Centinaia di migliaia di persone fuggono la guerra, la fame e la persecuzione, etnica o religiosa che sia. L'Unione Europea dimostra tutta la fragilità della sua politica, che sta rapidamente diventando impotenza. Come è ormai evidente, il piano di ripartizione dell'Ue non funziona e solo una minima parte dei migranti che sbarcano in Italia viene ricollocata in Europa, come dovrebbe invece essere". Così in una lettera al quotidiano ' La Repubblica' il sindaco di Milano Giuseppe Sala. "Se l'Europa latita di fronte a questa immane tragedia, l'Italia sta faticosamente facendo la sua parte. Questo va detto chiaro e forte. Non abbiamo eretto muri. Non abbiamo ributtato queste genti nel mare. Abbiamo mostrato il volto migliore del nostro Continente. Come cittadino ritengo che l'accoglienza non sia una scelta, ma un dovere. Come sindaco di Milano sono convinto che la nostra città viva nell'accoglienza uno dei tratti distintivi della sua identità. Come uomo di sinistra penso che ogni singolo migrante vada richiamato ai suoi doveri, ma nel frattempo gli tendo la mano. Proprio per questi motivi - aggiunge il primo cittadino di Milano - sono consapevole del fatto che il nostro Paese deve passare dall'affrontare una (ormai) continua emergenza a una consapevole gestione del fenomeno. L'Italia deve uscire dall'idea di essere una piattaforma di prima accoglienza per più o meno brevi soggiorni. Molti dei rifugiati resteranno qui per il semplice motivo che non hanno un altro posto dove andare, se non per essere condannati alla morte. Questa situazione non ha soluzioni facili o definitive: da destra, abbiamo sentito molte parole, a volte inascoltabili, ma nessuno ha mai identificato una vera soluzione. E' certo, d'altra parte, che la questione non può riguardare solo i non molti Comuni che se ne occupano al limite delle proprie capacità, ma che il governo, soprattutto un governo di sinistra, deve prendere atto della situazione e provvedere a una nuova e efficace politica di integrazione".
"Non è facile - prosegue Sala - ma è da sinistra che deve arrivare la spinta ad affrontare la questione, attraverso una programmazione che coinvolga da subito le amministrazioni regionali, oggi estranee a questo sforzo in misura che a me pare del tutto incomprensibile. Milano sta facendo tutto il possibile. Negli ultimi tre anni abbiamo accolto oltre 100.000 profughi. In queste settimane siamo arrivati a superare le 3.500 presenze ogni notte. Questo grazie a un grande gioco di squadra, che incarna lo spirito solidale ambrosiano: il Comune, la Caritas, le associazioni, gli enti gestori, i singoli cittadini, tutti stanno facendo la loro parte. Continueremo così. Ma è necessario che il governo operi perché' tutto questo non continui a pesare come un macigno sempre più pesante sulle spalle della città. Abbiamo bisogno di una politica di integrazione seria, pianificata e dotata dei mezzi finanziari adeguati per far uscire da una condizione di provvisorietà le migliaia di profughi che stazionano nella nostra città come in altre parti del Paese (si vedano i fondi che i tedeschi investono ' a casa loro! ' per le politiche di integrazione…). Serve un vero e proprio piano nazionale che stabilisca un'equa distribuzione sul territorio dei profughi, che, lo dico ancora una volta, non può che iniziare da quote regionali. Occorre poi ordinare il sistema: ogni notte Milano ospita centinaia di profughi "registrati" o addirittura "identificati" in altre città che si spostano nel Paese, uscendo dai centri dove dovrebbero permanere. In questi mesi a Milano sono presenti: richiedenti asilo inviati dal Viminale, nelle quote di distribuzione nazionale; transitanti non identificati; richiedenti asilo che dovrebbero rimanere in altre città; richiedenti asilo che diventano tali dopo che sono stati respinti alle frontiere europee: si può continuare così? E ancora, i tempi delle Commissioni Prefettizie. Inaccettabili: parecchi mesi per avere un appuntamento per avviare le pratiche riguardanti la richiesta d'asilo, che magari può poi essere respinta. Di nuovo, non e' un problema di buona volontà, ma di risorse umane ed economiche necessarie. Il governo deve valutare se dare vita ad un unico soggetto che si occupi di immigrazione e accoglienza mettendo insieme i diversi tasselli del mosaico: il sistema Sprar, il rapporto con i Comuni, la circolazione di buone pratiche, l'uso di caserme e così via. A supporto del lavoro del Ministero degli Interni. A mio giudizio sarebbe il caso di farlo".(AGI)
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