ANNO XVIII Settembre 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Sabato, 21 Gennaio 2017 16:31

Il “de profundis” di Trump su globalizzazione e guerre

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Fuori Obama, dentro Trump. L’America volta pagina e cambia faccia. “L’America agli americani”, ha detto il neo presidente nel discorso di inaugurazione, dopo avere dichiarato guerra all’establishment, “che si è arricchito senza che agli americani mettessero nulla nelle loro tasche, togliendo loro lavoro per esportarlo all’estero”.

E da questo a ritenere che sarà un quadriennio molto caldo fra Trump e i vari Soros, Rockfeller, Rothschild & C. ci vuol poco. Ma saranno loro, l’establishment, a dover trovare un punto di incontro col nuovo inquilino della Casa Bianca, dovranno essere loro a muovere il primo passo se vorranno dialogare col potere e trovare un punto di incontro con Trump per proseguire i loro affari. Anche se non è da escludere che la loro azione si esplicherà su più di un fronte, uno verso la presidenza, gli altri a creare ostacoli più o meno di non facile superamento alla Casa Bianca. Sarà un quadriennio difficile e dovrà essere Trump a trovare la quadra per una eventuale riconferma.
Per il resto si sapeva. Trump, in quello che i più critici di casa nostra hanno definito un “discorso elettorale” (ma ormai parlava da presidente) ha delineato la futura politica degli Usa: prodotti americani per gli americani, maggior lavoro negli States, maggior ricchezza. Ma, soprattutto, niente spese militari folli. “L’America – ha detto – non spenderà un solo cent in più per aiutare quegli stati che non riescono a farlo da soli”. Tradotto, significa che gli Usa non saranno più i gendarmi del mondo, pronti ad accorrere ad ogni richiesta di aiuto, vero o scaturito da un presunto pericolo; non sacrificherà più la vita dei suoi figli se non in casi estremi, ma guarderà dentro i suoi confini e si prodigherà per difenderli e per “fare ancora più grande il Paese”.
Insomma Trump (e lo si sapeva già) ha cantato il “De profundis” alla globalizzazione, all’esportazione della guerra, e a chi, di tutto questo, ne è stato fautore. E mentre lo diceva, ad osservare i visi di Obama, Biden, Clinton, ecc. si captava il livore nei suoi confronti per l’attacco che veniva portato alla vecchia politica statunitense. E, di conseguenza, quanto da loro il neo presidente dovrà aspettarsi.
Anche su questo versante i critici di casa nostra hanno avuto e avranno da dire. Intanto già ieri parlavano di “neo isolazionismo”, chiedendosi dove Trump porterà l’America e gli americani e dimenticando che sono stati proprio gli americani, a conoscenza del suo programma, a portarlo, col loro voto, con la loro scelta, alla Casa Bianca. Dimenticando anche che in politica si gioca non solo fra le righe dei discorsi, ma anche nelle vere intenzioni. Gli Usa, con Trump o un altro, non abdicheranno mai ad essere una nazione guida. Di certo in questo momento c’è che Trump ha detto quel che doveva e poteva dire: nessun accenno ai rapporti con gli altri stati, ma l’atteggiamento di Russia e Cina in primo luogo (Pechino, addirittura, ha dato disposizioni ai suoi media di non attaccare Trump) fa pensare che, almeno per il momento, gli spettri di una guerra mondiale sono congelati e, possibilmente, si andrà ad una vera normalizzazione in Medio Oriente.

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