ANNO XVIII Aprile 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Roma - Il Foreign Office britannico si scusa con l'ambasciata italiana a Londra per i moduli scolastici che distinguono l'origine etnico-linguistica di napoletani e siciliani da quella degli altri italiani. 

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Londra - Teresa May lo ha in pratica gia' annunciato e Boris Johnson lo fara' in giornata: il ministro dell'Interno britannico e l'ex sindaco di Londra si candidano alla successione del premier britannico David Cameron, che ha annunciato le dimissioni dopo il referendum che ha decretato la Brexit. May ha pubblicato nella notte un articolo sulla pagina web del Times, assicurando che si mettera' al servizio del suo partito conservatore e della gente.

 

Prima del ministro dell'Interno, hanno gia' presentato le proprie candidature il ministro del Lavoro Stephen Crabb e l'ex ministro della Difesa Liam Fox.

 

Secondo le previsioni, dovrebbero candidarsi anche il ministro dell'Educazione Nicky Morgan e il titolare della Salute Jeremy Hunt. I termini per le candidature scadono alle 12, le 13 in Italia. (AGI) 

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L’Italia colonia dell’impero britannico lo affermano Mario José Cereghino Giovanni Fasanella. Ecco le prove della guerra senza quartiere condotta per tutto il Novecento dalla diplomazia di Sua Maestà per controllare l’opinione pubblica italiana in funzione degli interessi economici e politici inglesi. Una guerra segreta perché combattuta con mezzi non convenzionali tra nazioni amiche e, per una lunga fase della loro storia, persino alleate. Invisibile ma non meno dura delle altre. E nella quale la stampa, la radio, la televisione, l’industria editoriale e dello spettacolo hanno avuto un ruolo preponderante.

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Lunedì, 27 Giugno 2016 20:59

Terremoto in Europa

Ringrazio Marion Cadman, fondatrice e direttrice della English School che opera a L’Aquila dagli anni ’70, per aver pubblicato su Facebook una ben nota poesia di John Donne (1572-1531). “No man is an island entire of itself; every man is a piece of the continent, a part of the main, if a clod be washed away by the sea, Europe is the less…

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Il 23 giugno scorso la Gran Bretagna ha votato in maggioranza per l'uscita dall'Unione Europea ed è la prima volta che uno Stato abbandona il progetto di integrazione continentale.

Il fatto non sorprende più di tanto poiché, come scrivono il Wall Street ed altri giornali, non fa altro che sancire una chiusura definitiva dell'Isola di Sua Maestà verso un'istituzione mai troppo amata, con uno carso feeling sempre sottolineato dalla mancata adesione all'Euro da parte della Gran Bretagna stessa.

Ma, nonostante il poco amore verso l'UE, non è però così facile per il Governo Cameron pilotare questa uscita, tanto è vero che il premier ha tenuto prima del referendum un atteggiamento che gli antieuropeisti hanno definito non netto e preciso ed anzi, al contrario, di essere proprio lui il primo a nutrire forti dubbi sul Brexit. D’altra parte, Euro o non Euro, far parte dell'UE ha permesso alla Gran Bretagna di non rimanere isolata rispetto decisioni importanti in materia di economia e geopolitica.

La notizia della vittoria di “Brexit” ha causato un crollo della sterlina sul dollaro, con perdite oltre il 10 per cento, le più alte degli ultimi 30 anni e, nel giorno della vittoria degli antieuropeisti inglesi, le principali borse europee hanno avuto perdite consistenti a causa delle incertezze sui mercati: Milano ha chiuso a -12,48 per cento, il suo peggior risultato degli ultimi decenni.

La seduta della borsa di Londra si è chiusa a -3,15 e il direttore della Banca centrale britannica, Mark Carney, ha tenuto una conferenza stampa per rassicurare i mercati e promettere fino a 250 miliardi di sterline in interventi per stabilizzare l’economia britannica nelle prossime settimane.

