione greca alla dittatura dei colonnelli, il quale era stato perseguitato, torturato e incarcerato per cinque anni, e ne diventerà la compagna fino alla morte di lui, avvenuta in un misterioso “incidente” stradale il nel maggio di tre anni dopo.

Dalla vicenda della maternità mancata trae Lettera a un bambino mai nato (Rizzoli, Milano 1975), suo primo libro a non nascere da un'inchiesta giornalistica, e che sarà un grande successo editoriale (tradotto in ventidue lingue), vendendo oltre quattro milioni e mezzo di copie in tutto il mondo.

Nel novembre del ‘75, in seguito al barbaro assassinio di Pier Paolo Pasolini, con il quale avevano ottimi rapporti, Oriana Fallaci e Alexandros Panagulis collaboreranno alle primissime indagini. La giornalista fiorentina sarà fra le prime persone a denunciare apertamente senza mezzi termini il probabile movente politico dell'omicidio dello scrittore, regista, saggista e intellettuale friulano.

La drammatica vicenda di Alexandros Panagulis verrà invece raccontata in una lunga intervista, poi raccolta in Intervista con la Storia (Rizzoli, Milano 1974), e  nel romanzo Un uomo (Rizzoli, Milano 1979). Oriana Fallaci ha sempre considerato “l'incidente” ad Alexandros Panagulis un vero e proprio omicidio politico, ordinato da personaggi che avevano fatto carriera con la giunta militare dei colonnelli.

All'attività di reporter sono seguite numerose interviste a importanti personalità della politica,  analisi dei principali fatti di cronaca e dei temi contemporanei più rilevanti. Fra i personaggi intervistati ricordiamo Zulfiqar Ali, Giorgio Amendola, Giulio Andreotti, Yasser Arafat, Willy Brandt, Sean Connery, Walter Cronkite, Federico Fellini, Indira Gandhi, il leader libico Muhammar Gheddafi, re Hussein di Giordania, Henry Kissinger, l'ayatollah Khomeini, l'arcivescovo Makarios, la premier israeliana Golda Meir, Pietro Nenni, lo scià di Persia Mohammad Reza Pahlavi, il già citato Alexandros Panagulis, Hailé Selassié, Deng Xiaoping.

Alle elezioni politiche del ‘76 sostiene le liste del Partito Radicale, anche per via delle loro caparbie campagne femministe.

Nel ’77 riceve la laurea “honoris causa” in Letteratura dal Columbia College di Chicago. Negli anni Settanta e Ottanta ha scritto su numerosi giornali e periodici, fra cui ricordiamo il “New Republic”, il “New York Times Magazine”, “Life”, “Look”, Le “Nouvel Observateur” “Stern” e il “Washington Post”, 

Nell’81 intervista invece il polacco Lech Wałęsa, leader del movimento di Solidarnosc.

Nel '90 esce Insciallah (Rizzoli, Milano 1990), romanzo in cui fonde la ribalta internazionale con il racconto. Il libro è ambientato fra le truppe italiane inviate a Beirut nell’83 nell'ambito della Forza Multinazionale in Libano (la giornalista aveva ottenuto dall'allora ministro della Difesa Giovanni Spadolini di essere accreditata presso il contingente italiano) Il libro si apre con il racconto del primo duplice attentato suicida contro le caserme americane e francesi che causò circa trecento morti fra i soldati.

Sarà l’ultima esperienza di Oriana Fallaci come inviata di guerra. Dopo la pubblicazione di Insciallah la scrittrice si trasferirà a New York,  dove comincerà a scrivere un romanzo la cui lavorazione, durata per quasi tutti gli anni Novanta, verrà interrotta dai drammatici fatti dell'11 settembre 2001.