Inoltre, un recentissimo documento (pubblicato appena prima del referendum), a firma di Michael Grubb (professore di politiche energetiche internazionali presso UCL Institute of Sustainable Resources) e Stephen Tindale, direttore dell’Alvin Weinberg Foundation, avverte di conseguenze invece negative ci dice che l’uscita causerà in Gran Bretagna un rallentamento degli investimenti per nuove infrastrutture e anche una frenata nello sviluppo delle fonti rinnovabili (l’UE, infatti, con ogni probabilità non avrebbe più alcun interesse a “premere” su Londra per il raggiungimento degli obiettivi in tal senso al 2020).

Inoltre, sul versante elettrico, i quadro rischia di essere molto complicato, poiché la Gran Bretagna importa una piccola frazione di elettricità, pari al 6,5% circa dei suoi consumi nazionali, la l’ostacolo più rilevante è di tipo fisico, perché la capacità d’interconnessione tra il Regno Unito e l’Europa continentale è tuttora sottodimensionata.

Non a caso, National Grid (l’equivalente inglese della nostra Terna) vorrebbe raddoppiare questa capacità, stimando benefici nell’ordine di 500 milioni di sterline l’anno grazie a un incremento delle importazioni elettriche.

Altrimenti l’Inghilterra rischia di diventare un’energy-island, cioè un’isola energetica dove gli scambi con l’esterno sono limitati.

Se per il gas Londra potrebbe rimediare facendo arrivare più combustibile liquefatto via nave, nel campo della generazione elettrica è impensabile affidarsi a importazioni che non siano provenienti dai Paesi più vicini.

La costruzione di nuovi impianti di generazione in Gran Bretagna (parchi eolici offshore, centrali a gas e anche reattori nucleari), in buona sostanza, dovrà andare di pari passo con un potenziamento delle reti elettriche transnazionali.

Ma per realizzare i nuovi interconnettori, come evidenzia il documento redatto da Grubb e Tindale, servono accordi bilaterali e un notevole livello di cooperazione tra i paesi coinvolti e la Brexit potrebbe rallentare parecchio gli investimenti o anche bloccarli del tutto.

Nella peggiore delle ipotesi, cioè la fuoriuscita inglese dall’area economica europea (i cui paesi membri, è bene ricordare, devono comunque seguire le regole UE in tema di energia),i progetti inglesi come la prevista rete del Mare del Nord, perderanno i fondi europei.

Altre conseguenze si potrebbero avere nel settore farmaceutico, poiché, come scrive a freddo in una nota del 24 giugno Massimo Scaccabarozzi presidente di Farmindustria, Londra dovrà anche dare continuità all'impegno e agli investimenti delle imprese del farmaco ed anche se le Istituzioni britanniche e quelle europee sapranno individuare in tempi brevi le giuste soluzioni, certamente la Gran Bretagna si troverà per un certo lasso di tempo a mal partito e, per una volta, minacciata da altre nazioni fino a ieri considerati “minori”.

A tal proposito (e questo ci fa molto piacere), Scaccabarozzi ribadisce che in questa difficile pagina di storia, l'Italia ha le carte in regola per ospitare in futuro la sede dell'European Medicines Agency, "A nostro favore - conferma Scaccabarozzi - giocano importanti fattori. L'industria farmaceutica made in Italy è ormai una realtà 4.0 di primo piano in Europa. Siamo secondi per produzione a un'incollatura dalla Germania, ma primi per valore pro-capite e con un export da record che supera il 70% della produzione, con investimenti in crescita (+15% negli ultimi due anni) e ad un passo dal diventare un hub europeo per la ricerca, anche clinica, con investimenti di 1,4 miliardi.

L'Italia può poi contare su un'Agenzia del farmaco (Aifa) riconosciuta a livello internazionale come modello di best practice per l'innovatività delle modalità di accesso ai farmaci.

Un effetto negativo italiano, invece, secondo il filosofo Cacciari, il Brexit l’avrà sul Governo Renzi.

In una intervista sull’Unità il filosofo dice: “Questo voto inglese è il sintomo di una crisi che viene da lontano, non mi sorprende più di tanto” e il “caos europeo avrà delle ripercussioni anche su di noi, certamente. A partire dal referendum di ottobre. Parliamoci chiaro: il voto inglese è un favore ai sostenitori del No perché per molti aspetti va nel senso della contestazione, della disgregazione”; e di fatto “gli inglesi hanno indebolito anche la leadership italiana nel momento in cui hanno dato un colpo all’Europa”.

Rispondendo alla domanda del giornalista, Cacciari afferma che, in caso di sconfitta al referendum, Renzi “volente o nolente dovrebbe andar via, certo”.

Il motivo è che “sarebbe troppo debole per continuare. E sarebbe il caos italiano. Anzi, una situazione molto più incasinata di quella della Gran Bretagna. Un caos italiano dentro un caos europeo. Dio ci salvi”.

E’ sempre Cacciari che, su “Le interviste della Civetta” afferma che il vero punto è che o l’Europa, senza fughe in avanti, ridiscuta tutte le sue politiche, rimettendo mano ai suo diversi Trattati e cominci un’Europa sociale, opposta a quella della Grecia, in modo che i cittadini europei avvertono il cambiamento e comincino a pensare, come pensavano venti anni, fa fino all’euro, o scapperanno tutti.

In effetti uno dei principali effetti del Brexit riguarda il fatto che un certo tipo di "racconto" dell'Unione Europea non funzioni più e che questo voto, cavalcato, strumentalizzato e non capito, ha partorito scenari deteriori; perché, evidentemente, ha fatto capire che è l'Unione Europea da riformare profondamente, da ripensare, da trasformare in un'istituzione trasparente e davvero orientata alla giustizia sociale, anziché alla schiavitù nei confronti dei mercati. E questo è un effetto certamente propositivo.

Tornando all’Inghilterra, va detto che il Paese è nel totale sbalordimento, c’è chi chiede una secessione scozzese, chi propone un’annessione dell’Irlanda del Nord all’Irlanda,  anche molti londinesi stanno esprimendo la loro insofferenza e chiedono che la capitale se ne vada per la sua strada, diventando una “città Stato”. Non va dimenticato a questo proposito che  non è stata Londra a far vincere la Brexit, bensì l’Inghilterra più profonda, rurale e conservatrice: il “Remain”, a Londra ha stravinto (2,2 milioni rispetto a 1,5 milioniI i “Leave”, coloro che volevano restare.

Un altro effetto internazionale negativo e che Brexit potrebbe spingere altri paesi a muoversi sulla stessa direzione; soprattutto quei paesi che alcuni europeisti chiamano “sanguisughe” perché necessitano dei fondi Ue per andare avanti, come, ad esempio, Polonia ed Ungheria. In questo modo si rafforzerebbe l’idea di UE solo economica della Germania, ma si assisterebbe ad una capitolazioni degli assunti innovativi e sociali sostenuti da Cacciari ed altri.

Di questo Camerun è ben conscio ed è ben felice che la raccolta di firme per un referendum bis sia giunta in poche ore a 2 milioni.

Ora, secondo l’ANSA ed altre agenzie di stampa, appare molto improbabile l'organizzazione di un nuovo referendum sulla Brexit come chiesto dai firmatari della petizione, ma esiste un doppio precedente nell'Unione europea.

In Irlanda la ratifica dei trattati Ue di Nizza e di Lisbona è stata realizzata in due tempi, organizzando un secondo referendum, con risultati positivi, dopo la bocciatura di una prima consultazione popolare.

Il 7 giugno 2001 i no al Trattato di Nizza furono il 53,87% contro il 46,13%. L'anno successivo, il 19 ottobre 2002 il 53,65% degli irlandesi dette invece via libera al Trattato (contrari il 46,13%), dopo qualche leggera modifica, in un secondo referendum.

Il 12 giugno 2008, ancora una volta gli irlandesi, 53,4% contro 46,6%, dicono di no ad nuovo Trattato europeo, quello di Lisbona.

Eppure il nuovo Trattato prospettava una cessione di sovranità inferiore a quella prevista dal Trattato di Nizza, bocciato definitivamente nel 2005 dal 'no' ai referendum di ratifica di Francia e Paesi Bassi, mettendo la parola fine al progetto di dotare l'Unione di una Costituzione europea.

Si rivotò l'anno successivo, anche questa volta dopo alcune leggere modifiche, il 2 ottobre 2009: 61,5% di sì, 28,5% di no.

Una curiosità infine: persi i referendum sul Trattato di Nizza, Francia e Olanda decisero di non prendere rischi per la fase successiva e il trattato di Lisbona venne ratificato per via parlamentare in ambedue in paesi nel 2008.