I suoi libri (ricordiamo La rabbia e l’orgoglio - Rizzoli, Milano 2001 -, che riprende, con numerose aggiunte, un suo lungo articolo pubblicato sul “Corriere della Sera” del 29 settembre 2001, La forza della ragione - Rizzoli, Milano 2004 - Oriana Fallaci Intervista se stessa - L’apocalisse - Rizzoli International, New York 2004) e articoli in cui affronta le tematiche connesse agli attentati dell'11 settembre 2001 provocheranno una valanga di polemiche - sia elogi sia contestazioni - nel mondo politico e nell'opinione pubblica. In tali libri e articoli la scrittrice denuncia apertamente la “decadenza della civiltà occidentale” che, minacciata dal fondamentalismo islamico, ritiene del tutto incapace di difendersi in quanto ha ormai inesorabilmente smarrito la sua identità.

Favorevole all'intervento militare in Afghanistan, esprimerà invece numerose perplessità riguardo alla guerra in Iraq cominciata nel 2003.

Oriana Fallaci è sepolta nel cimitero degli Allori (di rito evangelico, ma che ospita anche tombe di atei, ebrei e musulmani) a Firenze nella tomba di famiglia accanto ad un cippo commemorativo di Alexandros Panagulis. Insieme a lei sono stati sepolti una copia del “Corriere della Sera”, due sigarette (notoriamente, era stata un’accanita fumatrice) e un Fiorino d'Oro (onoreficenza fiorentina che il capoluogo toscano, fra grandi polemiche, aveva rifiutato di conferirle), donatole dal regista Franco Zeffirelli, anch’egli fiorentino.

Il romanzo che la Fallaci aveva smesso di scrivere in seguito gli attentati dell'11 settembre 2001, Un cappello pieno di ciliegie (una saga familiare che attraversa la Storia italiana dal 1773 al 1889) verrà pubblicato postumo (per Rizzoli) nel 2008.

Fra gli altri libri pubblicati dopo la sua morte ricordiamo Oriana Fallaci. Immagini e parole di una vita (Rizzoli Milano 2007), Intervista con il Potere (Rizzoli, Milano 2009), che raccoglie interviste ad altri grandi personaggi realizzate fra il ‘64 e l’83, Saigon e così sia (Rizzoli, Milano 2010), antologia di articoli scritti per “L’Europeo fra il ’69 e il ’75, Intervista con il mito (Rizzoli, Milano 2010), raccolta di interviste a registi (fra i quali Frank Capra), attori (fra i quali Paul Newman e Totò) e attrici (fra le quali Ingrid Bergman - con la quale avrà un ottimo rapporto di amicizia nato nel ’62 proprio in occasione dell’intervista medesima - Virna Lisi, Franca Valeri, Monica Vitti) realizzate per “L'Europeo” negli anni Sessanta, Il mio cuore è più stanco della mia voce (Rizzoli, Milano 2013), raccolta di discorsi tenuti presso varie Università americane negli anni Settanta e Ottanta, Viaggio in America (Rizzoli, Milano 2014), raccolta di reportages realizzati negli Stati Uniti e pubblicati su “L'Europeo” negli anni Sessanta, Oriana Fallaci. In parole e immagini (Rizzoli, Milano 2014), Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam (Rizzoli, Milano 2015), Pasolini. Un uomo scomodo (Rizzoli, Milano 2015), Solo io posso scrivere la mia storia (Rizzoli, Milano, in fase di pubblicazione), La mia Toscana (Rizzoli, Milano, in fase di pubblicazione).

Ancora oggi la sua figura è senz’altro molto controversa. La classica figura che viene “amata" o "odiata”, senza mezze misure. Tuttavia, impossibile non sottolineare il fatto che, fra chi conosce bene il suo intero (e poliedrico) percorso e la sua opera (sia da giornalista sia da scrittrice), il sospetto che una parte (forse troppo consistente) di coloro i quali/le quali parlano e scrivono di Oriana Fallaci (sia i suoi fan, sia i suoi avversari) lo facciano senza conoscere appieno né l’uno né l’altra è ancora piuttosto forte.

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