Staremo a vedere come si muoverà il governo Cameron. I tempi previsti sono comunque lunghi e si parla di un paio di anni, prima che sia completata l’operazione. Le autorità europee si sono inoltre impegnate a fare tutto il possibile per mantenere tutti gli altri 27 paesi dentro l’Unione.

Come ha scritto su Il Sole 24 Ore Joschka Ficher, dopo il Brexit, al pari dei britannici, molti altri abitanti dell’Europa continentale si chiedono se l’unione politica e le regolamentazioni transnazionali varate dalle istituzioni con sede a Bruxelles siano davvero necessarie.

Non sarebbe sufficiente una confederazione meno rigida di stati nazione sovrani, disposta ad avere in comune il cuore economico di un mercato comune continentale – il modello britannico? Perché prendersi la briga di una complicatissima integrazione che include il trattato di Schengen, l’unione monetaria, le regolamentazioni dell’Ue, che in definitiva non funzionano nemmeno bene e indeboliscono soltanto la competitività globale degli stati membri?

Dopo Brexit gli interessi economici sono stati predominanti nel sostenere il progredire dell’Ue, ma l’idea di unire l’Europa chiaramente deve trascendere la mera unificazione economica. Essa era ed è tuttora legata al fatto di superare la frammentazione europea tramite un processo di integrazione che inizia con l’economia e si conclude nell'integrazione politica. Winston Churchill lo sapeva bene, come si deduce chiaramente dal discorso che tenne a Zurigo nel 1946 – e che varrebbe proprio la pena di rileggere oggi – nel quale auspicava la creazione degli “Stati Uniti d’Europa”.

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Roma - "Rispetteremo quello che dicono i britannici ma l'Ue deve smuoversi perché se si sta un anno ad aspettare perdiamo le sfide con le priorità del nostro tempo". Lo ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nelle sue comunicazioni al Senato. Ciò che è avvenuto in Gb può essere la più grande occasione per l'Ue se smettiamo di stare sulla difensiva - ha rimarcato - L'Italia farà la sua parte, il compito dell'Italia è dare una mano a costruire ponti".

Renzi ha spiegato che "le ragioni per cui abbiamo criticato dall'interno le istituzioni europee sono rese più forti dall'espressione del popolo britannico". "Siamo di fronte a una vicenda storica, chi cerca di minimizzare o di strumentalizzare commette un errore politico", ha sottolineato il premier che ha anche ammonito: "Se il popolo vota e altrove si cerca di mettere una pezza su ciò che il popolo ha deciso, si mina il gioco democratico".

L'Unione europea, ha avvertito ancora, "tutto può fare tranne che aprire un anno di discussione sulle procedure dopo aver discusso un anno sulle trattative. Così si perde di vista il messaggio del referendum inglese".

Secondo Renzi, "quello che manca oggi è la consapevolezza della gravità della situazione: non vorrei che si potesse pensare di far finta di niente o immaginare un percorso di riflessione molto, molto lungo, magari in attesa di un nuovo referendum".

Ora, è l'esortazione del presidente del Consiglio, la famiglia dei partner che hanno sempre creduto nell'Europa, devono trovare "la grinta, la lucidità e l'intelligenza" per operare in favore di un'Europa che "si occupi di più di questioni sociali e un po' meno di burocrazia" e che sia capace "di generare speranze e non solo paure".

Per Renzi, "questo è il momento di trarre insegnamento per riportare l'Ue alla sua forte identità, un'Ue che combatte una battaglia di giustizia sociale, non solo burocratica". E "quello che si apre domani è un vertice europeo che dovrà essere concentrato sul rilancio dell'Ue e non solo sulle procedure di uscita del Regno Unito".

Renzi parla anche del voto spagnolo. "Alcuni Paesi, penso alla Spagna, tornano a votare dopo sei mesi e non hanno un Paese governabile. Fa pensare che a inizio legislatura usassimo il benchmark spagnolo per avere una chiara governabilità. Oggi invece - rimarca - il sistema spagnolo per la seconda volta in sei mesi è a un bivio: o si fa una coalizione di tre dei quattro partiti o ci si condanna alle terze elezioni in un anno". Con le votazioni a ripetizione, sottolinea Renzi, "il risultato non cambia, ma l'affluenza diminuisce, perché viene meno la fiducia".

Il premier interviene poi alla Camera. "Crescita e investimenti, meno austerity e burocrazia. Questa è la linea che portiamo avanti da due anni, prima in beata solitudine, poi con più consenso. Oggi siamo davanti a un bivio - avverte Renzi - L'Europa deve parlare anche a quei giovani che hanno votato per il remain".

"Mettendo per un attimo da parte Le Pen o Farage, è venuto il momento di far sentire insieme la voce dell'Italia. Mi riferisco all'Europa sociale, all'Europa della crescita - sottolinea il presidente del Consiglio - Dalle prossime ore l'Italia farà tutto quello che può fare, a cominciare dal vertice di Berlino. Andremo al confronto con le idee che ci hanno caratterizzato in questi anni".

"Penso sia ora di provare insieme a far sentire la voce dell'Italia indipendentemente dalle posizioni nazionali" aggiunge il premier, rivolgendosi "in particolar modo a quelle forze politiche che credono nelle grandi famiglie europee".

Poi, parlando con i cronisti alla Camera, su un eventuale rinvio del referendum sulle riforme costituzionali Renzi dice: "Non decido io quando si fa il referendum. Il referendum ha dei tempi che non decide il governo: da cinquanta a settanta giorni" dalla decisione della Cassazione. "Quindi il periodo è quello", ovvero ottobre. (adnkronos)

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In effetti quante volte abbiamo sentito profferire questa frase: “non festeggio l’onomastico”. Poi c’è anche il fatto che alcuni nomi non hanno la fortuna di improvvisi auguri, perché ti chiami Antonio, o Giuseppe per nomi che sono legati al pane e alle zeppole, ma che hanno anche un posto d’onore nel calendario. Ovvio che Natale sia il più blasonato, al pari di Santo Stefano protomartire.

Io invece mi becco un Santo che, al pari di San Cataldo, è straniero. Abate cistercense di Newminster. Devo dire che i miei genitori non ebbero grande fantasia - non credo per cultura personale, mio padre maresciallo di Marina e mia madre casalinga -   scelsero il nome dal calendario. Essendo nato 27 giugno quella pagina c'era. E per tutta la vita ho ricevuto gli auguri da conoscenti per la festa di San Roberto Bellarmino,  un gesuita come l’attuale Papa, del rinascimento italiano che si festeggia il 17 settembre. Mentre il mio è di quasi 5 secoli addietro. Mica poco. Altra epoca, alto medioevo e tutt'altro mese.

S. Roberto, nacque a Gargrave nella contea di York, verso la fine dell’XI secolo, dopo aver compiuto gli studi, fu inviato all’Università di Parigi, rientrato in Inghilterra, venne ordinato sacerdote, venendogli affidata la parrocchia della natia Gargrave.  Ma ben presto, desideroso di una vita più contemplativa, lasciò la parrocchia per divenire benedettino nella vicina abbazia di Whitby. 

Parto da queste tre righe per sintetizzare una vita monastica che si svolse tutta sul suolo inglese. Fondò la comunità dei monaci cistercensi e quale fondatore si prodigò anche a costruire altri tre monasteri. Un grande organizzatore e digiunatore – la regola cistercense era maggiore austerità – ovvero pane e acqua per tutta la quaresima.

Essendo un uomo pubblico si beccò anche la diceria che avesse una donna. Per la quale accusa andò direttamente da San Bernardo, il quale ebbe in profezia notizia della sua innocenza.

Si instaurò fra i due una grande amicizia e SanBernardo gli donò la sua cintura, che si conservava a Newminster e al cui contatto molti malati riacquistavano la salute. 

Muore il 6 giugno 1159 e il 7 giugno  il suo corpo fu deposto nella chiesa dell’abbazia, in una tomba di marmo.  

Se fai una ricerca con Earth escono diverse chiese, una in USA presso Ada Drive Souteast, e quattro sparse per l’Inghilterra. 

Recupero in rete alcune immagini più vicine al luogo dove c’è la memoria del santo, chiese e abazie oramai ruderi immersi nel verde, Newminster è da mille anni un luogo di pellegrinaggio e di preghiera che conserva integro quel paesaggio di meditazione, di preghiera dei primi cistercensi promossi dal "mio" santo.

E grazie alla rete recupero il senso di un onomastico. E  me lo dico, come me lo direbbe l'abate di Newmister, nella sua lingua inglese: “good name day”

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Londra - Il Regno Unito festeggia la sua monarca da record, ma per Elisabetta II oggi e' 'business as usual', una giornata come le altre. Alle 17:30 ore locali (le 18:30 in Italia) il regno di 'Lizzie' avra' superato in lunghezza quello della regina Vittoria, con 63 anni e 216 giorni.

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Lunedì, 31 Agosto 2015 06:55

E' Morto Il famoso Neurologo Oliver Sacks

Il famoso neurologo e scrittore britannico Oliver Sacks è morto a New York all'età di 82 anni. Lo scrive il New York Times citando Kate Edgar, la sua assistente. Sacks, come lui stesso aveva annunciato a febbraio in un editoriale sul Nyt, era affetto da cancro al fegato ed era entrato nella fase terminale. Uno dei suoi più famosi libri è "L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello", uscito nel 1985. Da un altro libro, "Risvegli", era stato tratto un film con Robin Williams e Robert De Niro.

Oliver Sacks nel suo editoriale sul New York Times confessava di avere ancora pochi mesi di vita scrivendo quanto segue:

“Un mese fa, mi sentivo in ottima salute, anche robusta. A 81 anni, nuoto ancora un miglio al giorno. Ma la mia fortuna è finita. Due settimane fa ho scoperto di avere delle metastasi multiple nel fegato. Nove anni fa ho scoperto di avere un raro tumore all’occhio. Le radiazioni e il laser per rimuovere il cancro mi hanno parzialmente accecato. Ma solo in rari casi questi tumori creano delle metastasi. Io faccio parte di quello sfortunato 2 per cento”.

“Mi sento grato per aver avuto altri nove anni di buona salute e produttività dall’arrivo della prima diagnosi, ma ora devo affrontare la morte. Il cancro occupa un terzo del mio fegato, e anche se la sua avanzata potrebbe essere rallentata, questo tumore non si può fermare”.

“Non posso far finta di non avere paura. Ma il mio sentimento predominante è la gratitudine. Ho amato e sono stato amato. Ho dato molto e ho ricevuto molto in cambio. Ho letto e viaggiato e riflettuto e scritto. Ho avuto una relazione con il mondo, la relazione speciale di scrittori e lettori”.

Sacks inizia a scrivere le sue esperienze neurologiche con i propri pazienti nel 1970,  pubblicando numerosi libri e scrivendo per periodici quali The New Yorker , The New York Review of Books articoli di carattere medico, scientifico e di ordine generale.Tra i numerosi premi ricevuti per questi suoi lavori spicca il Lewis Thomas Prize for Writing about Science, assegnatogli nel 2001.Gli scritti di Sacks coprono un campo di media vastissimo, più di tutti gli autori di testi e opere riguardanti la medicina a lui contemporanei e, nel 1990, il New York Times sottolinea che “Sacks è diventato una specie di poeta laureato della medicina contemporanea”.Le sue descrizioni dei problemi o condizioni neurologiche spesso chiariscono la maniera in cui il cervello si rapporta con la percezione, la memoria e l’individualità. Il suo stile letterario prevede una dettagliata narrazione delle anamnesi, riallacciandosi alla tradizione dei clinical anecdotes del diciannovesimo secolo, che vede come principale esponente il neuropsichiatra russo Aleksandr Romanovič Lurija.

L'ultimo Tweet di Oliver Sacks è un video con un flashmob dell'Inno alla gioia, dalla Sinfonia n.9 di Beethoven. "Un modo bellissimo di suonare uno dei grandi tesori musicali".

Non mi resta che dire addio Oliver Sacks e grazie per tutto quello che hai fatto su questa terra.

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Londra - Un aereo e' precipitato durante una esibizione acrobatica a Shoreham, nel sud dell'Inghilterra.Sono almeno 7 i morti, lo si apprende da fonti della polizia del West Sussex, citate dall Bbc.

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